Suicidio assistito, “cercasi neurologo”: la Lombardia accelera
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La sanità regionale lombarda cerca un neurologo esterno per valutare richieste di suicidio assistitio. Ma manca completamente il perimetro normativo, in assenza di una legge. E i contorni del "casting" sono fumosi, tanto che alcuni consiglieri regionali hanno già chiesto spiegazioni. Uno strappo e un'accelerata di Fontana e Bertolaso?
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Cercasi neurologo per valutare le domande di suicidio assistito. Firmato: Regione Lombardia. È tutto scritto nella delibera 1094 del 5 novembre scorso, nella quale l’ASST Nord Milano cerca un medico specialista in neurologia «per la valutazione di domande di accesso legate all'aiuto al suicidio ai sensi della sentenza n. 242/19 della Corte Costituzionale».
Una legge sul suicidio assistito non c’è, né statale né regionale, ma per soddisfare i 4 requisiti chiesti a suo tempo dalla Consulta, la Regione guidata da Attilio Fontana ha fatto partire un “casting” il cui perimetro legislativo è decisamente fumoso.
Sulla base di quale normativa, infatti, la Regione cerca un consulente esterno per valutare le richieste di suicidio assistito? E quali e quante sarebbero queste domande? Ma, soprattutto: basta la sentenza della Corte costituzionale per giustificare l’accelerata del “Pirellone” come se avesse un mandato di agire pienamente riconosciuto dalla legge? I giuristi potrebbero storcere il naso.
Però, intanto, qualcuno ha cominciato a sentire puzza di bruciato e sono partite le richieste di accesso agli atti da parte di alcuni consiglieri regionali. C’è il sospetto, infatti, che dopo il voto dell’anno scorso in cui l’Assemblea legislativa regionale si espresse contro il suicidio assistito perché è materia dello Stato e non delle Regioni, qualche cosa si stia muovendo sottotraccia per forzare la mano e arrivare a dare una spallata finale al sistema sanitario regionale.
Del resto, è un segreto di Pulcinella che i Radicali, per mezzo dell’Associazione Luca Coscioni, stiano facendo il giro degli ospedali milanesi attraverso specifici accessi agli atti, per conoscere quante sono le richieste di suicidio assistito pervenute finora.
Mentre è risaputo che, sempre sottotraccia, il Governatore Attilio Fontana e l’assessore al Welfare Guido Bertolaso, stiano lavorando a delle linee di indirizzo che però non sono mai uscite allo scoperto.
Insomma, il sospetto è che anche sotto la Madonnina si stia procedendo a fari spenti verso l’erogazione del servizio senza però il benché minimo supporto di un riferimento legislativo. Non è un caso che la ricerca del consulente esterno poggi soltanto sulla Sentenza del Corte costituzionale del 2019, che ha depenalizzato parzialmente il suicidio assistito indicando come area di non punibilità i 4 requisiti per poter dare un assenso alla dolce morte. In essa gli ermellini della Consulta hanno permesso che una persona possa accedere al suicidio assistito se ricorrono queste condizioni: “proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi”, “persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale”, “affetta da una patologia irreversibile” e “fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili”.
Condizioni, queste, che devono essere “verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente». Ora, l’introduzione della figura del neurologo potrebbe essere inserita in questa ultima raccomandazione.
Ma ad oggi né lo Stato, né la Regione Lombardia hanno recepito la sentenza con un provvedimento legislativo conseguente. Dunque, si torna al punto di partenza: qual è il perimetro legislativo entro il quale ci si sta muovendo?
Tanto più che si tratta di una ricerca abbastanza onerosa per le casse della Regione: 80 euro lordi all’ora, per un totale di 5000 euro fino al 31 dicembre 2025. Ma il servizio sanitario regionale non ha al suo interno figure professionali simili, come tra l’altro sembra suggerire la Consulta? Certo che sì, però viene messo nero su bianco che «non è possibile svolgere la medesima attività̀ mediante personale dipendente già presente nella struttura in quanto già completamente assorbito e dedicato per quantità̀ e qualità̀ all’attività̀ istituzionale».
Inoltre, si viene a scoprire che «l’incarico in argomento riveste carattere di eccezionalità̀, urgenza e temporaneità̀».
Il riferimento all’Asst nord Milano fa pensare, dunque, che negli ospedali di Cinisello Balsamo o Sesto San Giovanni ci siano dei casi urgenti di richiedenti.
Ma quali sarebbero? Purtroppo, non è stato possibile saperlo. La Bussola ha scritto non più tardi di venerdì una mail alla direzione sanitaria dell’Asst milanese, che però non ha ancora ottenuto risposta. Così come non ha ancora ottenuto risposta la richiesta di accesso agli atti che la consigliera comunale di Forza Italia a Milano, Deborah Giovanati ha inviato ad alcuni ospedali della città «per conoscere se presso codesta struttura sanitaria sono pervenute richieste o istanze relative al suicidio medicalmente assistito» e «se sono stati adottati protocolli, linee guida o procedure interne per la gestione di tali istanze» o «valutazioni o pronunciamenti da parte del comitato etico, della direzione sanitaria o di altri organi interni». Il tutto, ovviamente, «al solo fine di garantire la trasparenza e la conoscibilità dell’azione amministrativa in un ambito di evidente rilievo pubblico».
Effettivamente, sembra proprio che quello che è emerso con questa deliberazione sia proprio un problema di trasparenza. Decisamente una grana per la maggioranza che guida la Regione.
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