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Viva Iva, aquila solitaria che stacca le false cornacchie

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La sola a dire che quella delle Kessler è «una tragedia perché la vita è sacra»; l'unica ad ammettere di essersi confessata per una copertina di Playboy: menzione d'onore a Iva Zanicchi, che è come le nonne del nostro Appennino, fisse sulla realtà e sul sacro della vita senza pretendere di insegnarci ipocritamente a stare al mondo.

Editoriali 19_11_2025

Menzione speciale a Iva Zanicchi che nel profluvio di ipocrisie pronunciate dal mondo dello spettacolo nel commentare la doppia eutanasia delle gemelle Kessler ha avuto il coraggio di dire l’unica parola di verità possibile: «Questa è una tragedia, la vita è sacra». Il coraggio o l’ardire, fate voi, oppure la sfrontatezza visto che nessuno ha osato ricordare che nella scelta delle due soubrette tedesche adottate dall’Italia non c’è nulla di quella libertà né di quel rispetto truccato con il quale si è cercato di coprire il sepolcro imbiancato dell’abisso.

Ma quale rispetto? Si può stendere un velo di umana pietas, ma non si può rispettare ciò che è profondamente ingiusto come il darsi la morte e il passarsela come se fosse un testimone olimpico.

C’è chi come Umberto Orsini, che di Ellen fu fidanzato, il quale, facendo torto al suo immenso talento, non ha saputo fare altro che spiaccicare un tristanzuolo «alla fine se ne sono andate come volevano loro due, e questa è l’unico sollievo di questa dolorosa notizia». Sai che sollievo. E chi, come Enrico Mentana, che ne ha approfittato subito per rilanciare la necessità di una legge sul suicidio assistito: «Ma come si può non capire la necessità, prima ancora che il diritto, di due donne che hanno vissuto in simbiosi totale dal primo secondo della loro vita lungo 89 anni di non sopravvivere l’una all’altra?».

Uno sciacallaggio in buona compagnia, se si pensa che nell’edizione di ieri, con tutto il carico di guerre che abbiamo nel mondo, il Corriere ha dedicato 10 pagine a raccontare l’epopea delle spilungone teutoniche infilandoci qua e là quei riferimenti per dire che una legge ci vuole. E così tutti gli altri giornali, salvo qualche rara eccezione, hanno semplicemente preso la notizia come un fatto ineluttabile e ordinario, sfruttandola per motivi politici: erano gemelle, che cosa c’era di più normale che morire e darsi la morte insieme? Balle, forse che tutti i gemelli che la genetica ha messo al mondo ora dovranno sentirsi in dovere di percorrere questa strada che porta al nulla?

E così, tra un «rispetto la loro scelta» e un «hanno dato ancora una volta una prova di libertà» pronunciati nella confusione totale dei Michele Serra, delle Mare Venier, delle Rita Pavone dei Cristiano Malgioglio che «non vuole giudicare» e di tutto quel che resta di un mondo dello spettacolo e della cultura sterile e nichilista, grottesco e povero, alla fine si erge per distacco lei, l’Aquila di Ligonchio, che con una sola parola, anzi due, ha messo a sedere tutte le false cornacchie del mito dell’autodeterminazione.

Prima ricordando che quella delle sorelle è stata una tragedia della solitudine di cui avere compassione e poi allargando le braccia dicendo che però la vita è sacra, è un dono prezioso e va vissuta fino all’ultimo istante. Parole semplici, desuete, così fuori moda, ma parole vere, senza condanna ma che giudicano eccome. Giudicano la realtà, non le persone, ma i fatti sì.

Le uniche in grado di risvegliare il camposanto disseminato di lustrini di un mondo che non sa guardare in faccia la morte. Hanno rifiutato la vita, hanno eretto a “idolo” grottesco il loro essere gemelle quasi simbiotiche, annullando nella decisione finale l’unica cosa di cui ognuna poteva disporre in maniera autonoma rispetto all’altra: la propria persona e la propria anima.

Così Iva, sarà per la sua età avanzata che non concede più tempo né spazio al conformismo e al politicamente corretto, sarà per il suo essere una “arsàna da la testa quèdra” (“una reggiana dalla testa quadrata”, epico sfottò dei modenesi che noi però abbiamo fatto motivo di vanto per concretezza, lucidità e semplicità) l’ha detta terra terra, richiamando la sacralità della vita che oggi si vuole negare, calpestare, umiliare nella vorticosa gragnuola propagandista di nuovi diritti, di egoismi assolutistici, di volontà di potenza scambiata per autodeterminazione.

Ha parlato come una nonna, come una persona di buon senso, di quelle che ancora si trovano sull’Appennino dove la Zanicchi ha preso il volo, magari alle prese con la torta di riso e il castagnaccio, piatti semplici, piatti della terra, senza fronzoli né ambizioni di insegnare a nessuno il mondo. Ma sapendolo guardare in faccia.

Come del resto aveva fatto non più tardi di due settimane fa da Francesca Fagnani a Belve, dove, ricordando la copertina di Playboy che la ritraeva senza veli, ha avuto l’umiltà di dirsene pentita e di essersi confessata per questo. Parlare del peccato di aver dato scandalo, che schiaffo in prima serata! Uno schiaffo di fronte al quale anche la Fagnani, che gli intervistati li sa torchiare come un mulino da grano, non ha potuto fare altro che passare alla domanda seguente, non riuscendo a contrastare con le armi seduttive delle luci di scena, la potenza di un essere umano che si pone di fronte a Dio con i suoi errori. Muta.

Come tutti i nani che di fronte a due donne ricche e famose, che furono belle e osannate, le quali hanno deciso di buttare via quel che resta dei loro ultimi giorni miseri, non hanno saputo far altro che applaudire sgomenti. Fino a che non è comparsa sulla scena la bambina della favola di Andersen, che ci ha ricordato con due parole che il re dei nuovi diritti è nudo. Miseramente nudo.



Avevano 89 anni

Kessler, gemellaggio eutanasico con la morte

Le famose gemelle Kessler si sono suicidate nella loro abitazione a Monaco di Baviera. Avevano stretto un gemellaggio con la morte. Il sospetto che non fossero più capaci di uscire da quel ruolo che così tanta fortuna portò loro. Quasi una gabbia.