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USA

Ucciso l'uomo che minacciava Biden. Si può inveire solo contro Trump

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Un anziano dello Utah scriveva post incendiari contro Biden e altri Democratici. In occasione della visita del presidente nello Utah, l'Fbi lo ha ucciso durante una perquisizione. L'Fbi dà la priorità al pericolo terrorismo di destra. Non era così severa quando l'odio dilagava contro Trump. 

Esteri 11_08_2023
Biden nella sua visita a Salt Lake City, Utah

“Ho sentito che Biden sta venendo nello Utah. Sto tirando fuori la mia vecchia muta Ghillie (mimetica, ndr) e spolverando il fucile da cecchino M24”. Questo è il post su Facebook che è costato la vita a Craig Robertson, 75 anni, di Provo, nello Utah, operaio pensionato, artigiano del legno, testa calda sui social network. L’Fbi il 9 agosto è andata a casa sua per perquisirlo, ma qualcosa è andato storto. Robertson è stato ucciso dagli agenti. L’Fbi sta conducendo un’inchiesta interna per capire la dinamica dell’accaduto, se era veramente il caso di sparare al sospetto aspirante attentatore.

Craig Robertson, due volte vedovo, tre figli, un passato nell’aeronautica nei lontani anni Settanta, non era nuovo a post incendiari su Facebook: “Ho sognato di essere in un angolo buio di un parcheggio di Washington DC, in piedi davanti al corpo del procuratore generale degli Stati Uniti Merrick Garland con un foro di proiettile al centro della fronte”, aveva scritto a marzo, subito dopo che Trump era stato incriminato. Scene violente, descritte con minuzia di particolari anche sulla morte di Kamala Harris, vicepresidente, di Alvin Bragg, procuratore distrettuale di Manhattan, il procuratore generale di New York Letitia James e il governatore della California Gavin Newsom. Si definiva politicamente un “Maga” (Make America Great Again, il motto di Trump).

Era veramente pericoloso? Le armi le collezionava, a parole era pericolosissimo. I suoi vicini di casa, intervistati dal New York Post, tuttavia, dubitano che le intenzioni di uccidere Biden nel corso della sua visita nello Utah, fossero serie. “Era un uomo anziano, era molto politicizzato e a volte faceva battute fuori luogo... ma niente che indicasse che si trattava di una minaccia”, dice un suo concittadino che lo conosceva. “Non mi immaginavo che guidasse da qui a Salt Lake City, imbracciasse un fucile per assassinare il presidente, lo escludo al 100%”, dice un altro vicino di casa.

Grilletto facile dell’Fbi o c’era veramente la concreta possibilità di un attentato al presidente? Almeno da due anni gli sforzi dell’agenzia federale si concentrano sul monitoraggio dell’estremismo di destra, come dimostra anche l’indagine sui cattolici tradizionalisti (o identificati come tali). Sin dal suo discorso inaugurale, ma anche sin dall’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, il “terrorismo interno”, dei sostenitori di Trump e dell’estrema destra, viene visto dall’amministrazione Biden come la prima minaccia alla sicurezza nazionale.

Altrettanta attenzione non era stata posta all’estremismo di segno opposto, che pure è stato dilagante ai tempi di Trump ed ora pare semplicemente in pausa (fino alla prossima vittoria repubblicana). Tanto per dare l’idea delle sue dimensioni, nei 12 giorni successivi al giuramento di Donald Trump, un flusso costante di post sui social media avevano invocato l'assassinio del nuovo presidente. Da una ricerca di Dataminr sui post di Twitter dal giorno dell'inaugurazione contenenti la frase “assassinare Trump” sono emersi più di 12mila tweet, una media di mille al giorno.

Nonostante Twitter e Facebook promettessero di cancellare post e bannare utenti per le minacce di morte, migliaia di post che usano le parole "uccidere" e "assassinare" erano rimasti attivi, la maggior parte dei quali prendeva di mira proprio il presidente. Stando ad un’analisi a caldo, le piattaforme non riuscivano a tenere il passo con l'afflusso di minacce di morte e non sembravano rispettare le loro politiche in modo così rigoroso come dichiaravano. Gli stessi Twitter e Facebook furono poi prontissimi a bannare Trump, anche contro le loro stesse regole, dopo le elezioni del 2020 e l'assalto al Campidoglio.

Sempre in quei concitati mesi, trascorsi dall’elezione all’insediamento di Trump, un sito web lanciato sulla Darknet chiedeva l’assassinio di Trump e del vicepresidente Mike Pence. “Come tutti voi ben sapete, le conseguenze di avere Donald Trump e Mike Pence come leader del mondo libero sono estremamente pericolose. Le conseguenze politiche, ambientali e sociali cambieranno gli Stati Uniti in peggio”, si leggeva sul sito. Agli utenti venivano chieste donazioni anonime per poter completare il piano di assassinio. L’autore del sito, registratosi in Canada, vantava contatti anche all’interno dei servizi segreti a Washington.

Incitare l’assassinio di Trump era diventato un atto pubblico, come dimostrò la senatrice del Missouri Maria Chappelle-Nadal, quando scrisse sul suo profilo facebook: “Odio veramente Trump, sta causando traumi e incubi”. In un commento una sua lettrice (e probabilmente anche elettrice) aveva scritto “Spero che Trump venga assassinato!”. La senatrice democratica non lo aveva cancellato. E come dimenticare le reazioni delle celebrities? Kathy Griffin, commediante e conduttrice, che mostra la testa mozzata e insanguinata di Trump in trasmissione (finta, bontà sua). O l’attore Robert De Niro che in pubblico urla “Si fotta Trump” e in un’altra occasione dichiara di volerlo prendere a pugni in faccia, dopo averlo riempito di insulti. Sono stati quattro anni di violenza legittimata, a tutti i livelli. Adesso la violenza è attribuita solo alla destra. E per un post violento di troppo si può anche essere uccisi.