Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Venerdì Santo a cura di Ermes Dovico
FOCUS

CENSIS, rimedi peggiori del male

L'ultimo rapporto mette in luce
la crisi delle figure autorevoli (padre, insegnante, prete), ma analisi
e suggerimenti sono molto discutibili.

Attualità 04_07_2011
censis

Qualche giorno fa il CENSIS ha presentato a Roma uno studio dal titolo “I miti che non funzionano più”. Questi miti che non funzionano più sono tre colonne della società occidentale: il padre, il maestro, il sacerdote. Secondo questa ricerca il 39% degli italiani pensa che il padre non rappresenta nelle famiglie e nel rapporto con i figli l'autorità, il senso del limite, le regole. Il CENSIS deduce la crisi della figura dell'insegnante sia dal desiderio diffuso tra gli italiani che i figli studino all'estero (40%) sia dalla profonda insoddisfazione rilevata tra i docenti (il 33% non sceglierebbe nuovamente questa professione e il 69,4% ritiene che la professione goda di scarso riconoscimento sociale). La crisi della figura del sacerdote, invece, è tratta dai risultati di una ricerca dalla quale emerge che più del 78% degli italiani è favorevole all’utilizzo di cellule staminali per fini terapeutici, il 67% alla procreazione assistita, il 53% alla fecondazione eterologa, il 50% alla diagnosi preimpianto; inoltre, più del 59% è favorevole alla interruzione volontaria di gravidanza e il 53% all’uso ospedaliero della pillola abortiva. Questi dati permettono al CENSIS di affermare che “È evidente la crisi della figura del sacerdote come autorità morale, come riferimento per le scelte dell'esistenza umana che, invece, le persone ritengono proprio monopolio assoluto”.

Come tutti i documenti targati CENSIS, anche questo rapporto ha due meriti: quello di restituirci una immagine (spesso fosca, se non drammatica) del nostro paese e quello di divulgare abilmente questa immagine attraverso immagini e slogan ben congegnati. E, come tutti i documenti targati CENSIS, anche questo rapporto lascia perplessi per le analisi dei dati presentati.

Questo studio ha come fine quello di approfondire il “disagio antropologico” della società contemporanea; tuttavia, ecco la prima sorpresa, tra il “disagio antropologico” e la crisi dei “miti” il CENSIS non ravvisa alcuna relazione di causa-effetto. Il “disagio antropologico” sarebbe piuttosto legato all'”imborghesimento” prodotto dal benessere economico già denunciato da Pasolini e al conseguente progressivo “trionfo della soggettività”.
E la crisi del padre, dell'insegnante e del sacerdote cosa c'entrano, allora?

Semplice: “[...] di fronte al quotidiano manifestarsi delle tante psicopatologie legate al disagio antropologico torna forte la tentazione di soluzioni semplificatorie, come se fosse possibile restaurare con un puro atto di volontà, magari per editto dall'alto o con progettazione culturale mirata, un presunto ordine perduto e con esso l'autorità e la funzione delle figure che lo dovrebbero incarnare”.

In altri termini: la società va a rotoli. Non sarà forse il caso di mettere in discussione la ribellione contro le figure che rappresentano l'autorità e quindi contro una società ordinata gerarchicamente secondo il modello di Aristotele e san Tommaso? No di certo! Innanzitutto la crisi della società non è la conseguenza della ribellione contro l'autorità, bensì dell'”imborghesimento”. Secondariamente: che senso ha rivolgersi a figure alle quali nessuno riconosce più un ruolo? Sarebbe una tentazione semplificatoria!

E che soluzione propone dunque il CENSIS?
Torniamo ai dati: i padri dedicano il 44% del tempo passato con i loro figli ad attività ludiche; il 90% degli insegnanti neoassunti trova come gratificazione professionale il rapporto personale con i propri studenti; il prete, se ha perso il ruolo di autorità morale, ha comunque un ruolo di “presidio sociale” grazie alle iniziative di volontariato, l'assistenza ai bisognosi, le iniziative concrete in risposta alla crisi.

Ossia, per il CENSIS, la risposta non consiste nella “retorica della restaurazione verticale” (cioè delle autorità morali e sociali), ma “l'uscita non potrà che essere in orizzontale”, cioè paritaria. Ecco il padre che gioca con i figli come se fosse un loro amico, l'insegnante che ha un rapporto personale con gli allievi, il prete che scende dal pulpito e si sporca le mani, come si diceva negli anni '70 del secolo scorso.

La società orizzontale, egualitarista, paritaria, senza autorità (né padri né padroni) né corpi sociali intermedi: il sogno di ogni rivoluzionario, dai giacobini, ai bolscevichi, agli ideologi del genere è ora a un passo.
Personalmente dubito che quella proposta dal CENSIS sia la soluzione al problema; a me sembra piuttosto un “rimedio” omeopatico: il male somministrato come rimedio.