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IL DISCORSO

Leone XIV e la Dottrina sociale, una strada ancora incerta

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Il significativo discorso rivolto il 17 maggio alla Fondazione Centesimus Annus non chiarisce se con il nuovo Papa siamo davanti a una "svolta" nel rilancio della Dottrina sociale oppure se dobbiamo aspettarci una "riforma nella continuità" con papa Francesco.

Editoriali 20_05_2025

Sabato scorso 17 maggio, Leone XIV ha rivolto un discorso alla Fondazione vaticana Centesimus annus pro Pontifice. Si è trattato del primo discorso articolato sulla Dottrina sociale della Chiesa, dopo le poche parole pronunciate dalla loggia delle Benedizioni in San Pietro subito dopo l’elezione. Quelle parole avevano fatto nascere in molti la speranza che questo patrimonio dottrinale e di esperienza della Chiesa fosse rilanciato. Con il discorso di sabato scorso è arrivata una prima trattazione organica della Dottrina sociale della Chiesa per cui, con prudenza, possiamo ora precisare meglio quella speranza.

Quando si leggono questi primi interventi di Leone XIV il nostro intelletto va subito a cercare le “novità” rispetto a Francesco. Non è un riflesso condizionato né una semplice curiosità con aspetti morbosi. La cosa ha un senso se solo si pensa a come la Dottrina sociale della Chiesa sia stata pressoché cancellata nel pontificato precedente. Diventa così naturale chiedersi se papa Leone orienti progressivamente la barca verso una nuova rotta, evitando sì scossoni troppo forti ma comunque avendo l’obiettivo di condurla altrove rispetto al recente passato, oppure se egli intenda mantenere questo recente passato e procedere secondo una sua “riforma nella continuità”.

Innanzitutto nel discorso viene ribadita la dimensione “dottrinale” della Dottrina sociale della Chiesa. Essa è una dottrina nel senso di «scienza, disciplina, sapere». Non è cosa da poco se si ricorda che è stata spesso intesa come una prassi. In seguito, però, viene vista anche come «frutto di ricerca e quindi di ipotesi, di voci, di avanzamenti e insuccessi, attraverso i quali cerca di trasmettere una conoscenza affidabile, ordinata e sistematica» e, così considerata viene ricondotta ad un «camminare comune, corale e perfino multidisciplinare». La multidisciplinarità era già stata indicata da Giovanni Paolo II nel n. 59 della Centesimus annus e, se adeguatamente precisata, non fa problema.

Ma questo camminare insieme in una ricerca per ipotesi, successi e insuccessi, richiama l’impostazione di Francesco di una prassi da cui nascono delle luci durante il cammino. Il senso della parola “dottrina” invece indica un deposito di verità che illuminano il cammino che solo a quel punto diventa un «camminare comune e corale» e non prima. «Ordine» e «sistematicità» ci sono già all’inizio e non nascono da un processo, anche se le prove e gli errori nella storia affinano le attitudini prudenziali. L’annuncio di verità precede o segue il camminare insieme? Quale delle due visioni ha inteso proporre papa Leone?

Sempre a proposito di “dottrina”, egli precisa che la Chiesa «non vuole alzare la bandiera del possesso della verità, né in merito all’analisi dei problemi, né nella loro risoluzione». La Chiesa non dà soluzioni tecniche, questo è un punto assodato del magistero sociale, ma che la Chiesa non alzi la bandiera della verità è discutibile, se essa rimane «annuncio di Cristo» come scriveva Giovanni Paolo II. Nella Dottrina sociale della Chiesa ci sono principi di riflessione e criteri di giudizio che la Chiesa propone come “veri” e che essa attinge dalla sana filosofia e dal deposito della fede. Perfino quando essa ha proposto in passato delle “direttive di azione” non intendeva limitarsi a dei consigli operativi contingenti, ma dare direttive pratiche fondate che possano essere recuperate anche in tempi successivi perché, assieme ad aspetti caduchi, contengono delle verità.

 «In tali questioni – continua papa Leone - è più importante saper avvicinarsi, che dare una risposta affrettata sul perché una cosa è successa o su come superarla. L’obiettivo è imparare ad affrontare i problemi, che sono sempre diversi, perché ogni generazione è nuova, con nuove sfide, nuovi sogni, nuove domande». La conoscenza delle situazioni mediante la virtù della “discrezione” va bene, ma questa capacità pratica di avvicinarsi alle situazioni non è “più importante” dell’approccio teoretico secondo verità, quanto piuttosto lo presuppone e lo segue. Tanto è vero che, come dice lo stesso papa Leone in questo discorso, la Dottrina sociale «con il suo proprio sguardo antropologico, intende favorire un vero accesso alle questioni sociali», sicché l’accesso o l’avvicinarsi alle situazioni non precede ma segue lo sguardo di verità se vuole essere un accesso “vero”.

Ha ragione papa Leone a dire che la Dottrina sociale vuole alimentare il «dialogo» e fa bene a precisare che «senza dottrina il dialogo si svuota». La distinzione tra dottrina e indottrinamento che segue a questi ragionamenti sembra però pagare un certo tributo a Francesco, sia recuperando il suo concetto di proselitismo sia ricordando le sue invettive contro chi «scaglia formule dottrinali e verità come pietre». Se per indottrinamento intendiamo una adeguata formazione, esso non può venire qualificato come «immorale», come detto nel discorso che stiamo esaminando. Si tratta di intendersi.

Se con Leone XIV siamo davanti ad una “svolta” nel rilancio della Dottrina sociale della Chiesa, oppure se dobbiamo aspettarci una “riforma nella continuità” con papa Francesco è quindi ancora presto per stabilirlo. Questo discorso di sabato scorso presenta una mescolanza di istanze proprie dell’una e dell’altra possibile visione. Aspettiamo la prossima occasione. 



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