Una circoscrizione per il Rito antico: proposta per il Papa
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Una circoscrizione ecclesiastica per i sacerdoti e i fedeli legati al Rito romano antico, secondo l’idea avanzata dal fondatore della Fraternità San Vincenzo Ferrer: una soluzione per la “pace liturgica”. L’auspicio che il Santo Padre prenda a cuore la questione.

Sostenere che la riforma liturgica abbia creato un altro rito con caratteristiche diverse da quello romano necessita semplicemente di una buona dose di realismo. Prima ancora di sostenere a spada tratta la bontà di ogni dettaglio della riforma liturgica o scagliarsi contro di essa, bisogna riconoscere che il frutto di quella riforma è un rito nuovo, con caratteristiche proprie marcatamente differenti non solo da quello che si intendeva riformare.
Si potrebbe obiettare che la formulazione espressa dal motu proprio Summorum Pontificum, ossia di due forme dell’unico Rito romano, una ordinaria e una straordinaria, va dalla parte opposta rispetto a quanto affermato. Ma, a ben vedere, questa terminologia non ha voluto esprimere un giudizio storico-liturgico sulla riforma, ma semplicemente fornire un plausibile quadro canonico che potesse permettere nuovamente al Rito antico di avere una significativa cittadinanza nella Chiesa, in un contesto in cui le resistenze erano (e sono) forti e molteplici.
Quale fosse il giudizio storico-liturgico di Joseph Ratzinger sulla riforma liturgica è stato espresso con estrema chiarezza nella sua breve autobiografia: «Come era già avvenuto molte volte in precedenza, era del tutto ragionevole e pienamente in linea con le disposizioni del Concilio che si arrivasse a una revisione del messale, soprattutto in considerazione dell’introduzione delle lingue nazionali. Ma in quel momento accadde qualcosa di più: si fece a pezzi l’edificio antico e se ne costruì un altro, sia pure con il materiale di cui era fatto l’edificio antico e utilizzando anche i progetti precedenti» (La mia vita, Cinisello Balsamo, 1997, p. 114). Ratzinger stigmatizzava una concezione della riforma liturgica come qualcosa che dovesse essere opera di «erudizione specialistica» piuttosto che un «processo vitale» e un «momento evolutivo».
Ratzinger riproponeva lo stesso pensiero nella prefazione al libro Lo sviluppo organico della liturgia (Siena, 2013). L’archeologismo aveva trasformato la riforma in uno «scavo archeologico», in cui gli sviluppi di epoche successive venivano eliminati per tornare ad un presunto “strato originario”, così come era concepito dagli esperti; il pragmatismo pastorale, dal canto suo, aveva dato la priorità ai «giudizi intellettuali dei professori» esperti di pastorale, senza tener conto «di ciò che realmente sostiene la vita dei fedeli». È da questa consapevolezza che scaturiva l’affermazione, altrimenti incomprensibile e contestabile, presente nella lettera che accompagnava Summorum Pontificum: «questo Messale non fu mai giuridicamente abrogato e, di conseguenza, in linea di principio, restò sempre permesso». È perché la riforma ha dato vita a un nuovo rito, che l’antico permane non abrogato. Se si fosse trattato di una effettiva riforma, non vi sarebbe ragione per mantenere il Messale precedente, dal momento che il nuovo sarebbe scaturito dall’antico, preservandone l’identità. Ma così non è stato.
Questa realtà, ossia la creazione di un altro rito, richiede di per sé che il Rito romano, a motivo della sua feconda e geograficamente vasta presenza plurisecolare nella Chiesa cattolica, debba essere difeso e riconosciuto dal punto di vista giuridico, dal momento che la Chiesa non ha ricevuto dal Signore alcuna autorità per stravolgere quanto lo Spirito Santo ha in essa edificato nel corso dei secoli. Questo venerando rito è espressione certa e indiscutibile della Tradizione della Chiesa, della sua lex orandi, di cui il Romano Pontefice è e dev’essere il primo garante, come di qualsiasi altro rito liturgico che può vantare una continuità di sviluppo secolare.
Non solo il Rito romano, ma anche i fedeli che in esso trovano ristoro e nutrimento della loro fede devono essere riconosciuti e difesi da un’adeguata struttura giuridica. Dopo oltre cinquant’anni dalla riforma liturgica, il numero di questi fedeli è cresciuto a vista d’occhio. La vitalità che questo Rito continua ad avere è sotto gli occhi di chiunque non abbia uno sguardo ideologico: giovani famiglie numerose costituiscono la parte preponderante dei “clienti” del Vetus Ordo; i seminari sono pieni di vocazioni, così come i conventi. Se si ha una concezione corretta dell’autorità, specie nella Chiesa, e del diritto, non si può fare a meno di concludere che è necessario strutturare una forma giuridica solida e stabile che tuteli e promuova questa realtà, pienamente in consonanza con la Tradizione della Chiesa e autenticamente obbediente alla sua autorità.
Per queste ragioni, lo scorso anno avevamo ripreso e supportato l’idea che il fondatore della Fraternità San Vincenzo Ferrer, P. Louis-Marie de Blignières, aveva proposto: creare una circoscrizione ecclesiastica per i sacerdoti e i fedeli legati al Rito romano antico, che permetta loro di amministrare e ricevere i sacramenti secondo i libri liturgici anteriori alla riforma e di pregare secondo le forme previste dal Rito antico. Ora, la rilanciamo.
Sull’esempio dei tre Ordinariati personali, pensati per accogliere pienamente nella Chiesa cattolica i fedeli provenienti dall’anglicanesimo, legati alle forme liturgiche proprie (che oggi contano complessivamente oltre tremila fedeli, distribuiti in circa 90 comunità, più di 100 sacerdoti e due comunità religiose), la circoscrizione ecclesiastica permetterebbe di avere almeno un vescovo con giurisdizione, incardinare sacerdoti, erigere seminari e poter gestire comunità di fedeli secondo la “pedagogia tradizionale” del Rito romano. I fedeli non cesserebbero di appartenere alla propria diocesi (di residenza), ma apparterrebbero contemporaneamente anche alla circoscrizione, secondo il principio giuridico, già noto, della giurisdizione cumulativa.
Papa Leone XIV, il 14 maggio scorso, in occasione del Giubileo delle Chiese orientali, aveva espresso profonda stima, gratitudine e interesse perché nella Chiesa fossero sempre riconosciuti e conservati i riti orientali: «Accogliamo l’appello a custodire e promuovere l’Oriente cristiano, soprattutto nella diaspora; qui, oltre ad erigere, dove possibile e opportuno, delle circoscrizioni orientali, occorre sensibilizzare i latini». E sottolineava che questa custodia rispondeva ad un’urgente necessità pastorale: «Quanto bisogno abbiamo di recuperare il senso del mistero, così vivo nelle vostre liturgie, che coinvolgono la persona umana nella sua totalità, cantano la bellezza della salvezza e suscitano lo stupore per la grandezza divina che abbraccia la piccolezza umana! E quanto è importante riscoprire, anche nell’Occidente cristiano, il senso del primato di Dio, il valore della mistagogia, dell’intercessione incessante, della penitenza, del digiuno, del pianto per i peccati propri e dell’intera umanità (penthos), così tipici delle spiritualità orientali!».
Anche il Rito romano antico risponde a queste caratteristiche e i fedeli che lo frequentano vi rimangono legati anche in periodo di aperta persecuzione – come quello che stiamo vivendo, a partire da Traditionis Custodes –, proprio perché lì hanno trovato il senso del primato di Dio, del mistero, della mistagogia. È nelle mani del Santo Padre che poniamo la proposta della circoscrizione ecclesiastica, perché il Rito romano possa continuare ad effondere il suo profumo per la salvezza delle anime e la gloria di Dio.
“Messa di sempre”, dietro l'equivoco c'è un fondo di verità
L'espressione è ambigua e talvolta è stata utilizzata come una clava contro il nuovo messale. Ma se correttamente intesa allude allo sviluppo organico del rito romano nel corso dei secoli, interrotto dalla riforma liturgica che ha prodotto, di fatto, un altro rito.
La circoscrizione ecclesiastica, un’idea per il Rito antico
Il fondatore della Fraternità San Vincenzo Ferrer, padre de Blignières, propone una circoscrizione ecclesiastica per il Rito antico. Una proposta concreta, dopo Traditionis custodes, per rispondere al bisogno di tanti fedeli che vogliono rimanere in comunione con il Papa.