Le Sorelline e la vocazione: da discernere davanti a Gesù
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Alla scoperta delle Sorelline del Cuore Eucaristico di Gesù, comunità di discernimento vocazionale sorta nel 2020 dopo un pellegrinaggio a Fatima. Il perché dei voti, la gioia e una missione: diffondere l’adorazione eucaristica.

«Nell’ottobre 2020, dopo un pellegrinaggio a Fatima, quattro giovani ragazze in discernimento vocazionale decidono di dare inizio a un’esperienza di vita comune per essere custodite, nel silenzio e nella preghiera, e poter meglio dare ascolto alla voce di Dio». Inizia così il preambolo dello statuto della Società del Cuore Eucaristico di Gesù (SCEG), associazione privata di fedeli con personalità giuridica, conferitale per decreto del vescovo di Casale Monferrato, monsignor Gianni Sacchi, il 5 aprile 2023.
A seguire le Sorelline – questo il nome delle socie della SCEG – nel loro cammino spirituale e di fede è, dietro loro stessa richiesta, ieri come oggi, Diego Manetti, noto mariologo e a lungo collaboratore di Radio Maria. Il quale, dopo quel pellegrinaggio a Fatima, si rivolge al suo parroco, a Casale Monferrato, per individuare quella che sarà la prima casa (ne seguiranno altre, in altri luoghi) destinata ad accogliere le Sorelline. E Manetti ottiene per la comunità un dono prezioso: «Il permesso di poter custodire le specie eucaristiche in casa: la bellezza dell’esperienza SCEG è infatti di poter svolgere tutta la preghiera dinanzi all’Eucaristia».
Ma quali sono i tratti principali di questa comunità di discernimento vocazionale femminile? Le Sorelline hanno nell’adorazione eucaristica il cardine della loro vita di preghiera e si impegnano – attraverso testimonianze e altre opere di apostolato – nella missione di diffondere il culto a Gesù Eucaristia. Proprio lo stare alla presenza del Santissimo è essenziale per comprendere se il Signore chiama alla vita consacrata o a un’altra vocazione. E in questo discernimento si è aiutati anche dalla professione dei voti temporanei di povertà, castità e obbedienza.
Lo scorso 22 giugno, solennità del Corpus Domini, quattro Sorelline hanno rinnovato i voti privati nelle mani di monsignor Giovanni D’Ercole, e un’altra di loro li ha professati per la prima volta. La celebrazione si è svolta a Sassello (Savona), comune dove è nata e vissuta la beata Chiara Luce Badano (1971-1990), patrona della SCEG insieme a san Giovanni Paolo II (1920-2005).
In risposta a una domanda della Bussola sul senso di professare i voti, mons. D’Ercole ha spiegato che «l’obbedienza significa rimettersi continuamente alla volontà di Dio e vivere nella Chiesa», obbedendo ai pastori, in primis al Papa, «perché solo in una dimensione di questo tipo noi possiamo veramente vivere la libertà della nostra vita». La nostra libertà interiore, a sua volta, è strettamente legata alla castità, che è una chiamata per tutti, in ogni stato di vita. «La castità è il profumo di una persona che si dedica a Dio, perché castità non vuol dire semplicemente astenersi dai peccati legati alla sessualità, ma è qualcosa di più profondo: è un amore che investe tutto, che profuma di sacrificio e si arricchisce di generosità verso tutti», afferma il vescovo emerito di Ascoli Piceno. «Per poter vivere un amore così profondo», aggiunge D’Ercole, «è necessario il supporto della povertà, che equivale all’essere distaccati da tutto ciò che è materiale, interessi, voglia di potere, di possedere, di piacere, per diventare un testimone dell’amore di Dio e servire i tuoi fratelli gratuitamente, in piena obbedienza a Dio, come Gesù e Maria».
Se questo è il significato essenziale dei voti, in che modo la loro professione temporanea aiuta a scegliere la vocazione giusta? Intanto, il discernimento serve a «rendersi conto che la vocazione che il Signore ha pensato per noi ci precede», spiega Sara Vairo, una delle Sorelline della prima ora. Si tratta dunque di riconoscerla e seguirla. «E vivere i voti di obbedienza, castità e povertà è un mezzo fondamentale per poter discernere, perché consegnando la nostra vita al Signore, attraverso la professione dei voti, lasciamo e vogliamo che sia Lui a guidarla totalmente, a condurci nella piena realizzazione della Sua volontà, desiderando di non essere noi i padroni della nostra vita, ma riconsegnandola a Lui che è davvero l’unico Re della nostra vita».
Nel solco della tradizione cattolica, la SCEG unisce preghiera e formazione, entrambe tra i pilastri della comunità. Una preghiera con una spiccata devozione mariana, con la recita del Rosario all’inizio e alla fine di ogni giornata, oltre alla Liturgia delle ore e all’adorazione eucaristica silenziosa che – come ci dice Marina Cristea, anche lei presente fin dagli esordi della comunità – «si traduce nella presenza di almeno una Sorellina davanti al volto eucaristico di Gesù, di giorno e di notte». Se la preghiera ha, tra i suoi tanti benefici, quello di preservare dal pericolo di «una conoscenza meramente intellettuale», così la formazione, osserva Marina, «consente di entrare sempre di più nel rapporto con Dio, permettendo che la Sua sapienza arrivi e trapassi la nostra intelligenza. E questo ci interessa anche per gli altri, perché nelle testimonianze che facciamo siamo chiamate, per dirla con san Pietro, a rispondere a chiunque domandi ragione della fede e della speranza che è in noi».
La presenza dell’Eucaristia in casa è un dono di cui le Sorelline avvertono «la bellezza, la grandezza e anche la responsabilità». E non si tratta “solo” di un culto esteriore. «Avere il Santissimo in casa ha un riverbero grandissimo rispetto alla comunione tra noi sorelle, nella vita quotidiana, comunitaria, proprio perché le difficoltà, le relazioni vengono vissute con la consapevolezza che siamo unite nella comunione in quanto figlie di Dio», spiega Maria Vernica, altra Sorellina del gruppo del 2020. Di qui, viene naturale la missione di diffondere l’adorazione eucaristica. «Nel Vangelo secondo Matteo leggiamo: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8). Quando una persona vive una cosa bella, è contenta di farla conoscere, di farla vivere».
Quanto detto si sostanzia in un altro pilastro della SCEG: la vita comunitaria, che «ti prepara innanzitutto a uscire fuori da te stessa, a non vivere più egoisticamente e comunque a cercare di giorno in giorno di migliorare su questo aspetto», ci racconta Maria Bigazzi, entrata tra le Sorelline nel gennaio 2023. «Partendo dalla contemplazione di Gesù Eucaristico si amano le sorelle accanto, si ama il prossimo. E questo amore diventa trasfigurato perché è un amore che deve guardare sempre di più al Maestro: Cristo, Sposo casto, povero e obbediente». Le Sorelline si aiutano nel loro cammino, sostenendosi e pregando l’una per l’altra, «così da vivere proprio quello che dice san Paolo: essere un corpo solo, formato da tante membra».
Il carisma della SCEG, comunque, lo si può vivere anche stando nel mondo, in regime di “alleanza”. Tale è ad esempio l’esperienza di Valentina Copeta, la Sorellina che il 22 giugno 2025 ha fatto la sua prima professione dei voti privati. Valentina sottolinea l’importanza di «incentrare le proprie giornate nell’Eucaristia, in particolare nella Messa quotidiana, che è l’incontro principale con Gesù». La comunione di preghiera con le Sorelline che conducono vita comune fa il resto e «dà forza in questo cammino di discernimento vocazionale. Quindi, anche se a volte può essere faticoso non essere fisicamente presenti, non si è da soli, anche a distanza, perché c’è proprio Gesù che unisce».