Usa in guerra contro l'Iran, dubbi su risultati e scopi
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Toni trionfalistici da parte di Trump e Netanyahu dopo i raid americani sui siti nucleari iraniani, ma ci sono forti dubbi sui risultati reali ottenuti: l'uranio arricchito potrebbe essere stato trasferito in altro luogo segreto. E ci sono indiscrezioni sui contatti diplomatici tra Usa e Iran prima dell'attacco.
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Una dozzina di bombe anti-bunker sganciate dai 6 bombardieri B-2 Spirit decollati ieri dal Missouri contro il sito iraniano di arricchimento dell'uranio di Fordow mentre un paio di sottomarini statunitensi hanno lanciato circa 30 missili da crociera Tomahawk contro i siti di Isfahan e Natanz.
L'Operazione Midnight Hammer (Martello di Mezzanotte), come l'ha battezzata il Pentagono, è stata definita un successo dal Segretario alla Difesa Pete Hegseth per il quale i bombardamenti hanno «devastato» il programma nucleare iraniano senza prendere di mira civili o militari iraniani.
Il portavoce militare israeliano afferma che l'attacco statunitense contro le infrastrutture nucleari iraniane è stato coordinato con le forze armate israeliane. Il presidente americano Donald Trump ha confermato che le forze armate statunitensi hanno colpito tre siti nucleari in Iran - Fordow, Isfahan e Natanz - unendosi formalmente all'offensiva aerea israeliana. La decisione statunitense giunge dopo dieci giorni di bombardamenti israeliani sull’Iran che risponde con attacchi di missili balistici e droni
Con un post su Truth, il presidente ha annunciato che «tutti gli aerei sono ora fuori dallo spazio aereo iraniano e stanno rientrando sani e salvi. Congratulazioni ai nostri grandi guerrieri americani» che hanno fatto quello «che nessun altro al mondo avrebbe potuto fare». Poi il monito: «È l'ora della pace. Questo è un momento storico per gli Stati Uniti d'America, Israele e il mondo».
Parlando alla nazione dalla Casa Bianca, Trump ha assicurato che «i siti nucleari chiave iraniani sono stati completamente e totalmente distrutti» con «massicci attacchi di precisione» in quello che ha definito «uno spettacolare successo militare» che «mette fine alla minaccia nucleare rappresentata da un Paese che è il principale sponsor globale del terrorismo».
Quindi ha lanciato un nuovo ultimatum a Teheran, affermando che il futuro dell'Iran è «pace o tragedia» e che «ci sono molti altri obiettivi che possono essere colpiti dalle forze statunitensi. Se la pace non arriva rapidamente, attaccheremo quegli altri obiettivi con precisione, velocità e abilità», ha minacciato.
Di fatto Trump minaccia l’Iran se non dovesse tornare a negoziare sul programma nucleare ma Teheran stava negoziando con gli Stati Uniti quando è iniziato l'attacco israeliano il 12 giugno e nel 2015 aveva già raggiunto un accordo con ONU e comunità internazionale circa il suo programma nucleare, accordo che proprio Trump denunciò nel 2018 su pressioni israeliane.
Poi ancora su Truth ha avvisato che «qualsiasi ritorsione dell'Iran contro gli Stati Uniti sarà contrastata con una forza molto superiore a quella di questa sera». Il presidente ha detto anche di aver fatto un «lavoro di squadra» con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che in un videomessaggio si è congratulato per una «decisione coraggiosa che cambierà la storia».
Il vicepresidente statunitense James David Vance in un'intervista a NBC News ha affermato che «sono molto fiducioso che abbiamo ritardato sostanzialmente lo sviluppo di un'arma nucleare, e questo era l'obiettivo di questo attacco».
«Penso che il mondo oggi sia più sicuro e più stabile di quanto non fosse 24 ore fa» ha affermato il segretario di Stato statunitense Marco Rubio a Fox News. Respingendo i timori che l'azione potesse scatenare un conflitto più ampio, Rubio ha accusato l'Iran di aver intrapreso «negoziati fasulli» prima dei raid nel tentativo di «giocare» con il presidente Donald Trump, avvertendo Teheran che rischia ulteriori rappresaglie se continua a mandare avanti un programma nucleare in segreto.
Restano però molti dubbi sull’esito e sul reale scopo di questo attacco. Le bombe GBU-57 fanno esplodere 2 tonnellate di esplosivo a 60 metri di profondità, forse non abbastanza per raggiungere i bunker di Fodrow, a 90 metri di profondità secondo alcune fonti. Le immagini satellitari mostrano sei crateri ma non l'entità dei danni alla struttura sotterranea. Una fonte iraniana di alto livello ha riferito all'agenzia Reuters che la maggior parte dell'uranio altamente arricchito presente nel sito iraniano di Fordow era stata trasferita in una località segreta prima dell'attacco statunitense della scorsa notte.
«Nessuno saprà per giorni» se Teheran abbia spostato parte del suo materiale nucleare prima degli attacchi americani sui siti iraniani, ha ammesso il segretario di Stato americano Marco Rubio in un'intervista a CBS News.
Secondo CBS News, il giorno prima dell’attacco gli Stati Uniti avrebbero contattato diplomaticamente l'Iran per assicurare che gli attacchi non avrebbero mirato ad un cambio di regime ma solo a colpire i siti atomici. Questo spiegherebbe anche il motivo per cui l’Iran non ha ammesso vittime negli attacchi americani.
L'Iran ha minimizzato le conseguenze degli attacchi americani ai propri impianti nucleari. Mohammad Manan Raisi, un parlamentare di Qom, vicino a Fordow, ha dichiarato all'agenzia di stampa semiufficiale Fars che l'impianto non ha subito gravi danni. L'Organizzazione per l'energia atomica dell'Iran ha affermato che non c'erano segni di contaminazione dopo gli attacchi e che non c'era alcun pericolo per i residenti nelle vicinanze.
La tv statale di Teheran ha affermato che l'Iran aveva evacuato i tre siti nucleari qualche tempo fa, le riserve di uranio arricchito sono state trasferite e non sono rimasti materiali che, se presi di mira, potrebbero causare radiazioni.
Anche l'AIEA, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, in una prima valutazione ha fatto sapere che «nessun aumento dei livelli di radiazioni è stato segnalato» dopo l'attacco, come conferma anche la Commissione di regolamentazione nucleare e radiologica dell’Arabia Saudita per la quale «non sono stati rilevati effetti radioattivi sull'ambiente del Regno e degli Stati arabi del Golfo a seguito dell'attacco militare americano alle strutture nucleari iraniane»,
Possibile quindi che l’uranio arricchito sia stato trasferito precedentemente all’attacco e che l’Iran fosse informato dei raid imminenti. Probabile che in questa operazione siano stati coinvolti i russi che hanno propri tecnici nella centrale iraniana di Busher e hanno avuto sempre piena consapevolezza del programma nucleare iraniano.
Eppure, nonostante i numerosi dubbi, anche il premier israeliano ha celebrato i raid statunitensi come risolutivi. Benjamin Netanyahu ha parlato di un attacco «coraggioso» e senza sconti che imprime una «svolta storica». Toni enfatici e celebrativi di una sconfitta dell’Iran e di un annientamento del suo programma atomico tutti ancora da confermare.
L’esultanza di Trump e poi anche di Netanyahu subito dopo i raid aerei e missilistici e prima che potesse essere eseguita una valutazione precisa dei danni inflitti ai bunker del programma atomico iraniano, lascia supporre che si sia trattato di una “ammuina”.
Gli attacchi statunitensi con bombe e missili non hanno coinvolto le basi USA nel Golfo Persico e in Medio Oriente (né quelle in Italia) che ospitano 40 mila militari americani e sono situate in nazioni arabe che hanno tutte giudicato negativamente l’attacco di Washington. I pasdaran hanno minacciato di colpire tali basi ma finora l’unica reazione militare iraniana ha riguardato nuovi lanci di missili balistici che hanno colpito con successo Israele.
L'Iran ha risposto con missili e droni contro Israele ma se non vi saranno attacchi iraniani a navi e basi statunitensi nella regione del Golfo Persico sarà ancora più evidente che i raid statunitensi della notte scorsa hanno costituito una via d’uscita dal conflitto non una escalation. Se sarà così lo si vedrà nei prossimi giorni ma si fa strada l’ipotesi che il raid americano fosse necessario per salvare la faccia.
Innanzitutto quella di Netanyahu, poiché Israele non ha più molta autonomia né finanziaria né in termini di difese anti missile per contrastare i missili balistici iraniani. Il premier israeliano ha aperto un nuovo fronte contro l’Iran senza aver vinto in nessuno degli altri 5 fronti aperti, con l’obiettivo di coinvolgere gli USA nel conflitto. Trump potrebbe non aver gradito e sembra invece volerlo aiutare a uscire dignitosamente dal conflitto.
Lo si può cogliere dalle dichiarazioni del premier israeliano. «Ricorderete che, fin dall'inizio vi avevo promesso che gli impianti nucleari iraniani sarebbero stati distrutti in un modo o nell'altro. Quella promessa è stata mantenuta».
Se circa la distruzione degli impianti iraniani non c’è in realtà nessuna certezza, in compenso è molto chiaro che Netanyahu aveva un disperato bisogno di annunciare una vittoria per conservare il posto alla guida del governo. In cambio, da oggi il premier dello Stato ebraico dovrà probabilmente essere molto più accondiscendente con Trump.
Poiché tutti hanno una faccia sa salvare, è possibile che ci siano presto risposte iraniane altrettanto simboliche contro interessi statunitensi. In termini strategici però l’attacco americano ai siti atomici ha creato un precedente che lascerà il segno e dimostra pienamente all’Iran, come a tutte le nazioni del mondo e soprattutto a quelle nel mirino degli Stati Uniti e Israele, che per garantirsi sovranità e indipendenza e scongiurare il rischio di subire attacchi dall’esterno occorre necessariamente dotarsi di un deterrente nucleare indipendente.
Lo ha ben evidenziato il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, per il quale i raid statunitensi contro l'Iran non hanno avuto un impatto significativo sulla capacità nucleare del Paese e Teheran continuerà il proprio programma atomico.