Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
discorso

Papa Leone ad Assisi sogna una CEI sinodale e interventista

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Come sarà la Chiesa in Italia nell'era Prevost? Qualche indizio dalla città di san Francesco, dove il Pontefice ha concluso l'assemblea generale dei vescovi italiani, chiedendo di intervenire nella scena pubblica. Due indicazioni di governo e nessun dietrofront sul Sinodo.
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Ecclesia 21_11_2025
Foto Vatican Media/LaPresse

Il giornalista e scrittore Mauro Mazza nel suo Lo stivale e il cupolone ha presentato l'Italia e la Santa Sede come una coppia in crisi, orfane di quell'«eccezione italiana» di wojtyliana memoria. Non c'è dubbio che a questa situazione abbia contribuito il calo d'autorevolezza dell'episcopato d'Italia oltre al pregiudizio anti-italiano di Francesco.

Che ne sarà della Chiesa italiana con Leone XIV? Qualche indizio arriva da Assisi dove ieri il nuovo Papa ha concluso l'81esima assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana. Quasi duecento i vescovi incontrati e alcune indicazioni programmatiche che meritano di essere menzionate. Intanto, Leone ha detto che «è bene che si rispetti la norma dei 75 anni per la conclusione del servizio degli ordinari nelle diocesi e, solo nel caso dei cardinali, si potrà valutare una continuazione del ministero, eventualmente per altri due anni». Al Pontefice laureato in matematica i numeri piacciono e non li spara a caso. Se è stato così preciso sulle scadenze c'è da prevedere che per il futuro questa diventerà la norma. Senza le eccezioni sulla base di simpatie e ed antipatie che si sono viste negli ultimi dodici anni è un criterio che i vescovi italiani non faranno fatica ad accettare.

Un'altra indicazione di governo è quella data sugli accorpamenti delle diocesi. La riduzione del numero delle diocesi italiane era un vecchio pallino di Bergoglio. Il processo è stato messo in moto a partire dal 2019 ed ha incontrato inevitabili mal di pancia in un Paese così attaccato alle identità territoriali. Prevost è stato chiaro: «le sfide dell'evangelizzazione e i cambiamenti degli ultimi decenni, che interessano l'ambito demografico, culturale ed ecclesiale – ha detto – ci chiedono di non tornare indietro sul tema degli accorpamenti delle diocesi». Un piano che nelle previsioni del suo predecessore avrebbe dovuto richiedere quindici anni e che dunque andrà avanti anche nel nuovo pontificato.

Leone XIV vuole, inoltre, un episcopato interventista presumibilmente sul modello raccomandato già ai vescovi statunitensi.  «La Chiesa in Italia – ha detto ieri ad Assisi –può e deve continuare a promuovere un umanesimo integrale, che aiuta e sostiene i percorsi esistenziali dei singoli e della società; un senso dell'umano che esalta il valore della vita e la cura di ogni creatura, che interviene profeticamente nel dibattito pubblico per diffondere una cultura della legalità e della solidarietà». I vescovi negli ultimi anni hanno preferito determinati temi ad altri e si vedrà se l'auspicio del nuovo Papa verrà esaudito a 360 gradi.

La Chiesa d'Italia che s'immagina Leone non è troppo diversa da quella sognata dal suo predecessore. Come pilastri devono esserci «l'annuncio del messaggio di salvezza, la costruzione della pace, la promozione della dignità umana, la cultura del dialogo, la visione antropologica cristiana» che – ha ricordato Leone – «corrispondono alle prospettive emerse nel Cammino sinodale della Chiesa in Italia». Il Papa ha sferzato i vescovi a cui «spetta adesso tracciare le linee pastorali per i prossimi anni» e ai quali ha dato qualche consiglio per far maturare «uno spirito veramente sinodale nelle Chiese e tra le Chiese del nostro Paese». Leone ha invocato «una comunione effettiva» per la quale è necessario, a suo dire, che «prenda forma il volto di una Chiesa collegiale, che condivide passi e scelte comuni».

Insomma, il nuovo Papa non ha certo stroncato il discusso Documento di sintesi del Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia (la cui paternità è spesso attribuita al presidente della CEI Matteo Maria Zuppi sebbene sia soprattutto di monsignor Erio Castellucci, presidente del Comitato Nazionale del Cammino sinodale). È vero anche che ha ricordato ai vescovi il loro ruolo perché saranno poi loro chiamati a tirarne le somme e a decidere cosa concretizzare o meno delle 124 proposte.
Alla fine dell'assemblea, però, molti vescovi non riuscivano a dissimulare tra di loro una certa delusione per l'oggettiva linea di continuità espressa nel discorso. In particolare c'era chi sperava di archiviare la fase radicale della sinodalità: non è un mistero che il Sinodo nazionale sia stato un'imposizione di Francesco a un episcopato molto recalcitrante. 



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