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STATI UNITI

Pro-vita vs pillole abortive, si allarga il fronte anti-Fda

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USA: dopo l’ulteriore liberalizzazione del mifepristone, 67 membri del Congresso e 22 Stati firmano memorie a sostegno della causa contro l'agenzia statunitense per i farmaci. Evidente la politicizzazione della Fda, che ignora sia i bambini nel grembo sia i maggiori rischi per le donne.

Esteri 16_02_2023

Si allarga negli USA il fronte di critiche ufficiali contro la Food and Drug Administration (Fda), l’agenzia statunitense per i farmaci, responsabile di aver progressivamente liberalizzato l’uso delle pillole abortive, fino a consentire la loro spedizione via posta e senza neanche una visita medica in presenza. Il 10 febbraio, infatti, 67 parlamentari Repubblicani hanno firmato una memoria legale, che supporta la causa intentata nel novembre 2022 dall’Alleanza per la Medicina Ippocratica, nei confronti della stessa Fda. Si tratta in particolare di 13 senatori e 54 rappresentanti della Camera, guidati dalla senatrice Cindy Hyde-Smith e dal deputato August Pfluger. La causa è ad oggi pendente davanti al Distretto Settentrionale del Texas e mira ad ottenere un’ingiunzione che riconosca, alla radice, l’illegalità dell’approvazione dei farmaci abortivi.

L’aborto farmacologico prevede l’assunzione di due pillole, la prima delle quali è a base di mifepristone (quella che in Italia è nota con il nome commerciale di Ru486), e l’altra è una prostaglandina (di solito il misoprostolo), che ha la funzione di espellere l’embrione. Questa procedura non solo uccide il bambino nel grembo materno, ma presenta anche - rispetto all’aborto chirurgico - rischi maggiori per le donne, tanto più se l’aborto viene fatto in modalità fai-da-te. Eppure, il ricorso all’aborto farmacologico registra una crescita in Occidente: per restare agli Stati Uniti, basti dire che nel 2020 le pillole hanno causato il 54% degli aborti ufficiali. Un fatto che serve a ricordare le menzogne della propaganda abortista nei vari Paesi in cui ha attecchito: prima l’aborto è stato legalizzato facendo leva, peraltro, sul pretesto degli aborti clandestini e della sicurezza per le donne; ora, a legalizzazione ottenuta, si spinge nel verso di privatizzare l’aborto, lasciando le donne in balìa di sé stesse, con tutti i pericoli in più che ciò comporta.

La memoria dei 67 parlamentari, scritta dalla coalizione di gruppi pro-life chiamata «Americani uniti per la vita», presenta tre argomentazioni centrali, per dimostrare come la Fda sia andata oltre i suoi poteri. Innanzitutto - come afferma il documento, che gode dell’appoggio anche della Conferenza episcopale statunitense - l’ente governativo non ha rispettato il processo di approvazione dei farmaci previsto dall’apposita legge federale (Federal Food, Drug, and Cosmetic Act). In secondo luogo, la Fda ha derogato, in modo illegittimo, al requisito degli studi pediatrici previsti dalla Legge sull’equità della ricerca pediatrica, ignorando che le adolescenti corrono rischi anche superiori a quelli delle donne adulte. «Segnatamente - si legge nella memoria - la Fda ha autorizzato farmaci abortivi chimici senza conoscere l’impatto dei farmaci sullo sviluppo adolescenziale, in particolare il loro effetto sul sistema immunitario delle ragazze».

Infine, c’è una terza precisa violazione di cui si è macchiata la Food and Drug Administration e sottolineata nel documento. «La legge federale vieta l’uso del servizio postale degli Stati Uniti e dei corrieri privati per spedire farmaci che inducono l’aborto, incluso il regime di aborto chimico con mifepristone e misoprostolo. Contravvenendo alla legge federale per consentire la telemedicina e le pillole abortive chimiche per posta, la Fda sta mettendo in pericolo la salute e la sicurezza delle donne». E ovviamente, aggiungiamo, si attenta alla vita del bambino nel grembo materno, che è la prima vittima dell’aborto procurato. Stando al solo mifepristone, introdotto negli USA nel 2000, sono circa 5,6 milioni (al 30 giugno 2022) le donne che vi hanno fatto ricorso e quindi c’è da stimare un numero altrettanto grande di bambini soppressi attraverso questa procedura. Una procedura che comunque - ricordiamo, come già spiegato sulla Bussola - si può cercare di invertire, se si agisce in tempo dopo l’assunzione della prima pillola.

In buona sostanza, la vicenda mostra la politicizzazione della Fda, che è venuta meno ai suoi doveri di regolamentazione pur di favorire l’agenda dell’industria dell’aborto, come evidenziano tra l’altro i già citati parlamentari Hyde-Smith e Pfluger. È da notare che la spinta all’ulteriore liberalizzazione dell’aborto farmacologico è iniziata usando il Covid-19 come pretesto. E, poi, la suddetta spinta è proseguita per contrastare gli effetti della sentenza Dobbs della Corte Suprema (giugno 2022), con l’Amministrazione Biden e i gruppi abortisti che da allora cercano nuovi modi di aggirare le restrizioni all’aborto, introdotte dagli Stati guidati dai Repubblicani. A proposito, va aggiunto che nel frattempo anche 22 Stati federati hanno presentato una memoria a sostegno della causa promossa dall’Alleanza per la Medicina Ippocratica.

Dicevamo dei maggiori rischi dell’aborto farmacologico. A inizio 2023 la stessa Fda ha aggiornato il conteggio delle donne morte a seguito dell’assunzione di mifepristone: «Al 30 giugno 2022, ci sono state 28 segnalazioni di morti di pazienti associate al mifepristone, da quando il prodotto è stato approvato nel settembre 2000». Al 30 giugno 2022 risultavano inoltre, secondo il medesimo rapporto ufficiale, 4.213 eventi avversi gravi, incluse 1.048 ospedalizzazioni (morti escluse), 604 emorragie richiedenti successive trasfusioni di sangue, 414 infezioni. E si tratta di dati ampiamente sottostimati, come dimostra la letteratura scientifica. Inoltre, dal 2016, la Fda richiede ai produttori delle pillole abortive di notificare solo le morti materne, informazione che i produttori a loro volta acquisiscono dalle cliniche per aborti. Perciò, non c’è modo di conoscere la reale entità degli effetti avversi.

Di certo, c’è il male alla base di ogni aborto, sia esso chimico o chirurgico, che ogni società che si dica civile è chiamata a combattere.