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CONTINENTE NERO

Lavrov in Africa rispolvera il vecchio terzomondismo

La visita del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov in Africa, con prima tappa in Egitto, serve a raccogliere consensi contro l'Occidente. Per questo rispolvera un vecchio adagio terzomondista: "vi aiuteremo a completare il processo di decolonizzazione". Ma quel che chiedono i leader africani è altro: aiuti economici senza condizioni. 

Esteri 26_07_2022
Lavrov (secondo da sinistra) con i leader della Lega Araba al Cairo

Dal 24 luglio il ministro degli esteri della Federazione Russa, Sergei Lavrov è in visita in Africa, in cerca di consensi e alleanze contro l’Occidente. La prima tappa del suo viaggio è stato l’Egitto, seguito da Etiopia, Uganda e Repubblica del Congo. Mosca e il Cairo hanno importanti rapporti strategici ed economici. Hanno stipulato accordi di cooperazione militare e la Russia rifornisce di armi il governo egiziano. Nei giorni precedenti la visita è stato annunciato che la Rosatom, la grande azienda pubblica russa attiva nel settore energetico, ha iniziato la costruzione, a lungo rimandata, della prima centrale nucleare egiziana, il più grande progetto di cooperazione russo-egiziano da quando nel 1970 è stata ultimata la realizzazione della diga di Assuan sul fiume Nilo. D’altra parte l’Egitto del presidente Abdel Fattah al-Sisi ha anche solidi legami con l’Occidente e in particolare con gli Stati Uniti che tuttavia, con l’accusa al governo egiziano di non fare abbastanza per tutelare i diritti umani soprattutto dei dissidenti e dei giornalisti, hanno sospeso parte dei loro aiuti militari al paese per un ammontare di 130 milioni di dollari.

Al Cairo Lavrov, ha incontrato gli ambasciatori dei paesi membri della Lega Araba ai quali ha spiegato che l’Occidente sta distorcendo i fatti per nascondere il fatto che il suo obiettivo è imporre il proprio dominio su altri paesi. L’aggressività dei Paesi occidentali nell’imporre delle sanzioni alla Russia – ha detto – porta a una semplice conclusione: “quel che sta succedendo non riguarda l’Ucraina, è in gioco il futuro dell’ordine mondiale”. La Russia, ha aggiunto, sta conducendo “una missione militare speciale” contro dei pericolosi nazionalisti.

In precedenza Lavrov aveva incontrato il suo omologo egiziano, Sameh Shoukry. Al termine i due ministri degli esteri hanno tenuto una conferenza stampa durante la quale Lavrov ha dichiarato che l’Occidente sta prolungando il conflitto in Ucraina pur avendo capito “come e quale fine avrà”. Come già in un articolo pubblicato dai quotidiani locali alla vigilia del suo viaggio, il ministro russo ha ricordato che il suo paese ha sempre “sinceramente sostenuto gli africani nella loro lotta per la liberazione dal giogo coloniale”. Anche in una intervista rilasciata pochi giorni prima ai media di Stato russi, Lavrov aveva enfatizzato il ruolo svolto dall’Unione Sovietica in favore della decolonizzazione durante la Guerra Fredda.

Lavrov ha poi insistito che i paesi africani farebbero meglio a schierarsi con la Russia piuttosto che con l’Occidente promettendo: “vi aiuteremo a completare il processo di decolonizzazione”. Il reiterato rimando al contributo che l’Unione Sovietica ha dato alle guerre di liberazione africane e in particolare quest’ultima assicurazione, che la Russia, se sceglieranno di schierarsi contro l’Occidente, aiuterà i paesi africani a “completare il processo di decolonizzazione”, sa in effetti di Guerra Fredda e, quel che più conta e sorprende, è del tutto anacronistica. È ormai da tempo che politici, studiosi e attivisti dei diritti umani, anche quelli più marcatamente terzomondisti, hanno smesso quasi del tutto di parlare di neocolonialismo, riferito all’Occidente, di rivendicare una indipendenza reale dalle potenze coloniali europee e di attribuire a una sudditanza dissimulata la causa dei problemi del continente africano: dittature, sviluppo mancato, povertà e fame.

I leader africani, specie in prossimità del voto, come argomento di campagna elettorale, continuano ad attribuire sistematicamente a fattori esterni, indipendenti dalla loro volontà e al di fuori del loro controllo, i fallimenti dei loro governi: negli ultimi anni, il cambiamento climatico, poi la mancanza di vaccini contro il COVID-19 e adesso la guerra in Ucraina. La colpa ricade sempre sull’Occidente, ma l’accusa è motivata diversamente rispetto al passato: il global warming di origine antropica conseguenza dello stile di vita e del modo di produzione occidentale, i vaccini monopolizzati dai paesi ricchi, occidentali, peraltro ingiustamente accusati di averne fatto incetta, la guerra in Ucraina che, secondo Mosca, l’Occidente non vuole che finisca. Ai leader africani di decolonizzare il continente non importa. Piuttosto accusano i paesi europei di non fare abbastanza per combattere jihad, povertà e malattie e, anzi, hanno aperto le porte ad altri “colonizzatori”: la Cina, la Turchia, la stessa Russia...

Piuttosto quello a cui tengono è di essere lasciati liberi di governare e amministrare a loro discrezione: continuare a ricevere, senza condizioni, critiche e ingerenze, fondi a titolo di dono, prestiti agevolati, cancellazione del debito, investimenti stranieri pubblici e privati per la realizzazione di opere infrastrutturali e per lo sfruttamento delle risorse naturali. “Non abbiamo mai voluto dare lezioni agli Stati africani – ha dichiarato Lavrov nell’intervista rilasciata ai media di stato russi – li abbiamo sempre aiutati a risolvere i problemi in modo che gli africani possano vivere nei loro paesi nel modo che desiderano”.

È questa assicurazione – di non porre come condizione agli aiuti umanitari e di sviluppo il rispetto dei diritti umani o la lotta alla corruzione – che può indurre i governi africani a scegliere, piuttosto che l’Occidente, la Russia che allora però deve fare i conti con la concorrenza: della Cina e di altri paesi, altrettanto disposti a non interferire nel modo in cui gli africani decidono di vivere.