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MALA EDUCAZIONE

L'educazione sessuale a scuola è sbagliata, anche se facoltativa

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Solito colpo al cerchio e uno alla botte da parte del governo: educazione sessuale sì, ma facoltativa (come l'ora di religione). Non cambia: saranno pochissimi a chiedere l'esenzione e come si difenderanno dalla maggioranza? Serviva più coraggio.

Educazione 12_11_2025
Educazione sessuale nell'era degli smartphone. Come farsi esentare?

Vedete, la tentazione sarebbe di dire che un Ministro della Salute è meglio che sia medico e uno dell'Istruzione sia stato insegnante. Ma l'era del Covid e l'esperienza personale suggeriscono di desistere. Ora, è arcinoto che, specialmente in Italia, l'”autorevolezza” è monopolio sinistro, tant'è che i più svegli intellettuali di sinistra (pochi) ormai dicono tutti cose di destra, ma hanno prima dovuto esibire la lunga militanza a sinistra. E poi ci sono quelli di destra che sono intimiditi dalla secolare egemonia gramsciana e, perciò, sembrano quasi chiedere il permesso alla sinistra mediatica, piazzaiola e vociante per fare mezza cosa di destra.

E veniamo a bomba. L'”educazione sessuale” nelle scuole, sì, ma col permesso dei genitori. Cerchio e botte. Quando i ministri democristiani (e chi se no?) resero facoltativa l'ora di religione si produssero i seguenti fenomeni: a) in classe il “non avvalente” (gli eufemismi woke da noi li aveva già inventati Pannella, da “diversamente abile” a “interruzione volontaria” sapete di che) era solo uno, il quale poteva essere Testimone di Geova o di famiglia ottusamente comunista; in ogni caso doveva avere una personalità atta a difendere tale difformità di fronte alle prevedibili prese in giro dei compagni; b) tutta la classe non si avvaleva, non per ateismo ma per il gusto giovanile di mettere in difficoltà la dirigenza, che doveva arrampicarsi sugli specchi per inventare qualcosa, visto che mettere i ragazzi in strada per un'ora non poteva; c) essendo che l'”ora di religione” era, di fatto, di “dibattito” su temi sociologici (i relativi insegnanti erano da un pezzo intimiditi a loro volta dall'egemonia “laica” e, per giunta, dovevano guardarsi anche dai colleghi, che li consideravano semplicemente intrusi), ed essendo tale “dibattito” per lo più banale, stantio e prono all'egemonia di cui si è detto, ecco l'”ora di noia” che molti decidevano di disertare.

Adesso applichiamo lo schema descritto all'"ora di educazione sessuale”. Un ragazzo - o un bambino - i cui genitori non consentono che assista a tale “lezione”, avrà la grinta necessaria a difendersi dal dileggio dei compagni? Oppure, chi gli vieta di farsi narrare, poi, quel che gli stessi hanno “imparato”? E se tutta una classe intera non si “avvale”, dove lo metti l'insegnante?

Mi si consenta un ricordo personale. Questa storia dell'"educazione sessuale” (in realtà, “istruzione”) è un'antica ossessione delle sinistre, che, non riuscendo a infilarla nelle scuole, cercavano, almeno, di introdurla di soppiatto in quelle “sperimentali” (altra genialata ministeriale anni Ottanta). Ricordo un preside che, imbarazzato, ci convocò per discuterne. L'inviperita insegnante di scienze pretese subito l'esclusione della collega di religione, che, secondo lei, non c'entrava nulla col tema. Appunto: hai voglia di chiamarla “educazione”, è “istruzione”, e non può essere altrimenti. Ricordo anche le sghignazzate tra i banchi al liceo quando l'insegnante di italiano, commentando La Divina Commedia, arrivava a “Taide la puttana” o al diavolo che “fe' del culìn trombetta”. Gli ci volevano dieci minuti buoni per riportare la calma. Non c'è bisogno di grande immaginazione per prevedere cosa può succedere alle spalle di un insegnante impegnato alla lavagna mentre spiega con grafici l'anatomia genitale e il suo uso. Un tempo, infatti, gli organi del basso ventre si chiamavano “genitali” e non “sessuali”. Da qui la denatalità, per forza di cose.

Dunque, se fossi stato io il ministro, di fronte all'ennesimo, estenuante, ossessivo assalto sinistro avrei detto: no. Punto e basta. “Educazione sessuale” è già di per sé una locuzione sbagliata, e il Paese in questo momento ha altri problemi. Questo avrei detto. Ma, come dice Manzoni, “il coraggio uno non può darselo”.



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