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Per i croati la Messa non si tocca, neanche in Qatar

Nonostante l'incombere della secolarizzazione e la decadenza della pratica religiosa, la fede rappresenta ancora un aspetto importante in Croazia al punto che il CT della nazionale ha chiesto e ottenuto di far celebrare la Messa in albergo in Qatar. Una lezione anche per noi italiani.

Attualità 12_12_2022

Davvero un delirio. Questa è l’unica parola che può descrivere l'atmosfera che stanno vivendo i croati in Patria, in Bosnia-Erzegovina e nella Diaspora in questo strano dicembre calcistico mondiale.

Un’euforia collettiva che quest’anno, a motivo del torneo eccezionalmente giocato durante l’inverno europeo, si è trasferita dalle spiagge dell’Adriatico e dai luoghi di ritrovo all’aperto agli uffici, alle aule scolastiche, alle fabbriche, alle parrocchie, ai conventi. È un’ondata di entusiasmo che ha preso ogni età, ogni professione, ogni strato sociale, per una volta anche le persone che di solito guardano al calcio con malcelato disprezzo. Di conseguenza, anche le autorità pubbliche hanno dovuto fare buon viso a cattivo gioco e autorizzare la visione della partita negli uffici, nelle fabbriche e nelle scuole anche durante l’orario di lavoro o di lezione.

La cosa non deve sorprendere: la Croazia è un Paese bellissimo ma piagato da disoccupazione, corruzione, da una fortissima emigrazione verso altri Paesi europei che la priva delle forze migliori (cui si sta mettendo riparo con una sempre crescente immigrazione dal Medio e dall’Estremo Oriente) e da un fortissimo odio tra fazioni politiche opposte. Nel vedere i ragazzi del CT Dalić in maglia a scacchi bianco-rossi giungere per la seconda volta consecutiva alla semifinale del Campionato del mondo di calcio, i croati scoprono quale forza possederebbero e ciò che potrebbero ottenere se fossero uniti, determinati e confidassero in Dio, che li ha accompagnati aiutandoli a portare le tante croci della loro non facile storia.

Sebbene anche qui si noti un forte decadimento nella pratica religiosa e nella vita secondo la Legge di Dio, la fede in Dio rappresenta pur sempre un aspetto molto importante del popolo croato, e non fanno eccezione neppure i giocatori della Nazionale di calcio e il loro allenatore. Se da una parte, infatti, le immagini della nonnina che benedice sul televisore a uno a uno i giocatori croati e il Commissario Tecnico possono fare sorridere – ma anche dietro a questo gesto c’è una forte fede che non può essere disprezzata –, dall’altra non si deve dimenticare che ogni aspetto della vita e ogni ambiente professionale e ludico, ivi incluso quello del calcio, deve essere sotto la signoria di Dio, e la fede personale in Dio dà forza e coraggio ai credenti nei momenti più difficili.

Non sorprende quindi la notizia che il CT Zlatko Dalić ha chiesto e ottenuto che domenica 3 dicembre venisse celebrata una Santa Messa nell’albergo di Doha per la squadra e lo staff tecnico cui hanno partecipato tutti i giocatori della rosa e lo stesso Dalić. Per celebrarla è giunto appositamente da Zagabria il rettore del santuario nazionale mariano croato di Marija Bistrica, rev. Domagoj Matošević. Dalić, originario di Livno, in Bosnia, cattolico praticante e che porta sempre in tasca, stringendola in mano anche durante le partite, una corona del Rosario, in questi anni è stato un grande testimone della fede, non indietreggiando neppure nei momenti difficili quando, a ogni battuta d'arresto della Nazionale, dagli ambienti atei e di sinistra gli veniva domandato sarcasticamente dove fosse “la sua Madonna“.

Le vittorie della sua squadra sono state la migliore risposta ai suoi critici, e nelle dichiarazioni successive al passaggio in semifinale del torneo in corso in Qatar ai danni del fortissimo Brasile, Dalić ha svelato qual è il segreto della sua squadra, da dove essa trae tutta questa forza: «Questa è davvero una vittoria per il popolo croato, proprio di questo abbiamo bisogno, di una bellissima partita dal primo all’ultimo minuto, questa è la Croazia. quando c’è bisogno, quando arrivano i momenti decisivi, ci guidano la fierezza, la fede e l’amore! Questa squadra è l’orgoglio della nostra Patria!».

Per mostrare che essi fanno tutto questo per amore della Patria, dopo la vittoria sul Brasile i giocatori hanno inoltre pubblicato sui social network un video che li mostrano mentre cantano a tavola Ljepa li si (Come sei bella) di Marko Perković Thompson, canzone che nei cuori dei croati ha assunto il ruolo di inno non ufficiale del Paese, mentre nel video che Dalić ha pubblicato sul suo profilo Instagram si vedono i giocatori cantare, nella stessa occasione, Moja Domovina (La mia Patria), canzone realizzata da Hrvatski Band-aid per celebrare il riconoscimento internazionale del Paese nel lontano 1992.

Il messaggio è forte e chiaro: se siamo uniti e con il cuore colmo di valori e di ideali e desideroso di ricevere la benedizione di Dio, vinciamo, nello sport e nella vita quotidiana, proprio come il popolo croato, con l’aiuto della fede, riuscì a conquistare l’indipendenza negli anni novanta a prezzo di tanto sangue. Una lezione che noi italiani dobbiamo ancora imparare per risollevare le sorti del nostro popolo e del nostro Paese.