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LA SENTENZA

La poligamia sdoganata, conseguenza delle "nozze gay"

Un tribunale di New York si esprime per il riconoscimento della poligamia come parte dell’istituzione matrimoniale. A sette anni dal caso Obergefell v. Hodges (“nozze gay”), trovano conferma i timori dei giudici conservatori. È la logica conseguenza di basarsi sul desiderio e non sul diritto naturale. Così crollano gli argini anche contro la pedofilia.

Editoriali 19_10_2022

Quando, nel 2015, quattro giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti – che votò per abolire il divieto del cosiddetto matrimonio fra persone dello stesso sesso da parte di alcuni Stati – argomentarono che le opinioni della maggioranza (cinque giudici) avrebbero aperto alla poligamia, furono ridicolizzati. Con loro fu accusato di mistificazione il movimento americano che denunciava le possibili derive di un diritto fondato sul mero desiderio.

Oggi, a soli sette anni dalla sentenza Obergefell v. Hodges, un tribunale newyorchese, proprio sulla base delle argomentazioni dei giudici che si schierarono contro il “same-sex marriage”, ha emesso una sentenza favorevole al riconoscimento della poligamia come parte dell’istituzione matrimoniale: la sentenza apre «la porta alla considerazione di altri costrutti relazionali», ha scritto il giudice Karen May Bacdayan citando proprio un passaggio del dissenso scritto dal giudice della Corte Suprema John Roberts. «È forse arrivato il momento», ha proseguito Bacdayan. La quale ha fatto poi notare che se, come dice la Obergfell v. Hodges, il matrimonio è un diritto fondamentale necessario per realizzarsi, negarlo a qualsiasi persona voglia unirsi con un’altra persona sarebbe una discriminazione. Tradotto, se il matrimonio non è più anche un dovere - in cui uomo e donna si incontrano nella differenza, difendendo ed educando così all’accoglienza la prole, bisognosa della diversità fra i due sessi - chi vuole deve potersi sposare.

Pare sempre più chiaro che fondare il matrimonio su un sentimento, anziché sulla differenza sessuale, come già spiegò la minoranza dei giudici della Corte Suprema, ha creato un precedente favorevole alla legalizzazione dei matrimoni fra più di due persone, sebbene nel 2015 la maggioranza dei giudici rispose all’obiezione affermando che si tratta di due «situazioni diverse». Infatti, basta guardare la nuova definizione di matrimonio come una «società mista» nella quale «trovare altre libertà, come espressione, intimità e spiritualità» e in cui si incarnano «i più alti ideali di amore, fedeltà, devozione, sacrificio e famiglia», per capire che così non si può distinguere l’unione fra persone di sesso analogo da quella poligamica.

Pertanto, aggiungevano allora i giudici della minoranza, «gran parte dei ragionamenti della maggioranza in sostegno delle unioni omosessuali si possono applicare con la stessa logica alla pretesa di un diritto fondamentale alle unioni plurime. Anche se la maggioranza inserisce l’aggettivo "due" in vari passaggi della sentenza, non offre nessuna ragione per cui l’elemento di due persone come componenti del nucleo del matrimonio deve essere conservato, mentre l’elemento uomo-donna non deve». Questo per dire che una volta che viene introdotto nel diritto un principio contrario a quello della legge naturale non c’è limite o “paletto” giuridicamente sicuro: il giudice Samuel Alito aggiunse che uno Stato americano non avrebbe avuto argomenti per negare il matrimonio fra un uomo e due donne.

I media denigrarono appunto i giudici “conservatori”, ma oggi è evidente che, una volta che la realtà viene negata e ad un fatto si possono dare i nomi che si vogliono, tutto diventa possibile. Niente è più distinguibile. E, dove nulla è più differenziabile, la confusione e la violenza avanzano. A sottolinearlo è stata Katy Faust, cresciuta da due donne e privata della figura paterna: «Ogni nuova iterazione della famiglia moderna viola i diritti e il benessere dei bambini», ha detto al Washington Stand. «Il matrimonio tra persone dello stesso sesso – prosegue Faust – ha negato ai bambini una relazione con la madre o il padre. Il poliamore vuole che i bambini condividano gli spazi di vita con un insieme di adulti estranei e spesso mutevoli. Lungi dall’avere semplicemente più adulti che li amino, questa struttura familiare aumenta il rischio di abusi e abbandono e li priva della stabilità necessaria ad una vita prospera».

Ma soprattutto cosa potrà vietare il matrimonio fra adulti e bambini? Con quali argomenti giuridici si potrà negare la pedofilia? Si dirà: il consenso. Ma è ormai chiaro che basterà una campagna feroce come quella transessualista (che vede bambini piccolissimi richiedere gli ormoni per apparire del sesso opposto) a convincere i piccoli, sempre più disorientati dal web. Ci vuole, infatti, un nulla per manipolare un bambino. Il pericolo è stato segnalato da Tony Perkins, presidente del Family Research Council: «I media risero delle preoccupazioni del movimento conservatore» ma «se "amore" e "consenso" sono tutto ciò che definisce una relazione, allora i sostenitori dell’incesto, della pedofilia e del matrimonio di gruppo potranno seguire il copione Lgbt fino ad ottenerne la validità».

L’unico antidoto contro l’abuso e la violenza è l’accettazione della realtà per quella che è, con i suoi limiti e argini. E quindi di un diritto fondato sulla legge naturale piuttosto che sul desiderio e sulla mentalità mutevole della maggioranza. Un’esagerazione di cui beffarsi? Forse questa volta sarebbe più prudente cominciare ad interrogarsi anziché ridere. Prima che sia troppo tardi.