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Libano

I vescovi maroniti libanesi chiedono il rimpatrio sicuro e dignitoso dei rifugiati siriani

Il presidente libanese Aoun parlando all’Onu ha detto che i rifugiati siriani ormai sono una seria minaccia per il suo paese. La Conferenza dei vescovi concorda e sollecita il loro rimpatrio

 

Migrazioni 03_10_2019

Il 2 ottobre la Conferenza dei vescovi maroniti libanesi, riunita nella sede patriarcale di Bkerké, ha espresso sostegno al presidente del Libano, Michel Aoun che, prendendo la parola durante la 74a Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha detto tra l’altro che i rifugiati siriani – pari a circa un quarto della popolazione autoctona – rappresentano una “seria minaccia” per il futuro del paese. Secondo i vescovi maroniti l’intervento del presidente Aoun ha ben evidenziato la gravità della crisi in atto e la necessità di trovare rapidamente delle soluzioni. Perciò si sono uniti al presidente per chiedere ai leader mondiali di contribuire al ritorno in patria “sicuro e dignitoso” dei rifugiati siriani. Al termine dei lavori la Conferenza ha diramato un comunicato in cui si dice che ormai, come confermano i rapporti internazionali, nella maggior parte delle province siriane esistono condizioni favorevoli per il loro rientro. “Le parole dei vescovi – commenta l’agenzia AsiaNews – sembrano dunque confermare una posizione diffusa tra i vertici politici e istituzionali a Beirut, ormai propensi ad accelerare la politica dei rimpatri”. I siriani rifugiati in Libano sono attualmente 924.161. Sono arrivati a essere fino a 1,5 milioni. Molti risulta siano tornati in Siria spontaneamente, ma nei mesi scorsi Amnesty International ha accusato le autorità libanesi di averne rimpatriati migliaia contro la loro volontà, violando la Convenzione di Ginevra sui rifugiati. Human Rights Watch inoltre sostiene che il governo libanese sta rendendo sempre più difficile la vita ai siriani rifugiati con l’intenzione di indurli ad andarsene. Ad esempio, lo scorso giugno è stata ordinata la demolizione delle abitazioni fatte in mattoni costruite dai rifugiati, mettendo in difficoltà 3.500-3.600 famiglie.