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GLI SCENARI

Renzi vuole la rivincita, ma non può votare ora

Stupisce che chi, nel fronte del “si”, ha sbandierato ai quattro venti i rischi di destabilizzazione del quadro politico in caso di vittoria del “no”, ora voglia contribuire a questa precipitosa scomposizione dello scenario. Renzi vorrebbe votare subito, ma non può. Si metta il cuore in pace e rifletta sui suoi errori, anziché pretendere di continuare a tenere in ostaggio il Paese.

Politica 07_12_2016
Renzi e Mattarella

Mesi fa ripeteva che se avesse perso il referendum si sarebbe dimesso, avrebbe lasciato la politica, cambiato mestiere, fatto altro. Ora che il referendum l’ha perso in modo bruciante e rovinoso, dopo aver annunciato le sue dimissioni, continua a tramare e adesso preme sul Presidente della Repubblica affinchè sciolga subito le Camere. 

Matteo Renzi vuole una rivincita immediata, la cocente sconfitta non l’ha affatto mandata giù, al ritiro dalla scena politica non pensa minimamente, si è già rimangiato tutto e ora intende rilanciare la sfida ai suoi avversari. Ha una sola possibilità di spuntarla ed è quella di ottenere subito il voto anticipato, circostanza che lo blinderebbe a Palazzo Chigi per altri due-tre mesi, ufficialmente per “spirito di servizio” e per l’ordinaria amministrazione, in realtà per continuare a presidiare le spartizioni di posti di potere, mai così scientifiche e capillari neppure con i governi presieduti da D’Alema e Prodi, e per controllare il Ministero dell’Interno in vista delle prossime elezioni politiche.

L’attuale titolare del Viminale, Angelino Alfano, è con lui e si è capito nelle ultime ore quanto i due siano in sintonia, tanto che il premier ha mandato avanti quest’ultimo a sondare il terreno per il voto anticipato e a dichiarare l’indisponibilità di Ncd-Area popolare al cosiddetto “accanimento terapeutico”, cioè a mantenere in vita la legislatura fino alla scadenza naturale del febbraio 2018.

Stupisce che chi, nel fronte del “si”, ha sbandierato ai quattro venti i rischi di destabilizzazione del quadro politico in caso di vittoria del “no”, ora voglia contribuire a questa precipitosa scomposizione dello scenario, accelerando la corsa alle urne, peraltro con una legge elettorale ancora incerta e sulla quale pende la spada di Damocle della pronuncia della Corte Costituzionale, che a gennaio potrebbe bocciare l’Italicum e ripristinare il vecchio sistema proporzionale.

Sono solo le sfrenate e irresponsabili ambizioni personali di Renzi a suggerire una strada del genere, che metterebbe il Paese in una situazione di imbarazzo anche nei confronti degli alleati europei, consapevoli più che mai della necessità che nel 2017 l’Italia possa avere un governo solido e stabile, in grado di tenere sotto controllo i conti pubblici e di affrontare i nodi socio-economici più impellenti, soprattutto al sud.

L’Italia ha bisogno di un rilancio dell’azione di governo attraverso un esecutivo di scopo, che duri anche un anno e che abbia un ampio appoggio parlamentare per approvare la nuova legge elettorale e per assicurare la presenza autorevole dell’Italia ai tavoli internazionali e agli eventi di cartello previsti nel 2017, in particolare i 60 anni dei trattati europei. Peccato che il giovane Matteo continui a pensare che dopo di lui ci possa essere solo il diluvio.

Il premier ha paura che qualcuno gli sfili anche la segreteria del partito. Il congresso del Pd previsto in primavera potrebbe estrarre dal cilindro qualche candidato carismatico in funzione anti-Renzi e a quel punto l’ex sindaco di Firenze si ritroverebbe in pochi mesi ad aver perso entrambe le poltrone. Ecco perché preferisce giocare d’anticipo e andare alla resa dei conti dentro e fuori il partito, prima che a Palazzo Chigi si strutturi una nuova lobby di potere e che la nomenklatura dem lo disarcioni anche dalla guida del Pd. E invece dovrebbe mostrare adesso un vero senso di responsabilità, consentendo al Paese di andare avanti con un altro premier fino alla scadenza naturale della legislatura. Sbaglierebbe a cullarsi sugli allori e a considerare “roba sua” i voti degli oltre 13 milioni di italiani che si sono espressi per il “si”. Molti di loro erano di centrodestra o di altri partiti o addirittura apartitici e alle elezioni politiche difficilmente voterebbero per un partito guidato da Matteo Renzi. 

Gli altri partiti per ora non scoprono le carte, al di là delle dichiarazioni ufficiali. Il cantiere del centrodestra è ancora molto sconquassato e votare a febbraio sarebbe un bel problema anche per Salvini, che pure sbraita chiedendo urne subito. Gli stessi grillini hanno solo da guadagnare da un altro anno di esecutivi istituzionali o tecnici o a guida Pd. E poi c’è una pattuglia foltissima di parlamentari che ambiscono a maturare la pensione, diritto che acquisiscono solo se la legislatura finisce alla scadenza naturale. Senza contare che il prudente Mattarella ben difficilmente scioglierebbe le Camere senza aver prima verificato l’esistenza di una maggioranza in Parlamento. E allora Renzi si metta il cuore in pace e rifletta sui suoi errori, anziché pretendere di continuare a tenere in ostaggio il Paese.