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Fiducia supplicans: sì dai vescovi (europei) del Nordafrica

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Via libera alle benedizioni di coppie gay e irregolari in Libia, Marocco, Tunisia ed Algeria (più il Sahara occidentale): appena dieci presuli, nessuno dei quali africano. Passano in sordina le crescenti voci contrarie, a partire dalla Slovacchia.

Ecclesia 20_01_2024
Wikimedia commons - Foto: Romanuspontifex

La posizione favorevole assunta dalla Conferenza episcopale della regione del Nordafrica (Cerna)  nei confronti di Fiducia supplicans (vedi qui) sembra essere una manna per i difensori ad oltranza della Dichiarazione, soprattutto dopo che i vescovi africani hanno bandito le “benedizioni pastorali” dal loro territorio. Un’esternazione “provvidenziale”, dunque, per cercare di smorzare almeno un po’ l’effetto “muro” suscitato dalla lettera del presidente del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar, il cardinale Fridolin Ambongo Besungu.

Ma i “vescovi del Nordafrica”, con tutto il rispetto, non sono che dieci presuli, a guida delle corrispettive circoscrizioni ecclesiastiche, che comprendono appena quattro stati (Libia, Marocco, Tunisia ed Algeria) e la zona del Sahara occidentale. Per un totale di poco più di ottantamila cattolici. L’aspetto più interessante è che questi vescovi sono praticamente tutti europei. Nessun africano.
L’arcivescovo di Algeri, mons. Jean-Paul Vesco, è un domenicano francese che, durante il Sinodo sulla Famiglia, si era distinto per la sua lotta a favore della Comunione ai divorziati risposati, affermando che la disciplina della Chiesa a riguardo non era che una «inutile violenza». Figuriamoci se non avrebbe cavalcato le benedizioni di FS.
L’amministratore apostolico del Vicariato di Benghazi, mons. Sandro Overend Rigillo, è maltese, come il vicario apostolico di Tripoli, George Bugeja; mons. John MacWilliam, vescovo di Laghouat ha un cognome che parla da solo. Anche cognome e nome dell’arcivescovo di Rabat, il salesiano mons. Christóbal López Romero (nella foto), non sembrano proprio di origine marocchina; è infatti nato in Spagna, come il vescovo di Tanger, Santiago Agrelo Martínez, e il prefetto apostolico del Sahara occidentale, Mario León Dorado. Francese il vescovo di Costantina, mons. Nicolas Lhernould, mentre è italiano mons. Ilario Antonazzi, arcivescovo di Tunisi.

In sostanza, i vescovi nordafricani… non sono africani, ma tutti europei. Un po’ come quei vescovi dell’Amazzonia, dal cognome tedesco, che tanto spingevano sul clero uxorato… Nessun razzismo al contrario, ci mancherebbe, ma la semplice constatazione che i vescovi veramente africani, non (ancora) sufficientemente raggiunti dal post-modernismo dei cattolici europei, sono realmente compatti nel vietare le benedizioni alle “coppie” omosessuali.

Non hanno trovato la stessa ospitalità mediatica dei vescovi del Cerna gli Orientamenti pastorali della Conferenza Episcopale della Slovacchia, per l’applicazione di FS, alla luce del Comunicato stampa del Dicastero per la Dottrina della Fede del 4 gennaio scorso. La Slovacchia comprende tre arcidiocesi e cinque diocesi di Rito romano, oltre ad una arcieparchia e due eparchie greco-cattoliche, per un totale di oltre 4 milioni di fedeli e circa 3 mila sacerdoti.
«Al fine di evitare equivoci nell'applicazione di questo documento, poiché “la benedizione richiede che ciò che viene benedetto sia conforme alla volontà di Dio espressa nell'insegnamento della Chiesa” (FS 9) – dicono i vescovi slovacchi –, diamo le seguenti indicazioni pastorali». Indicazioni che si riassumono nel fatto che le benedizioni si danno alle persone, non alle coppie, «per evitare anche solo l'impressione che si tratti di approvare, legalizzare o porre un'unione irreligiosa al livello del matrimonio sacramentale». Si dovrà altresì spiegare previamente alle coppie irregolari che vengono a richiedere una benedizione, che lo scopo di quest'ultima «è quello di chiedere pace, salute e altre cose buone, e allo stesso tempo la liberazione da tutto ciò che nella vita della persona è contrario al Vangelo».

La benedizione non dovrà essere né liturgica, né sacramentale – che cosa sia una benedizione non sacramentale non è dato saperlo –, né dovrà essere impartita in un edificio sacro; dovrà comunque essere breve e informale. Tuttavia, aggiunge il documento, «se il sacerdote non incontra la comprensione e l'accettazione da parte dei richiedenti del senso della benedizione di cui sopra, non conceda loro la benedizione, ma li includa pazientemente e paternamente nelle sue preghiere». Un’aggiunta importante, perché conferma che non c’è un obbligo assoluto da parte del sacerdote di impartire queste “benedizioni non sacramentali”, anche se date solamente alle persone, qualora appunto vengano scambiate per benedizione della relazione.

Per restare nel contesto slovacco, l’arcieparca emerito di Prešov, mons. Ján Babjak, uno dei tanti costretti a presentare le proprie dimissioni a papa Francesco, ha deciso di rompere gli argini. In riferimento a FS, ha affermato che «purtroppo vediamo che non solo il mondo non sta andando nella direzione giusta, ma dobbiamo ammettere che anche la Chiesa si sta allontanando dalle verità e dai principi immutabili di Dio. Meglio, solo alcuni nella Chiesa, laici, sacerdoti, vescovi, cardinali e ora anche il Papa stesso». Una decisione, quella contenuta nella Dichiarazione che «creerà molto caos e confusione (…) una grande divisione, una divisione dolorosa». «Ma sono fiducioso, ha concluso l’arcieparca, che la stragrande maggioranza dei vescovi rimarrà fedele agli insegnamenti ortodossi della Chiesa e che guiderà il popolo fedele di Dio in questa fedeltà».

Altri due vescovi hanno manifestato la loro contrarietà a FS. Il primo, nel cuore dell’America Latina. Si tratta di mons. Rafael Alfonso Escudero López-Brea, vescovo della Prelatura territoriale di Moyobamba, nel Perù settentrionale. «Il giorno della mia ordinazione episcopale ho giurato solennemente di “conservare il deposito della fede in purezza e integrità, secondo la tradizione sempre e ovunque osservata nella Chiesa fin dai tempi degli apostoli”. Per questo motivo, ammonisco i sacerdoti della Prelatura di Moyobamba a non effettuare alcuna forma di benedizione per le coppie in situazione irregolare o per le coppie dello stesso sesso». Questo il cuore del Messaggio pastorale alla sua diocesi, voluto da Escudero. Le benedizioni introdotte da papa Francesco e dal cardinal Fernández «contraddicono direttamente e gravemente la rivelazione divina e la dottrina e la pratica ininterrotta della Chiesa cattolica», ha concluso il vescovo.

Sulla stessa linea d’onda si colloca anche mons. Ratko Perić, vescovo emerito di Mostar-Duvno. Dopo una lunga presentazione del peccato di sodomia nelle Sacre Scritture e nella Tradizione della Chiesa, mons. Perić ha concluso auspicando che il Papa invalidi «sia la Dichiarazione del 18 dicembre 2023 che il Comunicato del 4 gennaio 2024, documenti dei quali si è dimostrato in modo convincente in queste ultime tre settimane – sia giuridicamente che liturgicamente, sia moralmente che dogmaticamente – a livello ecclesiastico globale che sono intrisi di imprecisione, ambiguità e contraddizione».



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