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L'EDITORIALE

Noi e Napolitano

Molti sono rimasti perplessi per la presenza del presidente della Repubblica al Meeting di Rimini e per la nostra posizione. Non rinneghiamo quanto di negativo abbiamo scritto in questi mesi su Napolitano, ma a Rimini qualcosa di nuovo è stato detto. E non si può negare.

Editoriali 25_08_2011

L’articolo che lunedì dava conto, tra l’altro, dell’intervento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al Meeting di Rimini ha destato molte perplessità in alcuni lettori: per la credibilità della figura di Napolitano; per il credito che gli è stato dato dal Meeting; per il nostro astenerci da un affondo polemico.

E’ dunque doveroso chiarire alcune questioni e la nostra posizione. Basterebbe mettere il nome Napolitano nello spazio ricerca del nostro sito per rendersi conto che non abbiamo mai avuto giudizi teneri sull’attuale capo dello Stato: non ci è mai piaciuta la sua invadenza politica che sta trasformando la nostra in una repubblica presidenziale; abbiamo stroncato i suoi ripetuti abbracci a Marco Pannella e a tutto ciò che costui rappresenta; lo riteniamo il principale responsabile istituzionale della morte di Eluana Englaro e di tutto il pasticcio legislativo conseguente; abbiamo giudicato duramente la sua spinta alla guerra in Libia; troviamo inaccettabile il suo continuo atteggiarsi a campione della moralità e della democrazia senza che mai abbia speso una parola di autocritica sulle sue gravi responsabilità politiche a favore delle dittature (vedi invasione sovietica dell’Ungheria del 1956) e nell’attuale sfacelo della politica italiana.

Non rinneghiamo assolutamente nulla di questi giudizi. Li riconfermiamo tutti, parola per parola. Ma siamo abituati a giudicare i fatti e non a muoverci secondo schemi precostituiti. E mentre resta vero tutto quanto sopra detto, è ugualmente vero che a Rimini qualcosa di nuovo è avvenuto o, perlomeno, è stato detto.

Napolitano ha scelto la platea di Rimini per dire essenzialmente due cose: anzitutto che in questa situazione di crisi economica e politica il cambiamento può venire solo dal basso, citando proprio il principio di sussidiarietà; e poi per indicare la realtà che ruota attorno al Meeting come un luogo per questo cambiamento, sintetizzato con quel suo appello finale: “Portate, nel tempo dell’incertezza, il vostro anelito di certezza”. E queste due cose le ha detto non da privato a privati, ma da capo dello Stato in una situazione in cui parlava al paese, il che non è irrilevante.

Quanto al primo aspetto poi è comunque giusto rilevare che l’affermazione assume una rilevanza ancora maggiore non solo per il ruolo di Napolitano ma anche per tutto il suo trascorso politico, fedele alla visione statalista propria del comunismo. Quello che ha espresso è un rovesciamento di prospettiva.

Lo stesso discorso vale per il secondo aspetto: Napolitano ha indicato al paese che una realtà cattolica in movimento è fonte di speranza per la rinascita della politica in Italia.

Non parleremo certo di conversione di Napolitano né di svolta epocale; né le sue parole possono cambiare il giudizio su tutto quanto scritto in apertura. Ma sarebbe assurdo e ideologico non cogliere i segnali che la realtà ci propone. Nella speranza che dal seme possa nascere una pianta.