Cosa vogliono gli ucraini che scendono in piazza? Essere europei
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In Ucraina continua la protesta contro Zelensky, dopo che questi ha posto le due agenzie anti-corruzione sotto il controllo governativo. Ma chi protesta lo fa per aderire meglio ai valori europei, non certo per respingerli.

La recente iniziativa di Volodimir Zelensky, tesa a far dipendere le agenzie anticorruzione Nabu (Agenzia Nazionale Anticorruzione) e Sapo (Procura Specializzata Anticorruzione) dal Procuratore Generale (di nomina governativa) ha scatenato veementi proteste in Ucraina tanto da costringere il governo di Kyiv a fare marcia indietro e riconsiderare l’opportunità di tale mossa.
La debolezza della posizione di Zelensky è intuibile dall’affanno col quale cerca di rinsaldare il proprio potere, anche a costo di andare contro quella l’esigenza primaria del popolo ucraino di lotta alla corruzione e che era stata alla radice delle proteste dell’Euromaidan nel dicembre 2013. È chiaro che, se fosse possibile svolgere regolari elezioni presidenziali, Zelensky potrebbe trovarsi in grosse difficoltà ma, checché se ne dica, non si vede come tali elezioni siano ragionevolmente attuabili in un paese le cui città sono bombardate ogni giorno e con centinaia di migliaia di uomini e donne che combattono senza tregua né rimpiazzi su un fronte sempre più esteso.
Un interessante approfondimento sulla questione delle agenzie anticorruzione proviene dall’analisi di Mirko Campochiari che, sul suo canale Youtube Parabellum ha individuato i collegamenti tra le agenzie Nabu e Sapo e la sinistra Dem con capifila UsAid e la Open Society di Soros. La guerra politica in Ucraina sarebbe connessa a quella negli Stati Uniti, tra Democratici e Trump, e Zelensky si troverebbe in una situazione difficile: combattere la corruzione o rinsaldare il proprio governo?
Il cuore del problema ucraino, infatti, è molto più importante della leadership di Zelensky ed è rilevabile da cartelli di protesta che recavano le scritte «Abbiamo scelto l’Europa, non l’autocrazia» o «Mio padre non è morto per questo». Per chi non lo ricordasse le manifestazioni di Piazza (Maidan in ucraino) Indipendenza nel 2013 avevano questo senso: staccarsi definitivamente dal modello di sviluppo di stampo russo, rappresentato dall’Unione Doganale Eurasiatica e accedere al modello dell’Unione Europea. Era chiaro che, senza l’Ucraina, questa Comunità Eurasiatica non sarebbe mai stata un’attrice attendibile sulla scena internazionale e fu questo a spingere Putin ad effettuare il colpo di mano in Crimea e nel Donbass.
Attualmente all’Unione Doganale partecipano solo Russia, Bielorussia, Armenia, Kirghizistan e Kazakistan ed è interessante notare che la posizione di questi paesi nel Corruption perception index è peggiore di quello dell’Ucraina con l’eccezione dell’Armenia (62° posizione) e del Kazakistan (88°). Ovviamente tale indice va interpretato e riguarda numerosi fattori ma può dare un’idea di massima della vivibilità di un paese. Per continuare il raffronto tra i paesi ex Urss la Bielorussia, per esempio, è risultata più affidabile dell’Ucraina ma è passata dall’82° posto nel 2021 al 114° nel 2024. Che la corruzione, in Ucraina, sia endemica non è mai stato un mistero per nessuno ma è anche vero che, sempre considerando il Corruption perception index, il paese è passato dal 122° posto nel 2021 al 105° posto nel 2024, sorpassando quindi la Bielorussia. Per quanto riguarda gli altri paesi dell’Unione Doganale Eurasiatica, non si rimane sorpresi notando come il Kirghizistan sia al 146° posto: più sorprendente, invece, notare che la Russia di Putin, il quale tuona contro la corruzione del governo ucraino, è passata dal 136° posto nel 2021 al 154° nel 2024, facendo di essa il paese col più alto indice di percezione della corruzione di tutta l’area sotto influenza russa.
Se si prendono altri indici la situazione non cambia di molto. Nel Global Freedom Index del 2024 (avendo la Finlandia 100 punti e la Siria 2) l’Ucraina totalizza 49 punti, la Russia 13 e la Bielorussia 8.
Per quanto riguarda la libertà di stampa, sempre considerando che i dati vanno letti e interpretati, la classifica di Reporter senza Frontiere, basata anch’essa su 180 paesi con la Norvegia al primo posto e l’Eritrea all’ultimo, vede l’Ucraina al 62° posto, la Bielorussia al 166° posto (con 43 fra giornalisti e operatori di media incarcerati) e la Russia al 171° con 50 giornalisti attualmente in prigione. Il confronto con paesi ex sovietici oggi nell’Unione Europea è impietoso, poiché i paesi baltici sono nelle zone alte di tutte le classifiche relative alle libertà, posizionati molto meglio anche degli Stati Uniti e dell’Italia. Ed è questo confronto che gli ucraini considerano.
Se Zelensky, barattando un vantaggio politico tattico con l’abbandono degli ideali di giustizia, stenta a riconoscere come il proprio popolo continui a resistere per affermare queste libertà, non potrà far altro che segare il ramo su cui è seduto. D’altra parte non è il solo ad avere una visione ristretta del bene di una nazione o di una comunità. Anche i cittadini europei, se non sono disposti a difendere le proprie libertà, al netto delle doverose contestazioni nei confronti dei propri governanti, possibili proprio in forza di queste stesse libertà, sono destinati a imitare il tanto vituperato Zelensky.