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NOI E L'ISLAM

Se il relativismo ci prepara alla dominazione

Il terrorismo islamico sta ottenendo una prima vittoria, chiamiamola culturale, che è quella di favorire, nel mondo occidentale, il diffondersi sempre più massiccio di quella che il cardinale Joseph Ratzinger definì come “dittatura del relativismo”.

Editoriali 07_08_2016
Via le croci a Mosul, su la bandiera nera dell'Isis

Caro direttore,

vorrei verificare con te una situazione paradossale, che mi pare provocata dal dilagante terrorismo islamico. In parole povere, mi sembra che tale terrorismo stia ottenendo una prima vittoria, chiamiamola culturale, che è quella di favorire, nel mondo occidentale, il diffondersi sempre più massiccio di quella che il cardinale Joseph Ratzinger definì come “dittatura del relativismo”. 

Mi è venuto in mente questo pensiero, pensando ad alcuni degli effetti provocati dalle stragi islamiste. Penso, ad esempio, alle stragi attuate in alcune stazioni ferroviarie spagnole nel marzo del 2004. Esse provocarono (e questa analisi è ormai pacifica) l’insperata vittoria del Partito socialista, aiutata anche da alcuni errori di valutazione del Partito popolare fatte nelle ore immediatamente successive agli attentati. Il Partito popolare era destinato sicuramente a vincere ed invece, a stragi avvenute, vinse il Partito socialista, il quale, nel giro di pochi mesi, impresse all’intera Spagna una svolta di costume epocale, introducendo il matrimonio tra persone dello stesso sesso e, addirittura, l’insegnamento della cultura gender nelle scuole. 

Così, una strage operata da estremisti islamici, evidentemente contrari a tutti quei provvedimenti (gli islamici odiano veramente gli omosessuali e li perseguitano), provocarono l’allargarsi, in un Paese tradizionalmente cattolico, di una legislazione che ha favorito l’affermarsi sempre più generale di una mentalità sempre più acriticamente relativista. Altro esempio, meno clamoroso, ma ugualmente significativo di una certa mentalità. Soprattutto in Francia e Belgio, dopo ogni strage islamista, c’è un qualche musicista che si mette a suonare pubblicamente la canzone Imagine dei Beatles, provocando la commozione di molti, soprattutto a beneficio delle riprese televisive. Ebbene, le parole di quella canzone, dalla musica coinvolgente, costituisce un vero e proprio manifesto della cultura nichilista e relativista. 

Essa “immagina” un mondo di fratellanza universale, reso possibile solo dalla scomparsa di ogni religione, di Dio, della politica, delle nazioni, dei popoli veri e così via. Non mi pare che si tratti di fratellanza, ma di un appiattimento che fa fuori ogni identità e ogni ideale personale e sociale. E il mondo cattolico, pervaso di sentimentalismo, ci sta cascando. Nell’intervallo di una partita di calcio disputata, per desiderio di papa Francesco, dalla squadra argentina a Roma, venne fatta cantare proprio Imagine da una ragazzina argentina, resa famosa da un metodo pubblicitario che mi sembra molto vicino allo sfruttamento minorile. E pochi giorni fa, durante una trasmissione Rai fatta da Assisi per raccogliere fondi a favore di un’opera ospedaliera intitolata a Padre Pio, due cantanti italiani hanno sentito il bisogno di cantare quella canzone.

Per fare memoria di un santo cattolico, si canta una canzone in cui si auspica “no religion”. Tutto l’Occidente, anche cattolico, per reagire alla violenza islamica diffonde, sempre più convinto, una canzone che distrugge ogni nostra più bella tradizione. E ancora. La violenza del terrorismo, quando non provoca nei nostri sentimentali un rifiuto di ogni religione, determina l’affermarsi di una direzione apparentemente contraria, ma che raggiunge lo stesso effetto. E la direzione è quella di far credere che ogni religione sia sostanzialmente uguale. Non è più importante in Chi si crede, tanto, più o meno, sono tutti uguali. Siamo entrati appieno nel mondo dei creduloni, a cui il compianto cardinale Giacomo Biffi dedicò alcune pagine memorabili. 

Siamo entrati, cioè, in un relativismo religioso, che, a mio parere,  sta riducendo, per quanto ci riguarda, la portata salvifica di Gesù Cristo, il che produce l’allentamento di ogni tensione culturale e missionaria da parte dei cristiani. Rimane parzialmente vivo solo un superficiale valore di “solidarietà”. Ma anche chi butta le bombe spesso parla di solidarietà. Quest’ultimo è senza dubbio l’aspetto più preoccupante del relativismo creato, di fatto, dal terrorismo.

Quando accade una strage, i vari leader occidentali, compresi i nostri, affermano, con falsa sicurezza, che nessuno potrà eliminare i nostri valori ed i nostri principi. Peccato che nessuno osi mai specificare di quali valori e di quali principi si tratti. Se andassero nei dettagli, scopriremmo che, purtroppo, si tratta dei principi che hanno reso dittatura il “relativismo”.

Caro direttore, che ne pensi? Ho torto?