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londra

Black pride, due ideologie per un'unica follia

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Nella capitale inglese è andato il scena il Black pride, riservato alle sole persone di colore per esaltare «le diverse sessualità». 

Attualità 13_08_2025

Tra le tante manifestazioni della decadenza occidentale, occorre riconoscere che il «Gay Pride» è una delle più note, longeve e di successo. Se i suoi zelanti promotori ne fissano (discutibilmente) la nascita nel 1970 a Chicago – perché quel che è antico pare nobile anche a chi detesta le più illustri tradizioni dell’umanità – è dal «Pride» svoltosi a Roma del 2000, che il fenomeno è divenuto una sorta di rito collettivo e «accettato». Trasformando l’orgoglio da «vizio capitale», facilmente associato a satana dalle religioni, a «virtù» di chi si ergerebbe fiero della propria (ineccepibile ed ineffabile) «diversità».

Fatto sta che questo genere di manifestazioni, ormai diffuso nei 5 continenti, si è evoluto in mille rivoli e particolarità locali, superando allegramente ogni limite alla decenza ed alla stessa contraddizione logica. Così, domenica 10 agosto, si è celebrato a Londra, esattamente al Queen Elizabeth Olympic Park di Stratford, un Pride speciale: il «Black Pride».

Un evento che si terrebbe nella capitale britannica dal 2005, «iniziato come un autobus carico di persone a Southend-on-Sea» e che è cresciuto, grazie all’immancabile appoggio dei mass media del sistema, sino «a raggiungere» nelle ultime edizioni «più di 25.000 persone» che si «riuniscono nella zona est di Londra».

La specificità e la palese assurdità di una festa che fa dell’inclusività il suo paradigma sta nel fatto che, come dice testualmente il programma, l’evento «celebra le persone di origine africana, asiatica, caraibica, latinoamericana e mediorientale». Offrendo loro uno «spazio sicuro» in cui tutti costoro «possano riunirsi» per esaltare «le diverse sessualità, identità, espressioni di genere e culture».

Ma quindi oltre ai noiosi eterosessuali, sono poco graditi i cittadini e le cittadine che non facciano parte della lista «etnica» - per non dire «razziale» - che i promotori hanno stilato? Altrimenti a che pro diffondere sui social una lista precisa e chiarissima di origini etniche e nazionali? E perché chiamare «Black Pride» una parata, se non per escludere (o includere meno) chi «black» non è?

L’aggettivo black (nero) può avere mille significati, anche simbolici, ma parlare di «origini africane, asiatiche, mediorientali» eccetera ha senso solo se il cittadino «bianco» - che certamente è il più frequente abitatore della storia inglese e londinese – è escluso dalla fiera arcobaleno. Alcuni colori devono risultare meno graditi di altri, oppure si tratta di un daltonismo ideologico non pienamente percepito ed assunto come se non avesse nulla a che vedere con quel «razzismo» in teoria combattuto dai promotori di «tutte le diversità» (o quasi).

Il tema e il messaggio del «Black Pride 2025», scrivono sul proprio sito gli organizzatori, vuole essere «una lettera d'amore» dedicata alla nostra «costante evoluzione» in quanto «persone Lgbtq+ nere e Lgbtq+ di colore». Né più (inclusivo), né meno.

E se degli omosessuali conservatori o provocatori organizzassero un «White Pride» per evolvere come persone «Lgbtq bianche» riservato ad «europei di 7 generazioni» o peggio ai soli «Inglesi Wasp» (white, anglo-saxon, protestant) che ne direbbero i promotori della tolleranza, della contaminazione e dell’apertura come stile di vita? Del resto tutti gli «artisti» previsti al «Black Pride» londinese (Shanay Maliya, Project Reese, Durand Bernarr) e persino i presentatori (Will Njobvu, Rikki Beadle-Blair, Josie Peres) rispecchiano la preclusione verso chi ha avuto la ventura (o la sfortuna) di nascere «non black».

«Oltre alle esibizioni dal vivo ci saranno conferenze, stand comunitari e workshop a cui assistere e partecipare»: speriamo che almeno gli oratori e i conferenzieri non siano stati scelti sulla base del colore della pelle. «Abbracciamo il potere che abbiamo» concludono gli «orgogliosi» per «plasmare il mondo che ci circonda»: «Preparatevi quindi per la nostra celebrazione più grande, più bella e più nera di sempre». Bene. Ma gli antirazzisti sareste voi?