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STATI UNITI

Obbligo vaccinale, i motivi dell’alt della Corte Suprema

Rispetto della Costituzione e separazione dei poteri. Leggi e giurisprudenza alla mano, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha sospeso con un voto di 6-3 l’obbligo vaccinale imposto dal Governo Biden per le aziende con almeno cento dipendenti (84 milioni di lavoratori). Via libera, invece, per 5-4 (Kavanaugh e Roberts con i liberal) all’obbligo per i sanitari di strutture che ricevono fondi pubblici. Ma anche lì, motiva l’opinione dissenziente, c’è stato un abuso di potere. Che ricorda la nostra Italia.
- L'AZITROMICINA SERVE. E NON È FINITA, di Paolo Gulisano

Attualità 15_01_2022

Il rispetto delle libertà fondamentali e delle garanzie costituzionali conta, anche “in emergenza”. È questa la lezione giunta giovedì dagli Stati Uniti, sebbene per un voto sia mancata la vittoria piena. Il 13 gennaio la Corte Suprema ha infatti pubblicato due diverse decisioni: una ha fermato, con un voto di 6-3, l’obbligo vaccinale anti-Covid introdotto dall’Amministrazione Biden per le aziende con almeno cento dipendenti; l’altra, invece, ha avallato per 5-4 la vaccinazione obbligatoria per gli operatori sanitari di strutture che ricevono fondi pubblici. In entrambi i casi i giudici hanno ribaltato il giudizio della corte immediatamente inferiore.

Iniziamo dalla prima decisione, la maggiore per numero di persone coinvolte, che ha visto confluire le due cause della più grande federazione statunitense di piccole imprese (la NFIB) e di 27 Stati a guida repubblicana contro l’OSHA, l’agenzia per la Salute e Sicurezza professionale che è sotto la supervisione del ministro del Lavoro. L’obbligo era stato annunciato da Biden nel settembre 2021 ed emanato a novembre dall’OSHA. La misura prevede che i lavoratori possano in alternativa sottoporsi a un test settimanale (più mascherina), ma solo se i datori di lavoro offrono questa opzione. Sennò, in assenza di vaccinazione, devono essere «rimossi dal posto di lavoro». La Corte d’Appello per il Quinto Circuito aveva sospeso l’entrata in vigore dell’obbligo, mentre il Sesto Circuito (nel giudizio consolidato) aveva dato ragione al Governo. Ora la Corte Suprema, con il voto favorevole di tutti i giudici di nomina repubblicana (Roberts, Thomas, Alito, Gorsuch, Kavanaugh, Barrett), ha sospeso nuovamente la misura, che interessa 84 milioni di lavoratori.

Le 6 toghe hanno spiegato, leggi e giurisprudenza alla mano, che l’obbligo vaccinale eccede l’autorità statutaria dell’OSHA, non solo riguardo agli ordinari standard di sicurezza lavorativa che può fissare ma anche per quelli di emergenza. Mai prima del Covid, in mezzo secolo di attività dell'OSHA, il Dipartimento del Lavoro aveva emanato una regola di così ampia portata, che va ben al di là dell’esercizio quotidiano del potere federale ed «è invece un significativo sconfinamento nelle vite - e nella salute - di un ampio numero di dipendenti». E questo la Corte lo afferma senza entrare nel merito dei vaccini.

L’opinione di maggioranza sottolinea che l’approccio dell’OSHA di imporre indiscriminatamente l’obbligo a 84 milioni di lavoratori manca di distinguere tra un rischio specifico legato al lavoro e un «rischio generale» (il virus si può trasmettere ovunque siano radunate persone) che non è dissimile da tanti altri pericoli quotidiani e che non giustifica l’ampliamento dei poteri dell’agenzia governativa. Anche perché, altro punto decisivo, non ha ricevuto un preciso mandato in tal senso dal Congresso. Tutt’altro: i giudici ricordano che il Senato ha votato a maggioranza contro l’obbligo imposto dalla stessa OSHA.

In aggiunta, i 6 giudici hanno appreso dai 27 Stati e dagli imprenditori che l’obbligo vaccinale avrebbe per loro costi economici enormi (miliardi di dollari) e farebbe perdere il lavoro a centinaia di migliaia di persone. Al Governo federale che sostiene che l’obbligo salverebbe oltre 6.500 vite, i giudici rispondono che «non è il nostro ruolo» soppesare i pro e i contro in questo ambito, bensì dei rappresentanti eletti, quindi sempre del parlamento nazionale.

L’opinione di maggioranza, insomma, ha ricordato a Biden&Co che cosa significhi separazione dei poteri. Un principio, questo, citato esplicitamente in un’opinione separata scritta da Gorsuch e controfirmata da Alito e Thomas, nella quale si sottolinea che la questione centrale qui è: «Chi decide?». Gorsuch risponde spiegando che la competenza in casi simili è appartenuta storicamente ai singoli Stati federati e, nei rari casi in cui il Congresso ha cercato di stabilire un obbligo vaccinale, «lo ha fatto espressamente». L’OSHA non è investita di tale autorità. E il giudice, senza entrare nel merito delle misure contro il Covid, conclude smontando l’idea che certe garanzie costituzionali possano essere ‘sospese’ perché se «questa Corte dovesse attenersi ad esse solo in condizioni più tranquille, le dichiarazioni di emergenze non finirebbero mai (…)» e le libertà sarebbero ridotte a niente.

OBBLIGO PER I SANITARI

La seconda decisione, come detto, riguarda l’obbligo per i sanitari delle strutture che ricevono fondi per i programmi Medicare e Medicaid - diretti ad over 65 e disabili (Medicare) e persone a basso reddito (Medicaid). La misura, che prevede esenzioni per ragioni mediche o religiose, è stata introdotta a novembre dall’agenzia CMS (Centers for Medicare and Medicaid Services), dipendente dal ministro della Salute. Due corti distrettuali della Louisiana e del Missouri - accogliendo le istanze di due gruppi di Stati - l’avevano giudicata carente, sospendendone l’entrata in vigore. Le Corti d’Appello per il Quinto e Ottavo Circuito avevano respinto il ricorso del Governo Biden, che invece è stato appunto accolto dalla Corte Suprema (5-4): decisivi i voti del presidente Roberts e di Kavanaugh, che si sono uniti alle tre toghe di area liberal (Breyer, Kagan, Sotomayor).

La risicata maggioranza ha trovato ragionevole la decisione del ministro nell’introdurre l’obbligo, basata principalmente sull’idea che la diffusione del Covid-19 «è più probabile quando gli operatori sanitari non sono vaccinati». Una motivazione debole per un tale obbligo, osserviamo noi, tanto più alla luce delle evidenze sull'alta contagiosità tra gli stessi vaccinati.

Gli altri quattro giudici conservatori hanno firmato tutti insieme due opinioni dissenzienti, una scritta da Thomas e l’altra da Alito. Il primo ha evidenziato che anche il CMS (come l’OSHA) manca dell’autorità statutaria per imporre un tale obbligo generalizzato sui sanitari. Anche qui si ricorda che se il Congresso avesse voluto questo obbligo vaccinale, lo avrebbe votato. Così non è stato.

Da parte sua, Alito ha insistito sull’esautorazione pratica del potere legislativo proprio del Congresso, sempre più sostituito da regole di agenzie guidate da amministratori non eletti. Inoltre, il CMS non ha mostrato una “buona ragione” per eludere la procedura che prevede che un’agenzia - intenzionata a emanare una regola che impatti seriamente i cittadini - dia loro un congruo preavviso, ne riceva i commenti e risponda. Invece, il CMS si è limitato a dare una giustificazione generica, affermando che “i dati mostrano l’importanza vitale della vaccinazione” e che “questa azione non può essere ritardata”. Ma la giurisprudenza, ricorda Alito, precisa che un’agenzia che cerchi di mostrare una “buona ragione” deve “sottolineare qualcosa di specifico...” (Stati Uniti vs Brewer).

L’agenzia governativa è caduta anche in contraddizione laddove ha tentato di giustificare il mancato avvio della procedura di garanzia, prevista dalla legge, con ragioni di emergenza: ma il giudice conservatore ha fatto notare che la presunta emergenza è in contrasto con i ripetuti ritardi del CMS, tra cui quello di aver predisposto l’obbligo quasi due mesi dopo l’annuncio di Biden e differendone di un altro mese l’entrata in vigore. Inoltre, l’aggiramento della procedura di preavviso e successiva risposta ai commenti/rilievi dei soggetti interessati ha impedito agli Stati che gestiscono le strutture di Medicaid di presentare prove e argomenti contrari alla pretesa necessità di una vaccinazione indiscriminata dei sanitari. Poiché il CMS aveva riconosciuto l’“incertezza” della situazione e la “natura rapidamente cangiante dell’attuale pandemia”, la stessa agenzia sarebbe dovuta essere - a maggior ragione - più aperta a ricevere dei feedback dai soggetti destinatari dell’obbligo. Invece, il CMS ha fatto l’esatto contrario.

E questo notevole abuso di potere dell’agenzia porta Alito a esprimere una comprensibile preoccupazione per i futuri processi decisionali, alla luce del fatto che “il potere esecutivo già tocca quasi ogni aspetto delle vite degli americani”. Tutto il mondo è paese. Come non pensare alla nostra Italia, dove il Parlamento conta sempre meno, il Governo fa ampio abuso di decreti e, con obblighi reali o fittizi, ignora tutti gli indispensabili presupposti giuridici per imporre un obbligo vaccinale?