Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sant’Angelo di Sicilia a cura di Ermes Dovico
GUERRA

Ucraina-Russia, il cessate-il-fuoco si allontana

Ascolta la versione audio dell'articolo

Situazione diplomatica in stallo tra Mosca e Kiev, gli Stati Uniti fanno un passo indietro come negoziatori. Intanto sul campo di battaglia le truppe russe continuano la lenta avanzata e mettono Odessa nel mirino.

Esteri 05_05_2025

Schermaglie, minacce reciproche e provocazioni tra russi ed ucraini sembrano indicare scarse possibilità di successo per i negoziati varati da Donald Trump e che secondo diverse fonti dell’amministrazione statunitense potrebbero vedere presto la Casa Bianca disimpegnarsi in assenza di segnali positivi dai belligeranti.
«Siamo certamente ancora impegnati e aiuteremo e faremo il possibile. Ma non voleremo in giro per il mondo alla minima occasione per mediare incontri: questo sta ora alle due parti, ora è il momento che presentino e sviluppino idee concrete su come porre fine a questo conflitto. Spetterà a loro», ha detto il 2 maggio Tammy Bruce, portavoce del dipartimento di Stato. E lo stesso giorno il vicepresidente statunitense J.D. Vance ha affermato in un'intervista rilasciata a Fox News che la guerra in Ucraina «non finirà tanto presto».

Lo scetticismo di Washington è determinato dalla constatazione che Kiev continua a chiedere ai russi il cessate il fuoco incondizionato per un mese mentre Mosca chiede agli ucraini di accettare precise condizioni riassunte a fine aprile dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov in un’intervista al quotidiano brasiliano O Globo. Innanzitutto la smilitarizzazione e denazificazione (cioè un cambio di leadership) dell’Ucraina, la rinuncia all’adesione alla NATO, il riconoscimento internazionale dell’annessione della Crimea, Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia, poi la revoca delle sanzioni nei confronti della Russia con la restituzione dei beni congelati e infine la cancellazione delle leggi che in Ucraina discriminano l’uso della «lingua, cultura e Chiesa russa».

La Russia si aspetta dall'Ucraina, durante il cessate il fuoco proclamato dichiarato da Mosca per l’8/10 maggio e respinto da Kiev, non dichiarazioni ambigue, ma azioni definitive verso la de-escalation, come ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. «La reazione delle autorità ucraine all'iniziativa russa di introdurre un cessate il fuoco è una prova della preparazione dell'Ucraina alla pace. Naturalmente, attenderemo dichiarazioni definitive, piuttosto che ambigue, e, cosa più importante, azioni volte a ridurre l'escalation del conflitto durante le festività» per le celebrazioni dell’80* anniversario della sconfitta del nazismo.

«Siamo pronti a passare a un cessate il fuoco il prima possibile, anche a partire da oggi, se la Russia è pronta a fare altrettanto. Un silenzio prolungato per almeno 30 giorni, questo è un periodo di tempo onesto in cui possiamo preparare i prossimi passi. La Russia deve fermare la guerra, fermare gli attacchi, fermare i bombardamenti», ha dichiarato dal canto suo il presidente dell'Ucraina Volodymy Zelensky, annunciando che «stiamo preparando i nostri pacchetti di sanzioni, in particolare contro entità in paesi terzi che purtroppo aiutano la Russia ad aggirare alcune sanzioni. E continuiamo a rafforzare la nostra difesa: ci aspettiamo presto significativi pacchetti di difesa per l'Ucraina e decisioni su un'ulteriore cooperazione, sia durante la guerra con Paesi chiave che dopo la guerra. Stiamo gettando solide basi per la ricostruzione».

Zelensky dunque non accetta né condizioni politiche né cessioni territoriali, e anzi rilancia minacciando addirittura di colpire Mosca durante la Parata della Vittoria che il 9 maggio vedrà una ventina di leader internazionali partecipare alle celebrazioni sulla Piazza Rossa dove sono attesi tra gli altri il presidente cinese Xi Jinping, quello brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, oltre a quelli dei tradizionali alleati di Mosca, come il Kazakistan, la Bielorussia, Cuba e il Venezuela, il premier slovacco Robert Fico e il presidente serbo Aleksander Vucic nonostante il recente malore .
«Nessuno è immune alla guerra se si trova a Mosca, nemmeno i leader mondiali invitati alla parata del Giorno della Vittoria del 9 maggio. Perché l'Ucraina non può garantire la sicurezza degli ospiti di Vladimir Putin», ha detto Zelensky; a lui ha risposto Dmitry Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa: «Nel caso di una vera provocazione nel Giorno della Vittoria, nessuno può garantire che il 10 maggio arriverà a Kiev».

Zelensky sembra farsi forza dei migliorati rapporti con Washington dopo la firma  dell'accordo sui minerali che pone nelle mani di Washington la ricostruzione dell’Ucraina e le sue risorse pur in assenza di garanzie di sicurezza da parte statunitense. Dopo l’accordo gli USA hanno autorizzato forniture di pezzi di ricambio e assistenza per gli aerei F-16 ucraini, ma questa volta a pagamento e non più in regalo come accadeva con l’Amministrazione Biden.

Peraltro Zelensky sembra essere preoccupato in vista del voto del parlamento ucraino che l’8 maggio dovrà ratificare l’accordo sui minerali e ha avvertito i deputati che intendono bloccare la ratifica dell'accordo: «Ci sono politici che vanno negli Stati Uniti ogni mese, raccontano quanto sia grave la situazione in Ucraina e di come dobbiamo porre fine alla guerra rapidamente ma per chi non vota per decisioni importanti per il Paese vale la pena introdurre restrizioni sui visti di ingresso negli Stati Uniti. Non si può fare il doppio gioco», ha detto il presidente ucraino.

Sui campi di battaglia intanto i russi continuano ad avanzare. Il leader ceceno Ramzan Kadyrov ha affermato che i suoi reparti Akhmat hanno respinto un nuovo tentativo delle forze ucraine di penetrare nella regione russa di Kursk.
Nella regione di Donetsk invece i russi avrebbero raggiunto la periferia meridionale della roccaforte ucraina di Pokrovsk il 1° maggio. L’approssimarsi delle forze russe alla regione è confermato dalla notizia che il 29 aprile le autorità ucraine hanno ordinato l’evacuazione forzata di sette villaggi nella regione di Dnipropetrovsk, vicino al confine con il Donetsk, a causa dell’avanzata delle forze russe e dell’intensificarsi degli attacchi con bombe e droni. Lo ha annunciato il governatore militare della regione, Serhiy Lysak.

Circa i reali obiettivi russi sui territori ucraini, il 29 aprile Nikolai Patrushev, consigliere del presidente russo ed ex segretario del Consiglio di sicurezza, in un’intervista alla TASS ha sostenuto che gli abitanti delle “regioni del Mar Nero” in Ucraina «devono determinare autonomamente il proprio futuro. Il nostro Paese rispetta la volontà del popolo. Lo dimostra l’esperienza di Crimea, Sebastopoli, Donbass e Novorossiya che sono diventati parte della Russia», ha detto Patrushev, alludendo ai referendum a seguito dei quali Mosca ha annesso quei territori ucraini.

Di fatto Patrushev ha aperto il dibattito sull’annessione alla Russia della regione di Odessa, città fondata da Caterina II dove nel 2014 diversi manifestanti ostili alle politiche anti-russe del governo ucraino nato dalla rivolta del Maidan vennero bruciati vivi nel Palazzo dei Sindacati. «Credo che Odessa e la stragrande maggioranza dei suoi residenti non abbiano nulla in comune con il regime di Kiev», ha aggiunto. Secondo fonti del quotidiano Kommersant, Putin stesso avrebbe informato i membri dell’Unione russa degli industriali e degli imprenditori, il mese scorso, di una possibile offensiva verso Odessa le cui installazioni militari e portuali vengono spesso bersagliate da missili e droni russi.

In termini militari un attacco russo alla regione di Odessa non risulterebbe certo agevole a meno che non si verificasse il collasso dell’esercito di Kiev. Escludendo un’improbabile operazione anfibia, per raggiungere la città i russi dovrebbero attraversare in forze il fiume Dnepr nella regione di Kherson o penetrare da est dopo aver invaso la regione di Dnepropetrovsk, poi puntare su Mikolayv e infine dirigersi a sud per raggiungere Odessa.

In ogni caso appare evidente che ogni giorno in più di guerra avvantaggia le forze russe e indebolisce quelle ucraine, creando le condizioni ideali per un incremento delle pretese territoriali di Mosca. Come ha dichiarato nei giorni scorsi Oleksji Arestovich, ex consigliere di Zelensky, «l’Ucraina può scegliere di negoziare oggi perdendo 4 regioni più la Crimea oppure accettare tra sei mesi di perdere 7 o 8 regioni».



GUERRA IN EUROPA

Come lo stallo nei negoziati sull'Ucraina sta innervosendo Trump

01_04_2025 Gianandrea Gaiani

Segni di crescente nervosismo del presidente Trump, i negoziati sull'Ucraina stanno procedendo troppo a rilento. D'altra parte, Putin non ha fretta, perché sta vincendo. E i piani europei stanno sabotando l'iniziativa. 

La rilettura ideologica di Degasperi di Francesco Agnoli

OPINIONI A CONFRONTO

Quale pace per Ucraina ed Europa? Un dibattito

14_03_2025

Dopo la disponibilità di Zelensky, Putin non chiude la porta alla tregua proposta da Trump, ma pone delle condizioni. Resta vivo il dibattito sul ruolo dell'Europa e come rapportarsi alla Russia. Ecco un confronto:
- Per Putin l'Ucraina è solo l'inizio, di Alberto Leoni
- L'ipocrisia UE sulla Russia ostacola una soluzione, di Riccardo Cascioli