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A CENT’ANNI DAL PCI

Dall’oro di Stalin a Berlinguer, in un libro i segreti “rossi”

Per anni il Partito comunista sovietico foraggiò i partiti fratelli all’estero, soprattutto il Pci. E i servizi segreti sovietici riuscirono a piazzare «pedine importanti» nelle istituzioni italiane. Berlinguer e Sciascia, entrambi comunisti, si querelarono a vicenda per una presunta frase del primo sui brigatisti… Questo e altro nel libro “Berlinguer e il diavolo” di Francesco Bigazzi e Dario Fertilio.

Cultura 10_02_2021

Nel 2001 la rete televisiva russa Ntv trasmise un’inchiesta in quattro puntate condotte dal famoso anchorman Venjamin Smechov. Titolo: «Dov’è l’oro del Pcus?». Il Partito comunista sovietico aveva foraggiato i partiti fratelli all’estero, soprattutto il più grosso, il Pci italiano: nell’arco di trent’anni «più di mezzo miliardi dollari» e «solo per gli investimenti diretti».

Nel 1992, sotto la presidenza Eltsin, il nuovo governo della Federazione russa aveva incaricato nientemeno che l’americana Kroll Associates, specializzata nel recupero crediti internazionale, per almeno sapere cosa fosse rimasto di tutto quel denaro. Ma anche questa operazione era sospetta, perciò il procuratore generale Valentin Stepankov chiese la collaborazione del nostro Giovanni Falcone. Pare che la Kroll abbia svolto diligentemente il suo lavoro e consegnato all’alto funzionario Egor Gajdar ben sei volumi di documenti. Ma a quel punto l’inchiesta fu subito chiusa, i volumi sparirono e Gajdar morì.

Tutto questo si può leggere nel libro di Francesco Bigazzi e Dario Fertilio, Berlinguer e il diavolo. Dall’oro di Stalin al petrolio di Gorbacëv, i grandi segreti di Botteghe Oscure (Paesi Edizioni, pp. 144, €. 14). Che però parla soprattutto di Enrico Berlinguer, l’ultimo leader del Pci prima che cambiasse nome. Morto “in trincea” durante un comizio a Padova l’11 giugno 1984. Il libro può far riflettere anche sul presente e l’attuale caso Navalny. Quest’ultimo ha costruito la sua carriera proprio sulla lotta alla corruzione. Che indubbiamente c’è. Ma un regime che per settant’anni ha cercato di convincere tutti, e con le cattive, che Dio non esiste e che la vita terrena è tutto, cos’altro poteva aver generato? La corruzione nello spaventoso apparato burocratico sovietico era endemica, e all’ora del si-salvi-chi-può si è scatenata la corsa all’oro.

Di più: avendo sistematicamente eliminato i potenziali macchinisti per settant’anni, adesso gli unici a sapere pilotare il treno sono i soliti. Ciò fa meraviglia? Sì, ma solo ai giovani (tali sono i seguaci di Navalny) che non hanno visto com’era prima. E Putin che dovrebbe fare? Darla vinta alla sinistra americana che, in quanto a giacobinismo ateo, non ha niente da invidiare ai marxisti? Infatti, quando Trump si è dimostrato accomodante, ecco il primo impeachment: «manovrato dai russi». E Trump ha dovuto fare retromarcia. Quando Berlusconi provò, a Pratica di Mare, a introdurre la Federazione Russa nella Nato, gli americani dissero «niet», e circondarono Putin di basi Nato. Ora, fanno fuoco e fiamme affinché la Merkel stracci il contratto sul gas russo, così che la Germania, che ha solo carbone e pure un grosso partito verde, sia costretta a comprare lo shale gas da loro. Trump stava riducendo di molto i militari americani in Germania, la coppia Biden-Harris ce li ha rimessi tutti.

Una navalnata l’abbiamo già vista con l’Ucraina, ora la vediamo in azione direttamente a San Pietroburgo. I padroni della propaganda mondiale sono stati capaci di far cadere un presidente sgradito, figurarsi se avranno problemi adesso. Da noi? Ecco qua: Togliatti, in Parlamento, «alla notizia della morte di Stalin, ha pronunciato un discorso così intenso che gli è stata tributata poi la sospensione di un’ora della seduta». Ed era il Parlamento in cui la Dc aveva la maggioranza assoluta. Figurarsi ora che gli italiani si sono fatti scippare anche il diritto di voto, e da dieci anni sono commissariati. Ma è quel che succede a perdere le guerre. «Il breve periodo di partecipazione comunista al governo, negli anni Quaranta, aveva consentito ai servizi segreti sovietici di piazzare pedine importanti all’interno delle istituzioni, delle università, dei media». Basti pensare che la «consigliera diplomatica del presidente Giovanni Gronchi» era, nome in codice, «Suza».

Berlinguer? Con lo scrittore Leonardo Sciascia, pur comunista, finì in querele reciproche a proposito del caso Moro: «Secondo Sciascia, infatti, Berlinguer aveva ammesso in privato - lui presente insieme con il pittore Renato Guttuso - le responsabilità della Cecoslovacchia nell’addestramento dei brigatisti». Guttuso, comunista anche lui, «aveva negato tutto schierandosi dalla parte di Berlinguer». Divertitevi a leggere il resto nel libro.