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Intervista

Schneider: «L’immigrazione di massa, un piano per islamizzare l’Europa»

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Politici e organizzazioni internazionali hanno orchestrato «una sorta di reinsediamento di cittadini a maggioranza musulmana in Paesi cristiani europei», con il fine di cambiarne l’identità. Si abusa della definizione di “rifugiati”. E molti nella Chiesa, anziché annunciare Cristo, strumentalizzano la Bibbia per giustificare l’immigrazione di massa. La Bussola intervista mons. Athanasius Schneider.

Attualità 23_08_2025

Monsignor Athanasius Schneider, vescovo titolare di Celerina e ausiliare dell’arcidiocesi di Maria Santissima in Astana, è una delle voci più autorevoli del cattolicesimo contemporaneo. Fine saggista, ha appena pubblicato Fuggite le eresie. Una guida cattolica agli errori antichi e moderni, sugli scaffali a fine estate. Nato in Kirghizistan, ha trascorso la giovinezza nella Chiesa clandestina sovietica. Con il crollo dell’URSS arriva a Roma per completare gli studi, conseguendo un dottorato in Patrologia presso l’Istituto Augustinianum. Dal 1999 insegna al seminario di Karaganda, dove è anche direttore spirituale e degli studi. È presidente della Commissione liturgica e segretario generale della Conferenza dei vescovi cattolici del Kazakhistan. In questi giorni è tornato a circolare un estratto di una sua vecchia conferenza sull’immigrazione. La Nuova Bussola lo ha intervistato.

Mons. Schneider, in una conferenza del 2018, lei affermava: «Il fenomeno della cosiddetta “immigrazione” rappresenta un piano orchestrato, preparato da tempo dalle potenze internazionali per cambiare radicalmente l’identità cristiana delle popolazioni europee. Queste potenze stanno utilizzando l’enorme potenziale morale della Chiesa e delle sue strutture per raggiungere più efficacemente i loro obiettivi anticristiani e antieuropei. A tal fine, si abusa del concetto stesso di umanesimo e persino del comandamento cristiano della carità». E ancora: «È un’invasione dell’islamizzazione di massa dell’Europa». A distanza di sette anni, come crede che stiano le cose oggi?
Dobbiamo semplicemente aprire gli occhi e affrontare la realtà così com'è. Negli ultimi dieci anni alcuni Paesi dell’Europa occidentale, tra cui in particolare Germania e Regno Unito, hanno favorito un afflusso sproporzionato di persone provenienti da Paesi a maggioranza musulmana, classificate principalmente come rifugiati. Questo processo può essere definito come una sorta di reinsediamento di cittadini a maggioranza musulmana in Paesi cristiani europei, un processo appunto orchestrato dalle autorità politiche europee di livello superiore in collaborazione con alcune organizzazioni internazionali e sovranazionali. Infatti, le autorità centrali dell’Ue hanno pubblicamente rimproverato quei Paesi europei (come Ungheria e Polonia) che hanno imposto restrizioni all’ammissione di immigrati provenienti da Paesi a maggioranza musulmana.

Secondo lei, quindi, l’attuale fenomeno migratorio è frutto di un disegno più grande di un’élite politica con un obiettivo globale?
È confermato da fatti politici concreti. Con il pretesto dell’integrazione, pratiche religiose islamiche vengono introdotte nelle scuole e nella vita pubblica, come il cibo halal, le cene pubbliche per la rottura del digiuno durante il mese di Ramadan, la pubblicità e le luminarie festive per il Ramadan nelle città a maggioranza cristiana. Ad esempio, l’anno scorso, esponenti di primo piano della politica tedesca hanno fatto gli auguri per l’inizio del Ramadan sui principali media, mentre, nello stesso periodo, con l’inizio della Quaresima, la maggioranza cattolica non ha ricevuto alcun messaggio pubblico analogo. In non pochi asili pubblici e scuole elementari in tutta Europa, in diversi Paesi europei, gli insegnanti accompagnano i bambini in visite guidate alle moschee e mostrano loro i gesti della preghiera musulmana. Se questi stessi bambini venissero accompagnati in chiese cattoliche per pregare, scoppierebbe senza dubbio una tempesta di proteste senza precedenti.

Può spiegare il concetto di «strumento globale» dell’immigrazione?
In tanti Paesi a tradizione cristiana la componente islamica è destinata, in breve, a prevalere numericamente. Le famiglie musulmane, mediamente più prolifiche di quelle europee e caratterizzate dalla poligamia (consentita dalla loro religione), alimentano una crescita demografica rapida e costante. Senza considerare che in diverse nazioni a maggioranza cristiana, vi sono già figure musulmane che occupano posizioni politiche di primaria influenza.

Quando intere regioni dell’Africa e del Medio Oriente vengono private di risorse, energie e giovani talenti, promuovere l’immigrazione può davvero dirsi una soluzione?
È solo un grande errore. I governi europei dovrebbero investire in progetti umanitari ed economici che permettano a rifugiati e immigrati di restare nei propri Paesi, migliorandone le condizioni di vita e contribuendo così alla prosperità e al progresso della loro terra. L’attuale immigrazione pilotata per fini ideologici e politici sradica le persone, priva le nazioni delle loro forze e le spinge verso impoverimento e arretratezza.

Può dirsi “falsa esegesi” l’uso della Parola di Dio per giustificare l’emigrazione di massa verso l’Europa? Per esempio, spesso la Bibbia è usata per dire che Gesù emigrò in Egitto. Eppure Gesù emigrò perché era stato minacciato da Erode, poi tornò a casa. Il popolo ebraico è stato più volte esiliato in Mesopotamia, ma è tornato.
Il popolo d’Israele fu portato con la forza a Babilonia e lì tenuto in una forma di schiavitù. Gli immigrati oggi in Europa non vi sono portati con la forza e certamente non vivono in Europa come schiavi, anzi ricevono molti vantaggi sociali oltre che sussidi da parte dei governi europei. La Sacra Famiglia dovette fuggire in Egitto perché si voleva salvare la vita del bambino Gesù. Le parole di Dio nell’Antico Testamento raccontano di un’accoglienza generosa dei rifugiati e degli stranieri. Tuttavia, la stessa parola di Dio afferma che lo straniero deve anche osservare i comandamenti religiosi del popolo d’Israele e in nessun caso diffondere la propria religione idolatra. Oggi, si fa esegesi selettiva solo per scopi politici e ideologici.

Nonostante i martiri di ieri e di oggi, da padre Jacques Hamel ai fedeli di Nizza vittime dell’attentato del 2020, perché la Chiesa in Occidente appare così cauta nel denunciare la minaccia islamista?
Credo che molti rappresentanti della Chiesa oggi siano guidati dal politicamente corretto. Il dialogo interreligioso è un metodo ambiguo. Si invoca un’armonia tra le religioni che non esiste in dottrina e morale, e spesso neanche nella pratica. Inoltre, le affermazioni del Corano e della shari’a, che contengono chiare discriminazioni nei confronti dei non musulmani, non vengono mai affrontate. Questo tipo di dialogo manca di sincerità: il problema dell’islam politicizzato e della crescente persecuzione dei cristiani, soprattutto nei Paesi islamici o da parte di gruppi estremisti islamici, di solito non viene affrontato.

Perché il cattolicesimo resta la religione più perseguitata?
Il motivo è semplice: è l’unica vera religione, quella voluta da Dio qui sulla terra. È l’unica religione che possiede la pienezza della Verità e la pienezza di tutti i mezzi della Grazia divina e della salvezza. Il cattolicesimo è sempre stato bersaglio di attacchi da parte di quelle forze politiche e ideologiche che rifiutano Gesù Cristo come Verità, Via e vera Vita, cioè come unico Salvatore e Maestro dell’umanità. La ragione sta nel fatto che le persone preferiscono stabilire la propria verità, così da poter vivere come desiderano. La persecuzione della religione cattolica si riduce in ultima analisi al motto: “Non vogliamo che Cristo regni su di noi”. Però, una cosa è certa: non c’è via né vita senza Cristo.

Se pensiamo all’Asia come continente “ponte” tra culture e fedi, quali responsabilità emergono oggi – rispetto a dieci anni fa – per la Chiesa e per i suoi pastori di fronte alle sfide dell’immigrazione?
Di fronte all’immigrazione di massa dei non cristiani, i pastori della Chiesa hanno ancora una volta l’opportunità e il sacro dovere di eseguire, senza alcun complesso di inferiorità e con zelo, il comandamento divino di Cristo, che consiste nel fare di tutti i popoli discepoli di Cristo mediante la vera fede e il Battesimo, e nell’insegnare loro a vivere secondo i comandamenti rivelati di Dio, appunto secondo il Vangelo. Tutta la Chiesa dovrebbe fare ancora una volta sue le parole del santo apostolo Paolo e dire: «Non mi vergogno del Vangelo» (Rm 1,16), e: «Guai a me se non predicassi il vangelo!» (1 Cor 9,16). In effetti, non predicare Cristo ai non cristiani è una grave omissione nell’amore del prossimo, perché li priva della più grande felicità qui sulla terra, vale a dire conoscere e amare Cristo come loro Maestro, Signore e Salvatore.

Che fare allora?
Il vero dialogo interreligioso nasce nella vita quotidiana, tra vicini e famiglie, e si apre a chi, nella fede islamica, cerca sinceramente la verità. A loro va offerto, con amore e senza imposizioni, l’annuncio di Cristo, unico Salvatore e Maestro dell’umanità. Questa è la missione essenziale della Chiesa: portare Cristo a tutti gli uomini.