Giovani schiavi di Internet e anziani esclusi, il quadro di Eurispes
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Molti anziani incontrano difficoltà nell’utilizzo di strumenti digitali essenziali per i diritti di cittadinanza. Di contro, molti giovani soffrono di iperconnessione. Così la Rete rischia di favorire la disumanizzazione. Ecco l’ultimo Rapporto Eurispes.

Nonostante i crescenti sforzi, nel pubblico e nel privato, per potenziare i processi di digitalizzazione di attività e funzioni, oltre sette milioni di italiani restano esclusi da Internet. Una fascia composta in larga parte da anziani, residenti in aree interne e rurali, cittadini con basso livello di istruzione o in condizioni economiche svantaggiate, continua a non avere accesso agli strumenti digitali. Solo il 43,5% degli anziani italiani usa regolarmente Internet e molti di loro incontrano difficoltà nell’utilizzare strumenti essenziali per l’accesso ai diritti, come lo Spid o la Carta d’identità elettronica (Cie). Questo divario si traduce in una vera e propria disuguaglianza nell’accesso alla cittadinanza, che esclude milioni di persone dalla piena partecipazione alla vita democratica, economica e culturale del Paese. Tale esclusione riflette un più ampio divario culturale, sociale e anagrafico che compromette l’effettiva realizzazione di una cittadinanza digitale inclusiva. È quanto emerge dall’ultimo Rapporto Eurispes sulla trasformazione digitale nel nostro Paese.
L’esclusione dalla Rete non è l’unico aspetto critico messo in luce dal Rapporto. Accanto a questa “assenza digitale” che colpisce una parte della popolazione, si afferma una presenza digitale pervasiva e, per certi versi, problematica, soprattutto tra i più giovani. Le nuove generazioni, cresciute in un contesto iperconnesso, vivono in una simbiosi costante con le tecnologie digitali, una relazione che da strumento si trasforma in habitat. Il tempo trascorso online, che ormai supera le sei ore giornaliere, di cui oltre due dedicate ai social, non è soltanto una questione di abitudine, ma una modalità identitaria, comunicativa e relazionale che incide profondamente sullo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale.
L’esposizione alla paura di essere tagliati fuori (Fomo, nell’acronimo inglese) è una realtà diffusa tra gli adolescenti italiani, con oltre il 70% che dichiara di provare ansia all’idea di non essere connessi o aggiornati. In parallelo, le capacità cognitive sono messe a dura prova da un sovraccarico informativo permanente, che favorisce la disattenzione cronica, la riduzione della soglia di attenzione e un generale senso di fatica mentale. Si assiste così a una progressiva disumanizzazione, dove la relazione con la tecnologia diventa totalizzante, e le esperienze umane perdono spessore, durata e profondità. Il rapporto tra tempo, identità e relazioni si ristruttura interamente secondo logiche digitali, dando vita a una nuova antropologia dell’iperconnessione.
L’educazione digitale, quando presente, è spesso affidata a iniziative sporadiche, senza un impianto sistemico in grado di costruire una vera alfabetizzazione critica. Anche la famiglia fatica a mantenere un ruolo educativo nel contesto digitale, con genitori spesso esclusi dai mondi relazionali dei figli e incapaci di intervenire nella loro formazione digitale. La pervasività delle tecnologie digitali ha anche trasformato il panorama pubblico, alimentando polarizzazione ideologica, disinformazione e manipolazione dell’opinione. Gli algoritmi che regolano l’accesso alle informazioni selezionano contenuti in base a preferenze e comportamenti pregressi, creando vere e proprie bolle di filtraggio (echo chambers) dove si rafforza il conformismo e si indebolisce il confronto. La qualità del dibattito pubblico si impoverisce, e con essa la coesione sociale e la fiducia nelle istituzioni democratiche. A questo si aggiungono le criticità legate alla sicurezza digitale e alla protezione dei dati personali, che minano la percezione di fiducia nella Rete e aumentano la vulnerabilità dei cittadini, spesso inconsapevoli dei rischi legati alla loro attività online.
In conclusione, il Rapporto Eurispes lancia un forte monito: la digitalizzazione non può essere considerata un processo meramente tecnico. È una trasformazione che investe in profondità la struttura antropologica, sociale, culturale e democratica della società italiana. Senza un investimento sistemico in educazione critica, coesione sociale e inclusione digitale, la Rete rischia di diventare un fattore di disuguaglianza, disumanizzazione e frammentazione.
Parlare di cittadinanza digitale senza costruire le condizioni infrastrutturali, culturali ed educative affinché essa possa realizzarsi significa porre le premesse per una società sempre più squilibrata e incapace di garantire a tutti i cittadini i diritti fondamentali.