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ONU

Un summit mondiale poco umanitario ma molto inutile

Oggi e domani si svolge a Istanbul il primo Vertice umanitario mondiale, organizzato dalle Nazioni Unite. All’evento partecipano più di 6.000 persone: funzionari, rappresentanti di enti umanitari, ong e forse una cinquantina di capi di Stato e di governo. Ma servirà davvero a migliore le sorti dell’umanità?

Esteri 23_05_2016
A Istambul il primo Vertice umanitario mondiale

Oggi e domani si svolge a Istanbul il primo Vertice umanitario mondiale, organizzato dalle Nazioni Unite. A proporlo nel gennaio del 2012 era stato il Segretario generale Ban Ki-moon. Da allora sono iniziati i preparativi che hanno coinvolto oltre 23.000 persone in 153 Stati. «Il mondo assiste al più alto livello di sofferenza umana dalla seconda guerra mondiale», si legge sul sito web del summit, «ecco perché, per la prima volta nei 70 anni delle Nazioni Unite, il Segretario generale Ban Ki-moon ha convocato il Vertice umanitario mondiale di Istanbul».

All’evento partecipano più di 6.000 persone: funzionari, rappresentanti di imprese, enti umanitari e organizzazioni civili, giovani e forse una cinquantina di capi di stato e di governo. Sono previste sessioni plenarie, tavole rotonde, sessioni interattive e briefing speciali durante i quali i leader politici saranno invitati a dichiarare il loro impegno in favore delle vittime di disastri ambientali e di conflitti. Il summit ha tre obiettivi primari: ispirare e rafforzare l’impegno nei confronti dell’umanità e dell’universalità dei principi umanitari; avviare un insieme di azioni e impegni concreti volti a rendere gli stati e le comunità più capaci di affrontare le crisi e reagire ad esse; condividere le pratiche migliori in grado di salvare vite umane in tutto il mondo; porre le vittime delle crisi al centro dell’azione umanitaria e alleviarne le sofferenze. 

Per raggiungere questi tre obiettivi il Vertice propone la realizzazione di cinque impegni fondamentali: creare una leadership mondiale per prevenire e mettere fine ai conflitti; sostenere le norme che tutelano l’umanità; garantire che nessuno venga lasciato indietro; passare dalla distribuzione di aiuti alla fine dei bisogni; investire nell’umanità. Il sito web dell’evento illustra e spiega i cinque impegni in sostanza dicendo che i leader politici devono comportarsi meglio, mettere da parte le divisioni e investire nella pace; che il diritto umanitario internazionale e i diritti umani vanno rispettati, che gli Stati devono vigilare affinché ciò avvenga, che i trasgressori devono essere puniti; che tutti devono essere protetti e i leader mondiali devono in particolare dimezzare i profughi e predisporre per loro dei solidi piani di protezione; che le crisi vanno previste per essere pronti a intervenire allorché si verificano riducendo i rischi per chi le subisce.

E last but not least, ultimo ma non per importanza, che bisogna aumentare i finanziamenti, usare il denaro in modo più creativo e flessibile, ad esempio – perché è questo che l’Onu ha in mente – istituendo un fondo globale permanente in cui far confluire i contributi finanziari invece di usarli per sostenere singoli progetti, fondo amministrato dal Palazzo di Vetro che ne potrà disporre per realizzare obiettivi collettivi. È a dir poco sconcertante che ci siano voluti quattro anni e decine di migliaia di persone interpellate e coinvolte per arrivare a formulare obiettivi e impegni tanto ovvi e al tempo stesso vaghi e lo è ancor di più il fatto che adesso 6.000 persone ne discutano per due giorni per poi firmare un documento del tutto generico. Eppure, alla fine gli organizzatori dirameranno un comunicato in cui proclameranno, come ormai succede dopo qualsiasi evento Onu, che quello appena terminato è stato un summit di portata storica, una svolta decisiva per l’umanità.

Ma al Vertice non partecipano i leader responsabili delle più gravi crisi umanitarie: Omar al Bashir, ad esempio, presidente del Sudan, assente anche perché pende su di lui un mandato d’arresto emesso dalla Corte penale internazionale che lo accusa di crimini di guerra, contro l’umanità e genocidio. Mancano inoltre a Istanbul i leader del G7, ad eccezione del cancelliere tedesco Angela Merkel. Il presidente russo Vladimir Putin non solo è rimasto a casa, ma ha voluto precisare che gli stati membri dell’Onu non saranno tenuti a condividere gli impegni approvati dal summit. Il portavoce del ministro degli Esteri russo ha spiegato: «la Russia in diverse occasioni ha presentato delle proposte e delle obiezioni agli organizzatori, ma loro le hanno del tutto ignorate». 

Putin non è l’unico a criticare l’iniziativa. Spicca tra le altre la dura presa di posizione di "Medici senza frontiere" che ha definito il vertice una «foglia di fico delle buone intenzioni». Nella dichiarazione rilasciata dall’ong si legge: «mentre assistiamo ogni giorno a terribili violazioni del diritto umanitario internazionale e dei diritti dei rifugiati, ai partecipanti al Vertice sarà chiesto di sottoscrivere dei vaghi impegni di “sostegno delle norme” e “fine dei bisogni”, una foglia di fico che permetterà di continuare a ignorare quelle violazioni sistematiche, soprattutto da parte degli Stati». 

Drastica è anche la critica del think tank statunitense Centre for American Progress che ha previsto il fallimento del summit, organizzato «come un festoso, gigantesco raduno durante il quale governi, società civile, organizzazioni umanitarie e privati dovrebbero tutti insieme raggiungere un accordo in un qualche modo organico e spontaneo».