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CONTINENTE NERO

La Chiesa del Ghana si batte su più fronti in difesa della morale

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Il Ghana era ritenuto uno dei paesi più stabili e sicuri dell'Africa. Oggi è in bancarotta economica e morale. La Chiesa non rinuncia al suo ruolo ed è al fianco della popolazione, in difesa della famiglia naturale e contro la corruzione.

Ecclesia 31_07_2025
Il cardinal Turkson del Ghana (La Presse)

La Chiesa cattolica del Ghana è impegnata su più fronti nel tentativo di salvare quel che resta di un paese un tempo ritenuto stabile e sicuro, modello di democrazia e buon governo, portato a esempio per le sue performance economiche. Adesso è schiacciato dal debito estero, è uno dei paesi africani che di recente hanno dichiarato default. Ha talmente bisogno di finanziamenti, prestiti e aiuti da aver sospeso l’adozione di una legge contro l’omosessualità e le pratiche Lgbt, più severa di quella in vigore, sotto minaccia di vedersi annullare nuovi prestiti della Banca Mondiale, 3,8 miliardi di dollari, e negare la richiesta di proroga della restituzione dei debiti, una eventualità che il paese non può affrontare mentre attraversa la peggiore crisi economica degli ultimi decenni.

I vescovi cattolici tuttavia continuano a sostenere la necessità di un inasprimento delle sanzioni, in questo affiancati dalle autorità religiose musulmane e dai due maggiori partiti. Lo Stato – spiegano – ha il diritto di criminalizzare gli atti omosessuali in nome dell’imperativo di salvaguardare i valori e le istituzioni della tradizione che tutelano la famiglia. La legge chiamata Promozione dei diritti sessuali umani corretti e dei valori della famiglia ghaneana era stata approvata dal parlamento nel febbraio del 2024, dopo un lungo iter iniziato nel 2021. Lo scorso 14 gennaio il presidente della Conferenza episcopale del Ghana, monsignor Matthew Kwasi Gyamfi, ha chiesto di incontrare il nuovo capo dello stato, John Dramani Mahama, appena eletto. Gli ha ricordato l’importanza della legge. Gli è stato risposto che non entrerà in vigore.  

Un altro fronte che vede i vescovi del Ghana impegnati da tempo è quello del futuro dei giovani in un paese che, come ha denunciato il 1° luglio il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, sta attraversando sì una crisi economica, ma anche, soprattutto, una profonda crisi morale. C’è assoluto bisogno di un cambiamento radicale nella direzione di un “pensiero virtuoso” che vada oltre la ricerca del guadagno personale e dell’egoismo, senza di che, ha ammonito il cardinale Turkson, «l’avidità continuerà a governare il nostro paese e, se sarà così, tutti ne patiremo le conseguenze negative».

Il 15 luglio il segretario generale della Conferenza episcopale del Ghana, padre Clement Kwasi Adjei,  ha ripreso le parole del cardinale in occasione del forum organizzato dalla Direzione per la governance, la giustizia e la pace della Conferenza, svoltosi nella capitale Accra, sul tema Economia politica dei conflitti in Ghana: lottare contro la disoccupazione giovanile per garantire sicurezza e coesione sociale. La disoccupazione giovanile rappresenta una minaccia molto concreta per la sicurezza – ha detto padre Adjei – il suo aumento potrebbe portare, come sta già succedendo in altri paesi africani, all’estremismo violento: «se questo accadrà sarà dovuto a fattori interni, a conflitti territoriali, di potere e a disordini politici sui quali i giovani si mobiliteranno».  

L’accento sui “fattori interni” ribadisce quanto affermato dal Cardinale Turkson e cioè la necessità di un cambiamento radicale per il quale è vitale che tutti si impegnino, leader e gente comune. Ai leader politici spetta di creare condizioni favorevoli all’occupazione. Ma, per effetto dell’avidità sfrenata che domina nel paese, sono tanti i giovani – sostiene padre Adjei –  che scartano o dopo averle iniziate abbandonano delle attività perché vorrebbero guadagnare tanto e subito. Molti non accettano di dedicarsi all’agricoltura, al commercio, ai lavori manuali, in questo spesso appoggiati dagli stessi genitori. Troppi scelgono quindi vie di guadagno più facili come il traffico di droga, il contrabbando.

Anche l’integralismo islamico può diventare un fattore di attrazione per dei giovani disoccupati e che rifiutano lavori ritenuti non abbastanza remunerativi. I musulmani in Ghana sono circa il 20% della popolazione, concentrati nelle regioni settentrionali che confinano con il Burkina Faso. I gruppi jihadisti attivi in quel paese e nei vicini Niger e Mali hanno acquistato più forza e controllo su territori più estesi dopo i colpi di stato che hanno dato il potere ai militari e ne stanno approfittando per cercare di aprirsi una via verso le coste dell’oceano Atlantico. Minacciano, oltre al Ghana, anche il Togo, dove già sono in corso violente proteste popolari, il Benin e la Costa d’Avorio.

In Ghana si sono già registrati, soprattutto a partire dal 2019, episodi di intolleranza religiosa, attacchi a chiese e a villaggi cristiani e, benché il governo cerchi di negarlo, ci sono prove che dei gruppi jihadisti, ad esempio il potente Jnim, usino il nord del paese per scopi logistici: per curare dei combattenti feriti e per ricuperare le forze in attesa di compiere nuovi attentati in Burkina Faso.

«I giovani devono essere pronti a contribuire alla crescita sociale del Paese e delle loro famiglie, mettendo a frutto i talenti donati loro da Dio – diceva nel 2016 l’allora presidente della Conferenza Episcopale del Ghana, monsignor Joseph Osei-Bonsu, rivolgendosi agli studenti appena diplomati di una scuola – incoraggiamo i giovani africani a rimanere nei loro Paesi e a lavorare sodo per guadagnarsi da vivere. Devono comprendere che l’Europa e altre aree al di fuori dell’Africa non garantiscono automaticamente benessere e piacere».

I vescovi del Ghana sono stati tra i primi, dieci anni fa, e più determinati a scoraggiare l’emigrazione illegale dei giovani. Monsignor Osei-Bonsu mentre esortava gli studenti a rimanere denunciava “il cancro endemico della corruzione”. A nome della Conferenza episcopale si era rivolto al governo pregandolo di fare tutto il possibile «per creare un ambiente politico e socio-economico favorevole, tale da creare fiducia, e opportunità di lavoro». 

E invece, dieci anni dopo, ancora corruzione, malgoverno, il merito che non paga, persone prive di qualità premiate dal successo, le arroganti classi superiori, ricche, potenti, prive di ritegno e scrupoli che scialano ostentando sprechi sfrenati, pubblici e privati, i privilegi immeritati e la prepotenza di chi si avvale di reti clientelari vincenti: cause prime, queste, del mancato sviluppo, radici di un malessere economico, sociale e morale diffuso. E, per i giovani, ozio forzato, aspettative e pretese crescenti, cattivi pensieri, pessimi esempi.

Nel nord est una disputa a proposito dell’etnia alla quale deve appartenere il capo tradizionale regionale è degenerata in disordini e scontri. Il 27 luglio, dopo che tre studenti di un campus sono stati uccisi, il governo ha dispiegato l’esercito. Il 29 luglio migliaia di giovani hanno sfilato per le strade della capitale per protestare contro gli immigrati nigeriani, accusati di gestire traffici illegali, prostituzione e sacrifici rituali e chiedere al governo di espellerli in massa.