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CASO DICIOTTI

I rischi di una magistratura "padrona"

Il procedimento penale aperto a carico del ministro dell'Interno Salvini per il caso dei migranti illegali a bordo della nave Diciotti, è di una gravità inaudita, segno di un ormai affermato squilibrio dei poteri che sta rendendo la magistratura onnipotente.

Editoriali 09_09_2018

È difficile non preoccuparsi seriamente per quanto sta accadendo in questo periodo, soprattutto per il fatto che l’accaduto non preoccupa più di tanto la cosiddetta opinione pubblica. Si tratta del procedimento penale aperto nei confronti del ministro Salvini per la vicenda relativa alla nave Diciotti. Non intendo entrare nel merito dei fatti accaduti (se ne è parlato fin troppo), ma del fatto che una Procura abbia dato vita ad un procedimento relativo a dei comportamenti squisitamente politici, su di una questione molto molto complessa, che implica le leggi che riguardano la navigazione, rapporti internazionali, questioni europee, comportamenti delittuosi dei trafficanti di persone umane, organizzazione dell’accoglienza di masse enormi di persone implicate in un fenomeno mondiale che ha avuto pochi precedenti storici della stessa rilevanza, questioni morali che riguardano la coscienza di ogni cittadino italiano ed europeo, l’ipocrisia di governanti che predicano l’accoglienza solo se la mettono in atto altri.

Insomma, di fronte ad una complessità enorme, un PM italiano ha pensato bene di accusare il ministro dell’Interno del nostro Paese di sequestro di persona e di altri quattro o cinque reati, che potrebbero comportare una condanna complessiva a 30 anni di carcere. Mi sembra tutto assurdo, ma non certo sorprendente, perché questo incredibile episodio fa parte di una tendenza che è iniziata nella metà degli anni '90 dello scorso secolo: quella di una magistratura che, spesso senza ritegno, si intromette in modo pesante nello svolgimento dell’attività politica dei vari livelli di governo del paese, il che ha prodotto dimissioni, crisi, cadute di governi per fatti che, tra l’altro, spesso hanno comportato l’assoluzione delle persone implicate. Ma intanto l’intromissione era stata fatta e la politica era stata sconfitta.

Ciò è avvenuto anche per colpa della politica stessa, la quale, a partire dal 1992, non ha fatto nulla per frenare l’invasione della magistratura militante nel proprio campo di competenza. Non lo ha fatto, forse, anche per un senso di colpa inconfessato ma, dal punto vista istituzionale, si è trattato di un comportamento suicida non solo per se stessa, ma anche per l’equilibrio costituzionale dell’intero Paese, che vive nell’incertezza e nella paura se non sono chiari i limiti di ogni potere dello Stato.

La Costituzione italiana è basata sul principio della netta separazione tra i poteri, frutto anche della preoccupazione derivante dal precedente regime fascista, che aveva concentrato ogni potere in quello dell’esecutivo. Ora esiste un pericolo contrario: quello che il potere giudiziario finisca con il prevalere sugli altri. Questo pericolo appare ancora più evidente se si pensa che l’istruttoria  contro Salvini è stata messa in atto (poche ore dopo un comunicato di una corrente della magistratura)  da un PM che non ne aveva competenza, tanto che ora ha dovuto trasferire gli atti alla Procura di Palermo.

In altre parole, siamo di fronte ad un caso in cui un PM si è intromesso a tutti i costi in una attività esclusivamente politica. E lo ha fatto senza neppure tenere conto di quanto prescrive l’articolo 289 del codice penale, il quale prevede una dura condanna per coloro che commettono “atti violenti diretti ad impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente.. al Presidente della Repubblica o al Governo l’esercizio delle attribuzioni o prerogative conferite dalla legge”. La quale conferisce al Governo ed ai Ministri competenti il compito di regolare i rapporti con le persone che entrano nel nostro Paese, i rapporti con la UE e con i singoli Stati che la compongono, i rapporti con le proprie navi e così via.

C'è da essere veramente preoccupati perché c’è in ballo una questione di principio estremamente delicata, che rischia di stravolgere la nostra carta costituzionale e conseguentemente la convivenza tra di noi. Occorre che ognuno reagisca per quanto di sua competenza e che la politica ritrovi la propria unità su questi problemi. Finora la politica non ha reagito in modo compatto e unitario, perché ogni volta che capita un fatto del genere ogni parte politica si indigna se riguarda se stessa e sorride se riguarda altri. Attenti, perché prima o poi può capitare a tutti ed a ciascuno.