Regionali, esiti scontati. Astensionismo in agguato
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La vigilia elettorale di domenica è segnata da una forte dose di prevedibilità. La sfida sarà sulla partecipazione: perché se il voto appare già deciso, il rischio è che molti scelgano di non partecipare.
- L'intervento timido dei vescovi veneti di Stefano Fontana
Siamo alla vigilia di una tornata elettorale importante: il 23 e 24 novembre sono chiamate al voto tre regioni chiave — Campania, Veneto e Puglia — per eleggere i nuovi presidenti di giunta e rinnovare i consigli regionali. Nel complesso, milioni di elettori sono coinvolti in questa consultazione: basti pensare che solo in Campania ci sono quasi cinque milioni di abitanti, in Puglia circa quattro milioni e mezzo, e in Veneto poco più di quattro milioni: non si tratta dunque di piccoli territori, ma di regioni che possono offrire un indicatore significativo del clima politico nazionale.
In Campania, la sfida principale vede fronteggiarsi Roberto Fico, candidato del “campo largo” (centrosinistra + Movimento 5 Stelle), ed Edmondo Cirielli, sostenuto dal centrodestra. Secondo l’ultimo sondaggio Ipsos per Corriere della Sera, Fico è dato al 53,5 %, mentre Cirielli è al 42,5 %. I partiti all’interno delle coalizioni supportano questa tendenza: nella coalizione di Fico il Partito Democratico è il primo partito (secondo Ipsos), seguito da M5S e altre liste. Alla vigilia, quindi, Fico appare molto favorito, anche se non in un dominio schiacciante: è vero che ha un margine, ma non tale da escludere del tutto possibili sorprese, sebbene più improbabili. Dopo che il governatore uscente, Vincenzo De Luca, pur con varie prese di distanza, ha sostanzialmente confermato il patto con i pentastellati in cambio della guida del Pd per suo figlio e della sua ricandidatura a sindaco di Salerno, la strada per l’ex Presidente della Camera appare spianata.
Nel Veneto, la posta in palio riguarda la successione a Luca Zaia, che non può più ricandidarsi dopo tre mandati. Il centrodestra ha puntato su Alberto Stefani, giovane deputato e vicesegretario della Lega, mentre il centrosinistra ha schierato Giovanni Manildo, ex sindaco di Treviso. I sondaggi più recenti sono nettissimi: Ipsos stima Stefani al 62,8%, contro il 26,9% di Manildo. La forbice è ampia, e lo scenario più probabile è una vittoria piuttosto larga per il centrodestra, che manterrebbe il controllo della regione.
In Puglia, infine, il favorito è Antonio Decaro, candidato del campo largo (PD, M5S, Verdi e civiche), mentre lo sfidante principale è Luigi Lobuono, civico sostenuto dal centrodestra. Secondo l’ultimo sondaggio Ipsos, Decaro è al 63,8%, Lobuono al 33,1%. Anche secondo un’altra rilevazione di Bidimedia Decaro viaggia in una forchetta tra il 61 e il 65 %, con Lobuono intorno al 33–37%. Insomma, anche in Puglia il risultato appare largamente scontato.
Lo scenario generale, dunque, sembra parlare chiaro: non sono previste rivoluzioni politiche nelle tre regioni. In Campania, anche se il margine non è enorme, Fico del “campo largo” dovrebbe vincere su Cirielli. Nel Veneto, Stefani sembra destinato a raccogliere la successione di Zaia, e il centrodestra continuerà a governare. In Puglia, Decaro appare in una posizione di forza molto stabile, con ampio margine, e non sembra esserci un avversario credibile che possa ribaltare il risultato.
Da questa analisi emerge una riflessione cruciale: i risultati sembrano già, in buona parte, scritti. E questo può avere effetti negativi sull’affluenza. Se molti elettori percepiscono il voto come una formalità, con esiti già dati per certi, potrebbero esserci tassi di partecipazione più bassi. In Puglia, ad esempio, secondo Ipsos l’affluenza stimata è solo del 43 %. Un dato del genere è preoccupante: se una parte significativa dell’elettorato non si sente motivato a votare perché crede che la partita sia già decisa, si rischia di alimentare un senso di disillusione e impotenza civica.
In prospettiva nazionale, queste elezioni regionali non sembrano destinate a produrre scossoni profondi nell’equilibrio politico: se il “campo largo” vince in Campania e Puglia, e il centrodestra mantiene il Veneto, non ci saranno grandi cambiamenti di peso strategico e la cornice politica rimarrà sostanzialmente stabile. Non si profila, alla vigilia, un terremoto che possa destabilizzare il governo centrale o ridefinire gli assetti.
Insomma, la vigilia è segnata da una forte dose di prevedibilità. E questa prevedibilità, paradossalmente, è forse la vera novità. Non tanto per la possibile conferma dei blocchi politici — che è in linea con molte attese — quanto per la sfida della partecipazione: perché se il voto appare già deciso, il rischio è che molti scelgano di non partecipare. Il vero vincitore, in questi casi, non sarà chi conquista la presidenza regionale, ma chi riesce a mobilitare la cittadinanza e a rivitalizzare il senso del voto come strumento di democrazia vivente, non come semplice formalità.

