Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Beata Vergine Maria del Monte Carmelo a cura di Ermes Dovico
DIRITTO E INFORMAZIONE

Il Garante bacchetta i media: “I giornalisti rispettino la privacy”

Ascolta la versione audio dell'articolo

La Relazione presentata ieri dal Garante della privacy rappresenta un monito netto su vari fronti. Pasquale Stanzione tira le orecchie anche ai giornalisti per il loro eccessivo voyeurismo nei casi di cronaca nera (come Garlasco).

Attualità 16_07_2025
Pasquale Stanzione

Evitare i sensazionalismi e raccontare la verità sostanziale dei fatti, rispettando il principio di essenzialità e tutelando il diritto alla privacy delle persone protagoniste dei fatti di cronaca. Di richiami come questo i giornalisti ne ricevono ciclicamente ma spesso non ne tengono conto e assecondano la curiosità morbosa del pubblico, solo per ragioni di share e per calcoli di piccolo cabotaggio. Il risultato è uno solo: la barbarie mediatica, che calpesta la riservatezza e gli altri diritti della personalità dei soggetti coinvolti nelle notizie.

Ieri, nella sua Relazione annuale presentata in Parlamento, il Presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, Pasquale Stanzione, è tornato sull’argomento e lo ha fatto con il suo consueto rigore, sottolineando il delicato rapporto tra giustizia e informazione e ribadendo che «giurisdizione e informazione sono due presidi essenziali della democrazia» e che raccontare la giustizia è «un’attività tanto importante quanto complessa» dove occorre coniugare «il diritto di informazione, la trasparenza dell’amministrazione della giustizia, il diritto di difesa, la privacy delle parti e dei terzi».

Nei giorni scorsi il Garante era intervenuto d’urgenza con un provvedimento di blocco nei confronti di un soggetto che stava rendendo disponibile online, a pagamento, un video contenente le immagini dell’autopsia di Chiara Poggi. L’Autorità, in un comunicato ufficiale, ha definito la vicenda una «lesione gravissima della dignità della vittima e dei suoi familiari» e ha avvertito i media e i siti web che l’eventuale diffusione delle immagini «risulterebbe illecita in quanto in contrasto con le regole deontologiche dei giornalisti e la normativa privacy». Il Garante ha invitato «chiunque entri nella disponibilità di tali immagini, compresi i mezzi di informazione, ad astenersi dalla loro diffusione che – anche in considerazione della violenza esercitata nei confronti della vittima – lederebbe in modo gravissimo la sua dignità e quella dei suoi familiari» e ha minacciato «l’adozione di ulteriori provvedimenti anche di carattere sanzionatorio». Nella sua Relazione annuale Stanzione ha definito questi eccessi come una forma di “accanimento informativo” che rischia di avvitare il caso Garlasco in una spirale di voyeurismo e spettacolarizzazione. Ha inoltre invitato gli organi d’informazione al rispetto del criterio di essenzialità dell’informazione che, tanto più in contesti drammatici, «costituisce l’unico argine al rischio di sensazionalismo in cui può degenerare la cronaca giudiziaria».

Il provvedimento del Garante appare come una risposta necessaria di fronte alle frequenti violazioni deontologiche commesse da testate cartacee, televisive e online nella riapertura del caso Garlasco: un voyeurismo sfrenato e un accanimento stucchevole sui particolari, senza indizi nuovi dopo 18 anni, sono sfociati in una “caccia alle streghe” che scredita il mondo dell’informazione e calpesta la dignità di Chiara Poggi e dei suoi familiari.

L’intervento dell’Autorità garante assume così natura provvidenziale, poiché ribadisce che la divulgazione di immagini autoptiche non rientra nel principio di essenzialità che dovrebbe guidare la selezione dei dettagli da divulgare, come previsto dall’articolo 8 del Codice deontologico dei giornalisti, che condanna qualsiasi lesione della dignità umana, in particolare nel caso di delitti efferati.

Nella Relazione il Garante si è concentrato anche su altri temi riguardanti l’impatto che l’incalzante trasformazione digitale sta avendo sulla tutela dei diritti fondamentali ed ha in particolare affrontato i rischi dell’intelligenza artificiale per i minori, evidenziando come le nuove tecnologie stiano modificando profondamente i rapporti affettivi dei giovani. Stanzione ha sottolineato che molti adolescenti instaurano un rapporto quasi “morboso” con i chatbot, sviluppando legami affettivi spinti da un tono spesso «eccessivamente lusinghiero, assolutorio, consolatorio», che trasforma il chatbot in un rifugio sicuro lontano dal giudizio altrui. Ha definito il fenomeno come un “loop dell’empatia” che rischia di generare dipendenza, di svalutare i rapporti umani percepiti come troppo complessi, e di favorire l’isolamento sociale.

Stanzione ha ricordato episodi emblematici: «Emergono domande rivolte a ChatGPT da una giovane poco prima della sua scomparsa, focalizzate sulla tossicità dell’amore e personali difficoltà relazionali; inoltre, negli Stati Uniti un procedimento in Florida indaga la responsabilità di un chatbot nel suicidio di un quattordicenne che aveva considerato l’intelligenza artificiale come una persona reale». Il Garante ha ammonito che tali sistemi, pur sviluppando intelligenza pratica (metis), non possiedono l’intelletto umano (nous) né la capacità di cogliere la fragilità psicologica di interlocutori vulnerabili. Ha ribadito che la risposta istituzionale non deve limitarsi all’innalzamento dei limiti di età per l’accesso alle piattaforme, ma puntare sul massimo rigore nell’age verification e su una comunione educativa tra istituzioni e comunità educanti, promuovendo la consapevolezza digitale tra i minori e preservando la loro identità individuale e la percezione corretta dell’altro.

Infine il Garante ha denunciato lo strapotere delle piattaforme digitali, sottolineando che «parte essenziale della strategia europea di governo del digitale è anche la regolazione dell’altrimenti illimitato potere privato delle piattaforme» e che altrimenti «si rischia di delegare la definizione delle libertà e l’esercizio della democrazia, ridisegnando una verticale del potere».

In sintesi, la Relazione presentata ieri dal Garante della privacy rappresenta un monito netto su vari fronti: il corretto equilibrio tra giustizia e informazione richiede etica professionale e bilanciamento tra libertà d’espressione e privacy; le nuove tecnologie devono essere governate con algoretica e limiti precisi, e la tutela dei minori e della dignità umana resta un imperativo imprescindibile sia nei vecchi che nei nuovi media, anche in termini di sfida educativa per le scuole e le famiglie.