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COVID-19

Se perfino l’Ue boccia l’ennesima stretta dell’Italia

Le nuove restrizioni introdotte dal Governo per i cittadini europei che entrano in Italia fanno sobbalzare perfino l’Ue, che lamenta la mancata comunicazione per un sistema che dovrebbe essere omogeneo tra gli Stati membri e giudica la scelta italiana non giustificata. Draghi replica con sufficienza. Ma intanto il nostro Paese subisce un altro danno, in primis nel turismo.

Editoriali 16_12_2021

No, non è una fake news. Perfino l’Unione europea, che pretende di introdurre pass in ogni campo e di subordinare il godimento delle libertà fondamentali all’ottenimento di permessi di dubbia legittimità, ora si scaglia contro il nostro Paese per via delle restrizioni anti-Covid.

Il decreto approvato dal Consiglio dei ministri martedì scorso, oltre che prorogare fino al 31 marzo lo stato di emergenza e il “super green pass”, introduce regole più stringenti per i cittadini europei che entrano in Italia da oggi e fino al 31 gennaio 2022. Nell’ordinanza firmata nei giorni scorsi dal ministro della Salute, Roberto Speranza, d’intesa con il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, cambiano le regole sull’ingresso in Italia per chi, nei 14 giorni precedenti, “ha soggiornato o transitato” in altri Paesi europei, quindi anche per i cittadini italiani in viaggio. Per entrare nel nostro Paese bastava il green pass, ottenuto da tampone negativo, vaccinazione o guarigione dalla malattia; con le nuove regole sarà comunque necessario fare un tampone molecolare nelle 48 ore prima dell’ingresso nel territorio nazionale o un test antigenico con tampone nelle 24 ore antecedenti l’entrata. E chi non è vaccinato dovrà fare il tampone e, al suo arrivo, stare in quarantena per 5 giorni. Con un’eccezione per i transfrontalieri, che sarà definita nei prossimi giorni, e per i bambini non vaccinati sotto i 12 anni i cui genitori sono vaccinati. Con genitori “no vax”, anche i figli dovranno stare in isolamento. Per chi arriva in Italia da Paesi extraeuropei sono confermate le regole già in vigore.  L'ordinanza è valida a partire da oggi e fino al 31 gennaio. Oltre al green pass, ai controlli bisognerà esibire il Passenger Locator Form digitale (dPLF) europeo.

Ma l’Unione europea non ci sta, visto che da tempo punta a introdurre misure omogenee sugli spostamenti all’interno del suo territorio. «Quando gli Stati membri introducono condizioni aggiuntive o rendono le norme più severe, come nel caso dell’Italia e forse del Portogallo, questa scelta deve essere giustificata sulla base della situazione reale», ha dichiarato Vera Jourová, vicepresidente della Commissione Ue, precisando: «Queste decisioni individuali degli Stati minano la fiducia delle persone sul fatto che le condizioni siano uguali ovunque in Ue». Secondo Vera Jourová, c’è già il green pass ad aiutare le persone a viaggiare: «Quando la Commissione ha proposto il regolamento che ha consentito l’entrata in vigore del certificato, abbiamo voluto mantenere il principio che le persone saranno autorizzate a viaggiare liberamente nel caso in cui abbiano o la vaccinazione o il test negativo o il certificato di guarigione dal Covid».

Il premier Mario Draghi, che oggi sarà a Bruxelles per la riunione del Consiglio europeo, ieri ha tagliato corto sul punto e si è limitato a replicare: «In Italia l’incidenza di Omicron è inferiore allo 0,2%, mentre in altri Paesi è già molto diffusa, come in Danimarca e nel Regno Unito. Per entrare basta un tampone, non credo ci sia molto da riflettere». Ma da Bruxelles non mollano e rilanciano: «Non abbiamo ricevuto nessuna notifica dall’Italia sull’ordinanza sul tampone obbligatorio per l’ingresso nel Paese; le restrizioni ai viaggi all’interno dell’Ue devono essere proporzionali e giustificate e quelle decise dall’Italia devono restare in vigore per un breve periodo».

Quanto alle conseguenze di queste ulteriori restrizioni decise dal Governo, le più catastrofiche sembrano riguardare ancora una volta il turismo organizzato, già in grave crisi. «Non c’è limite al peggio - tuona il presidente di Astoi Confindustria Viaggi, Pier Ezhaya. Persino l’Unione Europea ci richiama all’ordine e ci chiede spiegazioni per decisioni unilaterali e incomprensibili che limitano la circolazione dei cittadini comunitari. Con calma olimpica vengono tolti e aggiunti Paesi che possono essere visitati per turismo, dall’oggi al domani, senza nessun elemento razionale e ignorando le ricadute su un comparto che solo una settimana fa ha urlato il dolore per il suo stato di crisi lungo ormai due anni. Così non è possibile andare avanti. Serve un intervento del presidente del Consiglio e del ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, affinché non si sfregi oltre e con così tanta superficialità un settore strategico per il Paese».

Se perfino l’Unione europea esprime perplessità sul rigore eccessivo di certe decisioni del governo italiano, che finiscono per indebolire la compattezza dell’Europa, per produrre sfiducia sui mercati e per frenare settori nevralgici per la ripartenza, come il turismo, occorre seriamente riflettere sulla validità delle misure anti-Covid sin qui emanate e sull’opportunità di cambiare l’approccio alla pandemia, che potrebbe ancora durare a lungo a causa delle varianti e minare le fondamenta della società, oltre che dell’economia. Il rischio che l’emergenza diventi la “nuova normalità” è concreto. Convivere con il virus è invece la strada che fa perno sul senso di responsabilità delle istituzioni e dei cittadini, senza limitare le libertà democratiche e senza utilizzare in via esclusiva l’arma dei divieti e delle restrizioni.