Siria, a Suwayda continuano i massacri e il mondo sta a guardare
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L'accordo di Damasco con Israele sta lasciando libere le milizie jihadiste di attaccare le minoranze religiose: almeno mille morti in una settimana, testimonianze video raccapriccianti. Gli appelli del leader cristiani e drusi.

Nelle prime ore di sabato l'autoproclamatosi presidente siriano Ahmed al Charaa ha annunciato un cessate il fuoco a Suwayda, diffidando tutte le parti in campo dal violarlo e dichiarando che «non esiste forza alternativa allo Stato che possa garantire la sicurezza e la sovranità». Contemporaneamente l'inviato USA per il Medioriente Tom Barrack ha annunciato su X che è stato raggiunto un accordo scritto tra Netanyahu e al Charaa avallato, oltre che dagli Stati Uniti, da Turchia, Giordania e «Paesi confinanti». Barrack ha chiesto a drusi, beduini e sunniti di «deporre le armi e costruire una nuova e unitaria identità siriana assieme alle altre minoranze».
Secondo l'accordo, Israele ha concesso alle forze governative - Hay’at Tahrir al-Sham (HTS) - di rientrare nella regione, cosa che si preparavano a fare dal giorno prima, e di «placare il conflitto». Nonostante tali dichiarazioni, o forse in virtù di esse e del brusco cambio di direzione dello Stato ebraico, migliaia di drusi e cristiani della regione rischiano lo sterminio di massa. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani già 130.000 persone avrebbero lasciato le loro case, in seguito ai massacri compiuti dalle milizie governative. Le "Forze scelte" che al Charaa ha dichiarato di aver inviato sul territorio per porre fine alle «questioni tribali tra beduini e drusi» continuano ad attaccare la vasta regione assieme alle tribù di beduini, anch'esse sotto il cappello di al Charaa, e ai foreign fighters provenienti in prevalenza dall'Asia Centrale ma anche da Libano, Palestina e Giordania.
Sabato sera i combattenti drusi hanno annunciato di aver riconquistato il capoluogo. Domenica una calma relativa è scesa sulla città e la Mezzaluna Rossa ne ha approfittato per entrare a portare aiuto. Secondo l'agenzia di stampa governativa siriana SANA il leader spirituale druso, sheikh Hikmat al Hijri, ha rifiutato l'ingresso a Suwayda a una delegazione del governo siriano che accompagnava l'organizzazione umanitaria e agli aiuti inviati dal Ministero della salute; al Hijri ha permesso ai soli uomini e mezzi della Mezzaluna di portare aiuto. Nel vasto territorio fuori dalla città proseguono invece gli scontri tra combattenti drusi e milizie di HTS affiancate dai beduini; secondo Middle East Spectator Israele ha ricominciato a bombardare le postazioni di HTS e le tribù beduine nella regione. Frattanto il segretario di Stato americano Marco Rubio ha chiesto in un post su X al governo siriano di utilizzare le forze di sicurezza per «impedire ai jihadisti violenti di arrivare nella regione di Suwayda e di perpetrarvi dei massacri». La richiesta risulta ironicamente tardiva davanti al dilagare di simili individui nell'area da almeno una settimana.
Mentre l'Osservatorio siriano per i diritti umani aggiorna il numero delle vittime di una settimana di scontri a più di mille, di cui almeno duecento civili giustiziati, stanno lentamente venendo alla luce gli episodi raccapriccianti di cui si sono resi protagoniste le milizie filogovernative ai danni di civili drusi, alawiti e cristiani.
Khalid Mezher e la sua famiglia, drusi convertiti al cristianesimo, sono stati uccisi a Suwayda dai miliziani di HTS; in tutto dodici persone, inclusi i bambini di Khalid e suo padre disabile. Com'è noto i jihadisti sono particolarmente assetati del sangue dei convertiti.
Tre giovani civili sono stati costretti a saltare daI balcone di un palazzo di Suwayda e, mentre erano sospesi nel vuoto, è stato loro sparato addosso; sono morti tutti e tre. Se non ci fosse un video girato dagli stessi miliziani di HTS che lo comprova, sarebbe un episodio difficile da credere. Peraltro video che testimoniano questi episodi circolano liberamente in rete.
Due giovani alawiti che studiavano all'università di Suwayda sono stati uccisi assieme al loro padre.
Corpi di giovani e anziani sono stati trovati decapitati o dati alle fiamme; in un caso, un video girato dagli uomini di HTS mostra un giovane decapitato ancora vivo.
Un kamikaze proveniente da Deir el Zor, tale Abu al Baraa, si è fatto saltare dentro la città, in maniera speculare al suo collega dentro la chiesa ortodossa di Sant'Elia a Dwela, Damasco.
Con buona pace di Mark Rubio l'ombra lunga dell'ISIS si è già stesa sulla regione drusa, per non parlare di tutta la Siria, anche considerando che sui social l'organizzazione terroristica sembra godere di un rinnovato seguito. In rete si possono leggere in chiaro commenti che fanno pensare, come il seguente: «Se Baghdadi (il fondatore dell'ISIS, ndr) fosse qui, a quest'ora Suwayda sarebbe già spacciata». Altrove si inneggia alla fatwa contro gli infedeli di ibn Taymiyyah (giurista e teologo sunnita considerato il padre del fondamentalismo islamico); il cugino di al Charaa, Muammar, scrive sul suo account facebook che «è halal (permesso, consentito; è il contrario di haram, vietato, peccaminoso) rendere schiave (schiave sessuali, ndr) le donne druse», oltre che le alawite e le cristiane, ça va sans dire.
Nei cellulari degli uomini di HTS catturati a Suwayda dai combattenti drusi sono state trovate le prove delle violenze subite da decine di ragazze alawite rapite e scomparse nel nulla.
A questo punto non può più essere ignorato che siamo di fronte a un rigurgito della jihad che si compiace di massacri su base etnoreligiosa, e non a "scontri intertribali"; eppure il mondo tace, nonostante gli appelli drammatici dei leader religiosi.
Padre Toni Boutros, sacerdote della Chiesa greco cattolica di Suwayda, ha chiesto aiuto alla comunità internazionale su X: «Aiutateci! Non abbiamo lasciato la nostra terra: restiamo a fianco delle nostre sorelle e dei nostri fratelli drusi durante questi orribili attacchi terroristici». Secondo Padre Boutros «solo l'unità tra le comunità religiose è l'unica vera arma contro la violenza crescente».
Il leader spirituale dei drusi in Libano, sheikh Amin al Sayegh, ha lanciato un appello ai correligionari della diaspora, dichiarando che i drusi di Suwayda stanno affrontando una vera e propria campagna di pulizia etnica e uno sterminio sistematico. Secondo al Sayegh non si tratta di «una guerra, ma un tentativo deliberato di annientare una comunità pacific». Chiamando alla mobilitazione i drusi della diaspora, al Sayegh ha chiesto loro di protestare pacificamente e fare pressione sui governi che li ospitano affinché prestino attenzione a ciò che sta accadendo a Suwayda.
Il Patriarcato ortodosso di Busra, sud della Siria, ha chiesto in un comunicato la protezione internazionale per i drusi di Suwayda. Il leader spirituale druso in Siria, sheikh al Hijiri, ha chiesto l'intervento delle potenze straniere a difesa della sua comunità ed è stato accusato dal governo di HTS di «aver violato l'accordo tra lo Stato e le autorità religiose».
Il Patriarca greco ortodosso di Antiochia e d'Oriente Giovanni X ha rilasciato un comunicato condannando «la violenza inflitta alla nostra gente di Suwayda davanti agli occhi di tutto il mondo». Nel comunicato si legge che il Patriarcato di Antiochia «unisce la propria voce con quella di tutte le persone ragionevoli del mondo, chiedendo la fine dello spargimento di sangue a Suwayda».
Nonostante centinaia di testimonianze inoppugnabili e appelli ripetuti dei rappresentanti delle minoranze religiose il mondo occidentale continua, inspiegabilmente, a tacere. Emblematico l'amaro sfogo su telegram di un siriano cristiano che ha lanciato accuse precise alla cristianità d'occidente: «Se il polmone occidentale della Chiesa non decide che è arrivato il momento di fare qualcosa contro i jihadisti che minacciano i fratelli orientali, ciò sarà una macchia per tutta la Chiesa. Che direbbe San Luigi IX se fosse vivo oggi? Dov'è oggi un Goffredo di Buglione che corra in nostro soccorso? Nemmeno la nostra diaspora si ricorda di noi. Ora come ora solo Dio è al nostro fianco, perchè nemmeno i nostri fratelli lo sono».
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