Missione e comunione nei primi auguri di Prevost alla Curia
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Nel tradizionale incontro prenatalizio Leone XIV rivolge ai principali collaboratori un discorso incentrato sul mistero del Natale ma aperto a dare una visione della sua idea di Chiesa. Chiede che le strutture diventino più missionarie e invita a essere «segno di una nuova umanità».
Primo Natale sul trono di Pietro per Prevost. E ieri il Papa ha dato i suoi auguri alla Curia romana nel tradizionale appuntamento prenatalizio. Ha ricevuto i suoi principali collaboratori nell'aula della Benedizione per un discorso incentrato sul mistero del Natale ma aperto a dare una visione della sua idea di Chiesa. «La luce del Natale ci viene incontro – ha esordito Leone XIV – invitandoci a riscoprire la novità che, dall’umile grotta di Betlemme, percorre la storia umana». La letizia nel cuore data da questa novità aiuta «a guardare agli eventi che si susseguono, anche nella vita della Chiesa», ha detto il Papa.
Non poteva mancare un ricordo del predecessore morto proprio nell'anno che si avvia alla conclusione. «La sua voce profetica, il suo stile pastorale e il suo ricco magistero hanno segnato il cammino della Chiesa di questi anni, incoraggiandoci soprattutto a rimettere al centro la misericordia di Dio, a dare maggiore impulso all’evangelizzazione, ad essere Chiesa lieta e gioiosa, accogliente verso tutti, attenta ai più poveri», ha detto Prevost. Prendendo spunto dall'esortazione apostolica di Francesco Evangelii gaudium, Leone ha citato la missione e la comunione come due aspetti fondamentali della vita della Chiesa.
L'appello del Papa è a rendere la Chiesa ancora più missionaria perché «Dio stesso, per primo, si è messo in cammino verso di noi e, nel Cristo, ci è venuto a cercare». La missione viene indicata da Prevost come criterio di discernimento non solo nel cammino di fede, ma anche nel lavoro in Curia. Il Papa ha chiesto che le strutture diventino più missionarie anzichè appesantire o rallentare. La sua è un'idea di Curia «dove le istituzioni, gli uffici e le mansioni siano pensati guardando alle grandi sfide ecclesiali, pastorali e sociali di oggi e non solo per garantire l’ordinaria amministrazione».
Missione, ma anche comunione. «Il Natale ci ricorda che Gesù è venuto a rivelarci il vero volto di Dio come Padre, perché potessimo diventare tutti suoi figli e quindi fratelli e sorelle tra di noi», ha detto Leone XIV puntualizzando che grazie a questo diventiamo «segno di una nuova umanità, non più fondata sulla logica dell’egoismo e dell’individualismo, ma sull’amore vicendevole e sulla solidarietà reciproca». Un compito urgente, ha sottolineato nel suo discorso, sia dentro che fuori la Chiesa. Il Papa ha osservato che «talvolta dietro un’apparente tranquillità, si agitano i fantasmi della divisione». Consapevole, dunque, che non mancano le distanze tant'è che «nelle relazioni interpersonali, nelle dinamiche interne agli uffici e ai ruoli, o trattando le tematiche che riguardano la fede, la liturgia, la morale o altro ancora, si rischia di cadere vittime della rigidità o dell’ideologia, con le contrapposizioni che ne conseguono».
Il Papa eletto per unire ha chiesto ai membri della Curia di essere «costruttori della comunione di Cristo, che chiede di prendere forma in una Chiesa sinodale, dove tutti collaborano e cooperano alla medesima missione». È la sua idea di sinodalità che non è perfettamente sovrapponibile a quella di moda negli ultimi dodici anni. Prevost ha parlato dell'amarezza che può scaturire di fronte a determinate dinamiche curiali, specialmente quando si ha a che fare con chi ha «la smania del primeggiare».
Non è impossibile trovare amici in Curia, ha detto il Papa. «Nella fatica quotidiana - ha sostenuto è bello quando troviamo amici di cui poterci fidare, quando cadono maschere e sotterfugi, quando le persone non vengono usate e scavalcate, quando ci si aiuta a vicenda, quando si riconosce a ciascuno il proprio valore e la propria competenza, evitando di generare insoddisfazioni e rancori». Sono situazioni che si vedono anche all'esterno, in un mondo dove è forte l'aggressività e la rabbia. Il Natale però ci invita a diventare un segno profetico della pace.
Questo vale anche in Curia per compiti da vivere, secondo Leone, in quest'ottica: «non siamo piccoli giardinieri intenti a curare il proprio orto, ma siamo discepoli e testimoni del Regno di Dio, chiamati ad essere in Cristo lievito di fraternità universale, tra popoli diversi, religioni diverse, tra le donne e gli uomini di ogni lingua e cultura».
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