Thompson, il cantante rock croato che mette Dio al centro
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Nelle canzoni di Marko Perković, detto Thompson, dominano l’amore per la patria (senza accenti nazionalistici) e la fede cattolica. Il suo concerto di luglio a Zagabria – record del mondo per biglietti venduti – ha suscitato le ire dei laicisti. E il motivo è chiaro: è il segnale di una grande lotta spirituale.

Cinquecentomila biglietti venduti per il concerto all’Ippodromo di Zagabria del 5 luglio scorso (record del mondo, il precedente record apparteneva al concerto di Vasco Rossi a Modena nel 2017 con 225.000 biglietti venduti). Sono i numeri di Marko Perković detto Thompson, popolarissimo cantante rock croato – non c’è klapa (il tipico gruppo vocale croato) che non abbia sue canzoni nel proprio repertorio – e molto apprezzato anche in Slovenia, Kosovo, Montenegro e, di nascosto, perfino in Serbia. La sua forza risiede nella capacità di incarnare, a un tempo, fierezza nazionale, fede cattolica e tradizione culturale croata, combinando una musica coinvolgente con messaggi patriottici – del tutto privi di accenti nazionalistici – e temi religiosi che toccano corde emotive profondissime, in un contesto storico e culturale ancora segnato dalle sofferenze della Seconda guerra mondiale (duecentomila croati prigionieri di guerra assassinati a sangue freddo in poche settimane dai partigiani di Tito) e dall’aggressione serba degli anni Novanta.
Nelle canzoni di Thompson l’amore per la patria, l’invito all’unità del popolo croato e la denuncia politica sono sempre accompagnati da una chiara comprensione che «solo in Dio c’è salvezza», come egli canta in Bog i Hrvati (Dio e i croati) dall’album Ora et labora del 2013, dove egli racconta la storia del popolo croato, la sua fede ma anche le sue infedeltà. Se un popolo si allontana da Dio, ne pagherà certo le conseguenze: «L'ira dell'Onnipotente / scoppiò come un tuono / e nascose il sole che splendeva sul mio popolo».
Le furibonde reazioni al concerto non sono state provocate solamente dal grido di battaglia “Za dom: spremni” (Per la Patria: pronti), tratto dalla prima canzone di Thompson “Bojna Čavoglave” (Il battaglione di Čavoglave) del 1991, utilizzato anche ai tempi dello Stato Indipendente croato ustascia durante la Seconda guerra mondiale, a causa del quale Thompson viene accusato di essere nazista. Tale grido di battaglia, infatti, nel contesto della Guerra per la patria degli anni Novanta evocata da Bojna Čavoglave, rappresenta solamente un appello a dare la propria vita per la patria, proprio come «Siam pronti alla morte» dell’inno italiano.
In realtà, il concerto di Zagabria è stato il segnale di una gigantesca lotta spirituale per la conquista dell’anima del popolo croato, soprattutto di quella dei giovani. L’intellettuale croato di Bosnia, Filip Gašpar, ha scritto che Thompson è «una voce dalle trincee, un bardo dell'appartenenza, un promemoria che la fede e la patria non sono reliquie, ma radici», mentre Ivan Pletikos ha caratterizzato il concerto come «il nostro Passaggio collettivo attraverso il Mar Rosso». «Questo non è un semplice concerto, è un vero e proprio ritiro spirituale», così ha affermato un parroco prima di partire per il concerto accompagnando mezza parrocchia. Come scrive John Vice Batarelo, leader dell’associazione cattolica Vigilare, tale “ritiro spirituale”, preparato da preghiere, digiuni e sacrifici, ha creato una vera e propria comunità di popolo cattolica: «Nell'era digitale post-industriale, nella quale le persone vivono completamente separate le une dalle altre, atomizzate nei loro piccoli mondi, come unità che non vengono unite più da nulla (nazione, religione, credenze ...), i partecipanti al concerto hanno rotto quella pratica distruttiva globale». Secondo il leader di Vigilare, inoltre, il concerto «ha posto nuovamente la fede cattolica al centro dell'attenzione». Non vi è stata «alcuna espressione di odio, al contrario, esso è penetrato nella profondità nell'anima e nel subconscio dei presenti, e ha incoraggiato e rinnovato ciò che può guarire l'uomo e l'intero popolo croato».
Nel corso del concerto vi sono stati due fortissimi momenti spirituali. Il vescovo emerito di Sebenico, mons. Ante Ivas, ha letto la preghiera Maranatha, da lui scritta e messa in musica da Thompson nell'album Ora et labora: «Maranatha, Pastore buono, Rabbi, Maestro / vieni sui campi, sul mare, sui monti / sulle culle e sulle tombe / segnàti con il Tuo crocifisso / sofferti con il sangue e il sudore / pianti con le lacrime del mio popolo. / Sii l'Inizio e la Fine, il Primo e l‘Ultimo / la Vittoria pasquale, l'Alfa e l'Omega del mio popolo… Togli le maschere di falsità dal volto del mio Paese, la Croazia, che essa risplenda nella sua bellezza e nella fede in Te, Dio del mio popolo».
Altrettanto commovente è stato il momento in cui uno dei chitarristi del gruppo, Petar Buljan, ha detto ai presenti: «Quando il popolo di Dio entrò nella terra promessa, Giosuè, la loro guida, il loro capo, chiese loro di decidere chi avrebbero servito, e disse per sé, dichiarò per sé qualcosa che noi dichiareremo per noi stessi qui oggi: io e la mia casa serviremo Dio!». I presenti hanno ripetuto solennemente queste parole, mentre nel cielo uno spettacolo di droni luminosi assumeva via via le forme della Vergine Maria, di un rosario, di due angeli, di due croci, una delle quali caratterizzata dai colori della Croazia.
Già dopo l’annuncio del concerto l’élite intellettuale di sinistra croata ha scatenato una durissima campagna tesa a gettare discredito sul concerto, a spaventare gli spettatori e spingere le autorità locali (di sinistra) di Zagabria e il governo centrale (di centrodestra) a vietarlo. Se ne sono sentite di tutti i colori: si diceva che vi sarebbero stati come minimo «due o tre morti», che Zagabria era «ostaggio di Thompson», si prevedeva l’apocalisse sulle strade a causa del traffico impazzito, che vi sarebbero state decine di infarti e un terribile afflusso di pazienti negli ospedali, si avvertiva che «anche il più piccolo petardo… avrebbe causato pericolose resse». Lo storico Ivo Goldstein lamentava che a causa di questa «sfilata ustascioide», «centinaia di migliaia di persone sarebbero restate per ore sotto il forte sole estivo, e che questo avrebbe potuto portare a una tragedia di proporzioni inimmaginabili». È stata diffusa la notizia, rivelatasi poi infondata, che gli ospedali stavano dimettendo pazienti in fretta e furia per riservare il 20% dei posti letto e fare fronte all’afflusso di feriti provenienti dal concerto. Alla fine, non è accaduto nulla di tutto questo, si sono registrati solamente 350 interventi, quasi tutti per sincopi causate dal caldo, di cui 133 trattati dalle squadre di pronto intervento, mentre un solo paziente è finito in ospedale.
Le reazioni irritate degli ambienti laicisti e di sinistra non sono mancate anche a concerto concluso. Per il portale serbo Glas zapadne Srbije si è trattato del «più grande raduno nazista dalla fine della Seconda guerra mondiale». Per Al Jazeera Balkan il «saluto ustascia “Per la Patria: pronti!” è il punto centrale, tutto il resto è folklore». Il presidente serbo Vučić, dopo avere affermato che «neppure al tempo della Seconda guerra mondiale si è tenuto un tale assembramento fascista», ha aggiunto che dal concerto sono giunti «messaggi politici pericolosi». Per il Partito socialdemocratico croato, invece, è stato «vergognoso il fatto che i messaggi estremi di Thompson abbiano ottenuto l'appoggio di molte autorità dello Stato (di centrodestra, nda) invece di essere stigmatizzati».
Ma quali sono questi messaggi estremi? Non certo il saluto rivolto da Thompson all'inizio del concerto al pubblico presente:«Siano lodati Gesù e Maria»; né l'affermazione di Thompson durante il concerto che «se l'Europa vuole diventare di nuovo forte, deve ritornare alle sue radici cristiane».
Presso il popolo croato oggi Thompson è un laico che trasmette la parola di Dio con forza e potenza, e naturalmente è destinato a salire il Calvario. Del resto, il Signore ha vinto il mondo con la Croce, e chi segue le Sue orme deve percorrere la Sua stessa strada, come anima offerta e piccolo corredentore che si offre in olocausto per la salvezza delle anime.