Salta il summit di Budapest. Nessuna alternativa alla guerra
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La Russia vuole chiudere il conflitto, non offrire una tregua, mentre Kiev vuole congelare le linee del fronte. Posizioni inconciliabili per ora che prolungano di fatto il conflitto.

Trump getta la spugna e ammette che ora non ci sono le condizioni per il summit di Budapest con Vladimir Putin dal momento che il nodo centrale delle trattative è rimasto lo stesso dal marzo scorso. Il contesto militare e politico non sembra essere cambiato in questi mesi. Gli ucraini, sostenuti dalla Ue, sostengono un cessate il fuoco immediato e incondizionato che permetta di avviare lunghe trattative di pace. Putin ha invece riproposto in questi giorni a Trump le condizioni di Mosca per concludere la guerra, non per congelarla: cessione alla Russia di 5 regioni inclusa la Crimea, Ucraina fuori dalla NATO e priva di armi offensive e di truppe straniere (NATO) sul suo territorio.
La Russia vuole chiudere il conflitto, non offrire una tregua al nemico per riorganizzarsi e ha ribadito le sue condizioni in una nota diplomatica riservata inviata a Washington durante il fine settimana scorso, come ha riferito Reuters, citando due funzionari statunitensi. Il presidente Putin si sarebbe mostrato disponibile a rinunciare ad alcune aree delle regioni di Zaporizhia e Kherson, controllate attualmente per il 76/80 per cento da Mosca, ma la proposta sarebbe stata respinta da Volodymyr Zelensky nel summit con Donald Trump alla Casa Bianca.
Trump ha quindi cercato invano di convincere Zelensky ad accettare un accordo di pace con le conseguenti cessioni di territori, già peraltro in grandissima parte in mano ai russi, ma poi ha pubblicamente sostenuto la posizione di Kiev e degli europei a favore di un congelamento delle linee del fronte, inaccettabile per i russi.
Non a caso Zelensky ha detto ieri di sostenere la proposta del presidente degli Stati Uniti di basare i negoziati con la Russia sull'attuale linea del fronte, ma ha affermato di dubitare che Putin l'accetti. Nell’archiviare (solo per ora?) il faccia a faccia con Putin a Budapest, Trump ha aggiunto che «molto sta accadendo sul campo di battaglia tra Russia e Ucraina. Vi informeremo entro i prossimi due giorni», quasi come se attenda che gli imminenti successi russi in alcune aree chiave del fronte possano cambiare l’atteggiamento di Zelensky.
I russi avanzano ovunque, hanno conquistato quasi per intero le roccaforti di Pokrovsk e Kupyansk e stanno vincendo la guerra sul campo di battaglia e nelle retrovie dove sistema energetico e trasporto ferroviario sono quasi paralizzati. E la situazione peggiora di giorno in giorno per Kiev. Una tregua oggi avvantaggerebbe solo gli ucraini permettendo loro di tirare il fiato, ricevere altre armi e munizioni dall’Europa e arruolare nuove reclute.
Meglio poi non dimenticare che Putin si fidò degli europei anche all’epoca degli Accordi di Minsk per far cessare il conflitto in Donbass. Accordi che sia l’ex cancelliere tedesco Angela Merkel che l’ex presidente francese Francois Hollande, definirono nel 2022 un escamotage per far guadagnare tempo all’Ucraina affinché si preparasse alla guerra contro la Russia.
Quell’errore strategico, fidarsi degli europei, costò a Putin aspre critiche interne alla Russia e di fatto questa guerra può considerarsi almeno in parte conseguenza dell’errore russo di non intervenire militarmente in Donbass già nel 2015.
Al momento, l’assenza di una base negoziale è funzionale ai disegni di Kiev e della Commissione Europea finalizzati a impedire che un processo di pace decolli, a far saltare il summit di Budapest per tenere distanti Putin e Trump e impedire un grande successo politico e diplomatico all’Ungheria di Viktor Orban, considerata dalla UE “nemica” ancor di più della Russia.
Francia, Gran Bretagna, Germania così come baltici e scandinavi puntano a mantenere il conflitto in atto o pronto a riesplodere, elementi necessari a tenere alta la minaccia dell’invasione russa e a far conservare il potere a Zelensky come alla nomenklatura dell’Unione europea e qualche premier o presidente in Europa.
Con un paradosso: le nazioni che più insistono per continuare la guerra sono quelle che più hanno da perdere dal prolungamento del conflitto. A conferma che simili iniziative rispondono puramente a interessi lobbystici, politici o finanziari di ambienti e settori specifici e limitati, non certo agli interessi di nazioni e popoli europei, Ucraina inclusa.
In questo contesto deve preoccupare che, certo non casualmente, mentre venivano meno le condizioni per il summit di Budapest aerei ucraini hanno colpito ieri uno stabilimento chimico russo nella regione di Bryansk utilizzando missili Storm Shadow/SCALP forniti già dalla primavera 2023 da francesi e britannici. Si ratta di armi il cui impiego è gestito direttamente sul suolo ucraino da personale militare e tecnico francese e britannico.
Proprio per questo finora tali armi erano state impiegate per colpire obiettivi russi situati nei territori ucraini occupati o in Crimea con un’unica eccezione: il 20 novembre 2024 erano stati utilizzati per colpire obiettivi in territorio russo nella regione di Kursk. All’epoca però in quella regione erano presenti truppe ucraine che avevano invaso un migliaio di chilometri quadrati di territorio russo da cui vennero ricacciate nel marzo di quest’anno.
Allora l’attacco con i missili anglo-francesi provocò una immediata e violenta risposta dei russi che il 21 novembre devastarono un impianto industriale nella periferia di Dnipro con un missile ipersonico Oreshnik, impiegato per la prima volta e a scopo dimostrativo e deterrente senza carica esplosiva.
L’attacco della notte scorsa va quindi interpretato come il tentativo di Londra e Parigi di determinare una massiccia rappresaglia russa che permetta di cancellare ogni possibilità di dare seguito all’incontro tra Trump e Putin e ridurre le possibilità di avviare negoziati di pace. La pericolosità intrinseca di questa iniziativa di escalation militare europea nei confronti di Mosca, si aggiunge alle sempre più precarie condizioni economiche, energetiche e finanziarie a cui governi e Commissione europea stanno condannando l’Europa, non ultimo il folle utilizzo, contro ogni regola e legge, dei beni russi congelati per finanziare l’Ucraina che rischia di allontanare dall’Europa tutti gli investitori internazionali.
Ieri il Fondo Monetario Internazionale (istituzione non certo tacciabile di “putinismo”) ha ammonito gli europei circa i rischi connessi all’utilizzo degli asset russi congelati per finanziare l'Ucraina. Alfred Kammer, direttore del Dipartimento europeo dell'FMI, ha sottolineato la necessità di una «solida base giuridica» e di considerare le conseguenze per il sistema finanziario globale.