Morto Mureșan, fu prete clandestino nella Romania comunista
L'arcivescovo maggiore di Făgăraș e Alba Iulia è stato il terzo cardinale rumeno. Ordinato nel 1964, svolse il ministero di nascosto fino al crollo del regime, che lo considerava "indesiderabile".

«Ordinato sacerdote nel seminterrato di un palazzo di Cluj, fu consacrato vescovo a cielo aperto a Baia Mare e in seguito creato cardinale nel cuore della cristianità, nella Basilica di San Pietro a Roma»: così l'arcieparchia di Făgăraș e Alba Iulia ricorda il cardinale Lucian Mureșan, arcivescovo maggiore, morto il 25 settembre scorso a 94 anni di età e 60 di sacerdozio, di cui ben 25 trascorsi da prete clandestino nella Romania comunista.
Era nato a Ferneziu, in una numerosa famiglia greco-cattolica, nel 1931. La fede e il desiderio di diventare sacerdote gli avevano attirato l'ingombrante sguardo del regime, che lo considerava indesiderabile, costringendolo a cambiare vari lavori oltre che a guardarsi continuamente dalle ritorsioni governative. Ordinato il 19 dicembre 1964, dovette esercitare il ministero clandestinamente, mentre lavorava alla Direzione delle Strade e dei Ponti. Il 1990, anno del suo pensionamento, fu anche quello del crollo del regime: a sessant'anni poteva finalmente amministrare i sacramenti alla luce del sole, nella sua patria liberata dal giogo comunista. Nello stesso anno giunse anche la nomina episcopale: Mureșan divenne eparca di Maramureș e nel 1994 arcieparca di Făgăraș e Alba Iulia: incarico mantenuto per oltre tre decenni, fino alla morte.
Nel 2012, già ottantenne, ricevette la porpora: era il terzo cardinale della Romania, dopo Alexandru Todea, suo predecessore alla sede di Făgăraș e Alba Iulia e, prima ancora, il beato Iuliu Hossu (creato in pectore da san Paolo VI, ma la nomina fu resa pubblica soltanto dopo la sua morte). Il 2 giugno scorso Mureșan aveva scritto a Leone XIV in occasione della commemorazione di Hossu, ricordando le parole pronunciate dal beato sul letto di morte: «La mia lotta è finita, la tua continua».