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PAPA EMERITO

Lettera di Benedetto XVI, la volontà di non capire

L'obiettivo della pubblicazione in un libro della lettera del Papa emerito sulla rinuncia non è per riaprire polemiche sopite: essa fa parte di un carteggio che è strumento di riflessione su un passaggio storico della Chiesa che deve essere approfondito.

Ecclesia 14_08_2025

Continuano a tenere banco le reazioni alla lettera dell’agosto 2014 di Benedetto XVI a monsignor Nicola Bux a proposito della rinuncia al Pontificato, contenuta nel libro Realtà e Utopia nella Chiesa, pubblicato dalla Bussola. Accanto a riflessioni serie e critiche motivate, circolano però anche informazioni false e distorsioni di discorsi o interventi decontestualizzati, che creano ulteriore confusione.

È bene dunque tornare a precisare da una parte il contesto in cui nasce la pubblicazione della lettera e il suo reale significato, e dall’altra un chiarimento necessario su un pezzo di intervista a monsignor Bux risalente al 2018 che viene fatto circolare per dimostrare una presunta contraddizione con quanto affermato oggi.

La prima questione che deve essere chiara – e che fa da sfondo a tutto il resto - è che non è in discussione la validità della rinuncia di Benedetto XVI e dell’elezione di Francesco. Soprattutto, e questa è la cosa più importante, nessun cardinale ha mai contestato l'una o l'altra: le eventuali critiche all’atto di papa Ratzinger e alle scelte di papa Bergoglio non hanno mai messo in discussione l’accettazione della decisione dell’uno e della legittimità dell’altro.

Da questo punto di vista la lettera del Papa emerito ora pubblicata, che risponde alle obiezioni e perplessità avanzate da prelati a lui vicini, chiude definitivamente la questione sulle intenzioni di Benedetto XVI riguardo alla pienezza della sua rinuncia e alla libertà con cui ha preso la decisione. Cioè esclude qualsiasi differenza tra munus e ministerium su cui si sono fondate le diverse tesi “benepapiste”, come le ha definite lo scrittore e apologeta americano Steven O’Reilly, o sedevacantiste di qualunque specie. Però è anche giusto dire che su rinuncia e libertà Benedetto XVI già si era espresso in diversi modi nel passato, per cui mente chi afferma che la pubblicazione di questa lettera anni fa, avrebbe evitato tante derive: basta vedere le reazioni di certi circoli oggi.

Proprio per questo è importante comprendere che l’obiettivo della pubblicazione non è riaprire un capitolo di polemiche che erano sopite, ma offrire uno strumento di riflessione su un passaggio storico della Chiesa che deve essere ancora approfondito. Stupisce quindi che ci siano dei sedicenti esperti che commentano la pubblicazione della lettera senza tenere conto che è parte di un carteggio più ampio (che evidentemente non hanno letto), che comprende la lettera a cui Benedetto XVI risponde e il commento successivo. Nella lettera consegnata al Papa emerito da monsignor Bux in occasione di una udienza, c’è un elenco di domande e perplessità sulle modalità della rinuncia e sull’istituzione del papato emerito; e nel commento alla lettera di Benedetto XVI si fanno emergere dei punti critici fino a sostenere - «con dolore» - che «la rinuncia di Benedetto XVI abbia arrecato un grave danno all’istituzione del papato».
È il carteggio nel suo insieme che va dunque letto e compreso.

Una obiezione a quanto detto è stata sollevata citando una intervista del 2018 sul blog di Aldo Maria Valli, nella quale monsignor Bux ha detto che «sarebbe più agevole esaminare e studiare (…) la questione relativa alla validità giuridica della rinuncia di papa Benedetto XVI». Frase che rimbalza di post in post per sostenere che pur avendo già da quattro anni in mano la lettera del Papa emerito, monsignor Bux poneva dubbi sulla validità della rinuncia di Benedetto XVI. In realtà si tratta di una citazione fuori contesto perché nella lunga intervista si parlava della questione del “Papa eretico”, tema che era stato sollevato da diverse parti a causa di alcuni pronunciamenti di papa Francesco. Bux spiegava, ripercorrendo anche la storia della Chiesa, tutte le difficoltà di una questione simile, sia nel definire esattamente l’eresia sia su chi abbia il potere di giudicare il Papa. La Prima Sede, diceva, non può essere giudicata da nessuno. 
Eventualmente solo i Papi successivi possono giudicare i predecessori.

Il riferimento alla rinuncia di Benedetto dunque si inserisce in questo discorso e va poi messo in relazione al polverone che aveva suscitato un intervento del segretario di papa Benedetto, monsignor Georg Gänswein, che durante la presentazione di un libro, aveva parlato di «pontificato allargato». Per questo Bux nella risposta a Valli fa riferimento all’idea di papato collegiale, che giudica contraria al «dettato evangelico». Bisogna poi dire che è stato lo stesso Gänswein anni dopo, nel suo libro Nient’altro che la verità (2023), a ritrattare quell’espressione: con questa, spiega, intendeva «sfumare» le parole di Benedetto XVI nell’ultima udienza generale del 27 febbraio 2013 quando disse che «la rinuncia all’esercizio attivo del ministero non revoca» l’accettazione del pontificato come un impegno «sempre e per sempre con il Signore». Tale espressione aveva infatti generato «una non voluta ambiguità», ma «devo riconoscere – ha scritto Gänswein – che la toppa fu peggiore del buco». Comunque, spiega ancora Gänswein, «il significato originario era semplicemente che lui non avrebbe più fatto il teologo o il professore, non sarebbe più tornato a quello che gli piaceva veramente».

È dunque in questo contesto che va compresa la frase “incriminata” di monsignor Bux, il quale peraltro proprio nel commento alla lettera di Benedetto XVI rimanda alla prefazione da lui scritta al libro di Federico  Michielan, Non era più lui, edito da Fede e Cultura, dove ha approfondito tutti questi aspetti.

Il libro “Realtà e Utopia nella Chiesa”, di Nicola Bux e Vito Palmiotti è al momento esaurito e in ristampa. Le ordinazioni verranno comunque prese in carico e le spedizioni riprenderanno alla fine di agosto, non appena pronta la ristampa.