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DISCORSO DI FINE ANNO

Mattarella "benedice" il governo Meloni

Il capo dello Stato, nel tradizionale messaggio di fine anno, ha sottolineato il significato sociale e culturale dell'ascesa a Palazzo Chigi del primo premier donna della storia italiana. Quattro parole chiave nel suo discorso: solidarietà, visione, responsabilità, comunità.

Politica 01_01_2023

C’era un’attesa particolare per il primo discorso di Sergio Mattarella da presidente riconfermato. Alla fine dell’anno scorso si era congedato da tredici milioni e mezzo di telespettatori comunicando che sarebbe stato il suo ultimo messaggio da Capo dello Stato, ma ieri sera era ancora lì e, salute permettendo, lo sarà ancora per sei anni. I partiti hanno deciso di riconfermarlo a “furor di Parlamento”, come già accaduto con il suo precedecessore, dopo aver offerto uno spettacolo impietoso per settimane, senza trovare una convergenza su un altro candidato.

Giorgio Napolitano interruppe dopo due anni il suo secondo settennato. Sono in pochi a scommettere che l’attuale inquilino del Quirinale farà altrettanto. Gode di ottima salute e sembra ancora pienamente calato nel suo ruolo. Non si intravvedono all’orizzonte potenziali rivali, anzi l’annuncio di Giorgia Meloni di voler portare avanti la sua battaglia per il presidenzialismo in qualche modo mette al riparo Mattarella da qualsiasi sorpresa. Potrà rimanere al suo posto di sicuro fino a quando non sarà stata approvata la riforma presidenzialista. Solo dopo quella data potrebbe esserci bisogno di un gesto di coerenza, con le sue dimissioni per fare posto al primo Presidente della Repubblica eletto dal popolo. 

Ieri sera Mattarella ha parlato in piedi nell’ala neoclassica del Quirinale per meno di quindici minuti, toccando tutti i temi di maggiore attualità, dalla guerra al Covid, passando per i giovani, il lavoro, il fisco e l’ambiente. Non potevano inoltre mancare riferimenti ai 75 anni della Costituzione italiana, che è stata promulgata il 27 dicembre 1947. 

Quattro le parole chiave cerchiate di rosso sul taccuino del Presidente nel primo discorso del suo secondo settennato: solidarietà, visione, responsabilità, comunità.  Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni ha subito ringraziato il Capo dello Stato dell'apprezzamento rivolto al nuovo esecutivo e a chi lo presiede. La Meloni ha telefonato a Sergio Mattarella esprimendo "gratitudine per l'incoraggiamento a governare con la responsabilità che la difficoltà del momento esige".

Infatti il Capo dello Stato, nel suo discorso, ha sottolineato il significato sociale e culturale dell'ascesa a Palazzo Chigi del primo premier donna della storia italiana. Nel dirsi preoccupato della crescente povertà minorile e delle disuguaglianze acuite dalla pandemia, Mattarella ha fatto un riferimento molto perentorio alla necessità di pagare le tasse, un invito letto da qualcuno come un richiamo a quanti propongono sanatorie o regimi fiscali di privilegio. "La Repubblica è nel senso civico di chi paga le imposte perché questo serve a far funzionare l'Italia e quindi al bene comune", ha detto il Presidente della Repubblica.  

Nel ribadire la collocazione atlantista ed europeista dell'italia, Mattarella è tornato a parlare della tragedia della guerra in Ucraina e delle oscurantiste limitazioni di libertà in Iran, auspicando un 2023 decisivo per la pace internazionale. Il Capo dello Stato ha rivolto un appello accorato ai giovani affinché possano rendersi protagonisti del futuro anche utilizzando le risorse del Pnrr, che garantiscono uno sviluppo responsabile per tutti, basato su progetti ambiziosi e pluriennali. Non è  mancato un riferimento alla transizione energetica e neppure all'esigenza di non abbassare la guardia sul Covid, fidandosi della scienza.

Al di là delle parole prevedibili, rimane sorprendente in positivo l'apertura di credito che il Capo dello Stato ha esternato nei riguardi della Meloni, smentendo quanti, alla vigilia delle elezioni del 25 settembre, paventavano il rischio di un isolamento internazionale dell'italia e di un deterioramento del clima democratico. Tutte argomentazioni pretestuose di una sinistra incapace di fare un'opposizione matura e seria sui contenuti e sui programmi.