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FRONTIERE TECNOLOGICHE

Intelligenza artificiale per i bambini. Gemini apre ai minori di 13 anni

Google apre Gemini, il suo programma di intelligenza artificiale, anche ai minori di 13 anni. Ma come cresceranno i bambini che avranno a che fare sin da subito con un software che imita l'uomo? Un esperimento sociale pericoloso. 

Educazione 16_05_2025
Gemini (La Presse)

In un'era digitale dove la tecnologia avanza più velocemente della nostra capacità di comprenderne le conseguenze, Google ha annunciato l'apertura del suo sistema di intelligenza artificiale Gemini ai bambini sotto i 13 anni. Una mossa che solleva profonde preoccupazioni sul benessere psicologico ed emotivo dei più giovani, già vulnerabili agli effetti dei social network.

Il gigante tecnologico permetterà l'accesso al suo sistema di intelligenza artificiale ai minori i cui genitori utilizzano Family Link, il servizio di controllo parentale dell'azienda. Per registrare un account per bambini, i genitori dovranno fornire dati personali come il nome e la data di nascita del figlio.

Gli esperti hanno definito questa decisione particolarmente rischiosa, considerando i crescenti timori sugli effetti che un uso eccessivo e non supervisionato di queste tecnologie potrebbe avere sulla salute mentale dei più piccoli. Un'analisi dell'UNICEF avverte che l'intelligenza artificiale generativa diventerà un elemento chiave delle esperienze digitali dei bambini, ma che le interazioni e i contenuti creati attraverso questa tecnologia possono rivelarsi pericolosi e fuorvianti.

Assistiamo a una corsa all'adozione tecnologica che ricorda in modo inquietante quanto avvenuto con i social media: piattaforme lanciate senza un'adeguata comprensione dei loro effetti a lungo termine sui giovani utenti, che hanno poi mostrato evidenti segni di dipendenza, ansia e depressione.

Uno studio dell'Università di Oxford, guidato dalla psicologa Karen Mansfield, evidenzia come i sistemi di AI progettati per imitare il comportamento umano potrebbero avere effetti negativi addirittura superiori a quelli associati ai social network. Le funzioni che emulano processi cognitivi o generano deepfake rischiano di compromettere gravemente il benessere psicologico di bambini e adolescenti.

Nonostante Google affermi di aver implementato protezioni specifiche per gli utenti più giovani, l'azienda stessa ammette i rischi, avvertendo che «Gemini può commettere errori» e suggerendo ai genitori di «aiutare i bambini a ragionare criticamente» su ciò che avviene nel chatbot. La società raccomanda anche di insegnare ai figli come verificare le risposte di Gemini e ricordare loro che «Gemini non è umano» e «di non inserire informazioni sensibili o personali».

I dati sull'uso dell'AI generativa tra i minori sono ancora scarsi, ma i primi studi mostrano una tendenza in crescita e poco regolamentata. Un sondaggio di Common Sense Media ha rilevato che il 58% dei ragazzi tra i 12 e i 18 anni negli Stati Uniti ha già utilizzato ChatGPT, quasi il doppio rispetto ai genitori intervistati, e la maggior parte degli adolescenti lo ha fatto all'insaputa di tutori e insegnanti.

Non stiamo forse ripetendo gli stessi errori del passato? Le grandi aziende tecnologiche sembrano più interessate alla conquista di nuove fasce di mercato che alla protezione di menti in crescita. Prima di introdurre tecnologie potenti e potenzialmente manipolative nella vita dei più giovani, non dovremmo forse attendere studi approfonditi e indipendenti sui loro effetti?

La storia dei social media ci ha insegnato che la dipendenza digitale non è un rischio teorico ma una realtà. Con l'intelligenza artificiale, che simula interazioni umane in modo sempre più convincente, il pericolo di patologizzare comportamenti disfunzionali potrebbe essere ancora maggiore. Il tempo di riflettere è questo, prima che un'intera generazione diventi cavia di un esperimento tecnologico dalle conseguenze imprevedibili.