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a cura di Andrea Zambrano

SEMERARO E I CATTOGAY

Per qualche santo in meno

Semeraro diventa prefetto della Fabbrica dei santi. Propugnatore di una nuova teologia cattogay che cosa sarebbe oggi dei santi che hanno denunciato il terribile vizio sodomitico? Diventerebbero santi? 

Fuori schema 16_10_2020

O tempora O mores! Marcello Semeraro diventa prefetto della Fabbrica dei Santi prendendo il posto del controverso ex cardinale Becciu. Un fedelissimo del Papa che sostituisce un fedelissimo caduto in disgrazia. Bene per tutti, auguri e buon lavoro. Ma che lavoro? Che piani potrà mai avere un prefetto per le cause dei santi? La domanda è - se vogliamo - un po’ provocatoria, ma non deve scandalizzare.

Il vescovo di Albano, infatti, è un propugnatore della nuova teologia cattogay che punta a sdoganare in ambito cattolico l’omosessualità come variante ormai naturale della sessualità umana. Il suo attivismo si manifesta con la completa adesione al manifesto omoeretico che punta a scardinare il Catechismo della Chiesa cattolica per eliminare quel “disordine oggettivo” rappresentato dalla tendenza gay e a cancellare dalla faccia della terra quella definizione così severa di “peccato che grida vendetta al cospetto di Dio”, se si parla degli atti omoerotici.

Tutto bene, solo una cosa: se Semeraro diventa prefetto della Fabbrica dei santi, non è per caso che cambierà anche il concetto di santità? Sia chiaro, chiediamo per un amico. Del resto, la domanda sorge spontanea: che cosa sarebbe oggi di un eventuale libello supplice di un candidato alla beatitudine che osasse scrivere che “i sodomiti non erediteranno il Regno di Dio” o che mettesse gli omosessuali tra i ladri d’uomini e i fornicatori. Per il vescovo Marcello Semeraro, che propone una nuova teologia morale che tenga conto dell’omosessualità, il candidato Di Tarso Saulo, detto Paolo potrebbe ambire alla gloria della beatitudine di cui ha goduto in questi ultimi due millenni?

E che dire di chi dovesse avere l’ardire di pubblicare un libro dandogli un titolo decisamente omofobo come – puta caso – è il Liber gomorrhianus. Il signor candidato alla santità Damiani Piero, per tutti Pier, diventerebbe per caso anche Dottore della Chiesa dopo aver scritto che “la sozzura sodomitica si insinua come un cancro nell’ordine ecclesiastico, anzi, come una bestia assetata di sangue infuria nell’ovile di Cristo con libera audacia”? E verrebbe promosso a confratello dello stesso Semeraro, diventando vescovo della vicina Ostia, se dicesse che “questa pestilenziale tirannia di Sodoma rende gli uomini turpi e spinge all’odio verso Dio”?

Stessa sorte per il reverendo signore Di Soana Ildebrando, il quale dopo essersi chiamato Papa Gregorio VII combatté i vizi del clero romano, omoerotismo compreso. Anche lui, si scordasse il titolo di Santo e il tributo conferitogli nel ‘600 da Papa Paolo V che regalò alla Chiesa un santo in più.

Con una nuova teologia morale omosessuale, oggi avremmo tanti santi in meno, ma non sicuramente qualche santo gay in più in paradiso, come arditamente ipotizzato da James Martin, un altro omoeretico del giro di Semeraro. Speriamo invece che all’uno non debba capitare di stupirsi nel trovare l’altro sotto una pioggia di fuoco domandandosi: “Siete voi qui, ser Brunetto?”.