Nella Francia di Macron chi critica l'islamismo rischia la vita
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Gli autori del rapporto sulla Fratellanza musulmana sono stati secretati dal governo francese: troppo alto il rischio per la loro vita. È solo l'ultimo dei casi di intellettuali nel mirino del fondamentalismo.

l dibattito - che non scema - innescato dal rapporto sulla Fratellanza musulmana, è l’ennesima occasione per constatare come, nella Francia di Macron, criticare l’islamismo significhi spesso rischiare la vita o vivere sotto scorta. Gli autori del rapporto governativo sono stati secretati e probabilmente anche la discussione promessa da Macron non ci sarà. L’accusa è sempre la stessa: chi denuncia l’islam è cospirazionista, razzista e islamofobo, ovviamente.
Emblematica, in questo senso, è la vicenda di Florence Bergeaud-Blackler, ricercatrice al CNRS e presidente del Centro europeo di ricerca e informazione sui Fratelli musulmani. Nel 2023 ha scritto «La fratellanza e le sue reti, l’inchiesta (Odile Jacob)»: da allora parla sempre di meno e va in giro scortata. Anche l’autore della prefazione alla traduzione danese dell’opera della Bergeaud-Blackler, Thomas Hoffmann, medico e professore di teologia islamica all’Università di Copenaghen, è finito vittima della gogna mediatica e di varie associazioni islamiche, in Francia come in Danimarca.
Una minaccia reale quella dell’islam, ma che per troppi decenni la Francia e l’Europa hanno ignorato scientemente. È almeno dall’affaire Rushdie del 1989 che l’Occidente sa che l’islam condanna a morte gli scrittori. Negli ultimi trent’anni, s’è allungata la lista di obiettivi designati, di insegnanti decapitati, di intellettuali, giornalisti uccisi o finiti sotto protezione. Processi ripetuti, violente incursioni durante le lezioni, insulti, corsi sospesi, libri messi al bando, teste tagliate. La stessa tattica adottata dall’Unione Sovietica con i nemici del popolo, o dalla Cina di oggi, chi critica il Partito Comunista cinese è necessariamente sinofobo.
Il dossier, commissionato dal governo e la cui discussione Macron ha rimandato, ha messo nero su bianco quello che i francesi sanno già: esiste effettivamente un rischio che i Fratelli Musulmani sviluppino ecosistemi islamisti sul territorio nazionale. Inoltre, la crescente influenza dei predicatori di ultima generazione costituisce una minaccia per la coesione nazionale perché il fine ultimo del progetto della Fratellanza ruota attorno alla creazione di uno Stato islamico e alla conseguente applicazione della shari’a in ogni territorio che finiscono per abitare.
Niente di nuovo. Specie per i francesi. Era ancora il 2003 quando il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti pubblicava un’inchiesta che rivelava i legami tra il terrorismo islamico e il Comitato di Carità e Soccorso per i Palestinesi (CBSP), organizzazione fondata in Francia nel 1990, estremamente vicino all’UOIF, Unione delle Organizzazioni Islamiche in Francia. Nella stessa inchiesta la CBSP veniva accusata anche di aver raccolto fondi per Hamas.
Erano gli inizi degli anni 2000 e già veniva disegnata una rotta ben consolidata - nota al Governo francese - tra il terrorismo islamico palestinese, l’UOIF e i Fratelli Musulmani. Ancora nel 2003, il ‘Collettivo contro l’Islamofobia’ in Francia iniziava a moltiplicare i processi contro l’islamofobia, ma nell’indifferenza generale. Era il Collettivo erede di una componente più estremista ancora dell’UOIF, sciolto dal Governo nel 2020 per legami con la decapitazione del professore Samuel Paty e poi rinato, pochi mesi fa, in Belgio. All’epoca lo fecero entrare nel CFCM, l’organismo di rappresentanza delle comunità musulmane in Francia, con il beneplacito di Sarkozy.
Ventuno anni dopo, Humani Terre - associazione gemella della CBSP - è sotto inchiesta per legami con Hamas.
La Francia è precipitata in una spirale di terrorismo islamico, ogni tentativo di alzare la testa va a vuoto, mentre la repressione di chi osa criticare l’islam imperversa senza tregua. Uno dei casi più emblematici è certamente Gilles Kepel - politologo e arabista francese, specializzato in studi sul Medio Oriente contemporaneo e sulle comunità musulmane in Occidente - che a partire dagli anni ’80, in un’epoca in cui la questione veniva più che ignorata, negata e relativizzata di oggi - ha documentato l’avanzata dell’islamismo e il ruolo dei Fratelli Musulmani in Europa. Dal 2016 è sotto scorta, dopo aver ricevuto una condanna a morte da Rachid Kassim, l’ex rapper diventato mente del terrorismo islamico in Francia. Considerato dagli USA il nemico pubblico numero uno, Kassimi è stato ritenuto il principale ispiratore di gran parte degli attentati in Francia tra il 2015 e il 2017, prima di essere ucciso da un drone a Mosul.
Il professore Bernard Rougier nel 2020 ha coordinato un’opera di più autori, «I territori conquistati dall’islamismo». Preso di mira anche dai suoi colleghi, ha cinque processi per diffamazione aperti. I querelanti? Una moschea, un attivista “decolonialista”, un consigliere comunale e persino un uomo inserito nella lista “Fiche S”, la schedatura dei soggetti considerati vicini al terrorismo in Francia. Fabrice Balanche, noto specialista di Siria e autore del libro «Lezioni sulla crisi siriana (Odile Jacob, 2024)», è finito nel mirino dopo aver affrontato in aula il tema dell’islamismo e delle azioni dei Fratelli Musulmani. Su di lui s’è abbattuta immediatamente l’accusa d’islamofobia.
Poi, all’Università Lione 2, il primo aprile scorso, è stato violentemente interrotto da una dozzina di individui mascherati e incappucciati che lo hanno aggredito fisicamente nel tentativo di intimidirlo e poi cacciato dall’aula. Due giorni prima, il professor Balanche era intervenuto su CNews per denunciare la messa a disposizione di un’aula universitaria - a partire da febbraio - destinata espressamente all’interruzione il digiuno islamico. Il video dell’aggressione è diventato presto virale, con circa 10 milioni di visualizzazioni. Come si è potuti arrivare al punto in cui uomini incappucciati espellono un professore universitario nel bel mezzo di una lezione colpevole solo di averli offesi?
Dal preside, nessuna chiamata né parola di sostegno: solo un’e-mail, inviata dopo l’incidente, in cui si suggeriva di trasferire le lezioni nel campus del centro città, anziché a Bron, per motivi di sicurezza. Il coro è sempre lo stesso «razzista, sionista, terrorista e genocida». Nella lunga lista dei perseguitati dall’islam, come dimenticare Boualem Sansal, che ha subito anch’egli numerose minacce evocando l’islamismo e i suoi pericoli, ed è fuori di dubbio che anche questo sia tra le ragioni della sua prigionia in Algeria dal 16 novembre 2024.
Nel 2021 il professore Kinzler accademico a Sciences Po a Grenoble, veniva sospeso dall’insegnamento. A lezione aveva rifiutato l’uso ideologico della parola islamofobia che viene fatto dai difensori dell’islam politico e denunciato la porosità tra la sinistra intellettuale e l’islamismo. Qualche giorno dopo, trovò il suo nome e il suo volto sui muri di Sciences Po, e sui social, sotto la scritta «fascista islamofobo». Fra le accuse, anche quella di «ricordare le origini cristiane della Francia». Gli è toccata prima la scorta poi la sospensione dall’insegnamento.
Anche per il professore a Science Po, Vincent Tournier, la protezione della polizia dal 2021: colpevole di tenere un corso dal titolo «Islam e musulmani nella Francia contemporanea». Non è difficile immaginare perché gli autori del rapporto sulla fratellanza siano stati secretati.
Resta preoccupante assistere a una tale sconfitta del pensiero in un Paese che, negli ultimi quindici anni, è stato gravemente colpito da attacchi islamisti. Ed è deplorevole che questo fallimento inizi a scuola e all’università, proprio dove il pensiero critico e la libertà di espressione dovrebbero essere forgiati. Ma si sa, il Paese dei Lumi non ha mai avuto le luci accese.