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L'ultima fatica di Cordes sul coraggio di essere cristiani

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Il cardinale attendeva che uscisse in italiano la sua opera imperniata sulla necessità di mettere Cristo al centro del messaggio della Chiesa, un'occasione persa nel periodo pandemico. E desiderava parlarne sulla Bussola.

Ecclesia 23_03_2024

Ieri mattina nella cattedrale di Paderborn è stata celebrata dall'arcivescovo Markus Bentz una Messa Pontificale di Requiem in suffragio del cardinale Paul Josef Cordes. Nel 1975 era stato nominato vescovo ausiliare della sua diocesi da Paolo VI. La salma del cardinale, accompagnata in quest'ultimo ritorno in patria dalle memores Domini che si sono prese cura di lui fino all'ultimo, è stata sepolta nella chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo del suo paese d'origine, Kirchhundem al termine di una liturgia a cui era presente anche il cardinale Rainer Maria Woelki. Riposerà nei pressi di una statua della Madonna di Loreto che lui stesso aveva regalato alla "sua" parrocchia in occasione dell'elevazione al cardinalato.

La significativa partecipazione di fedeli alle cerimonie di Paderborn e di Kirchhundem testimoniano il legame che Cordes ha continuato a coltivare con la terra d'origine nonostante il trasferimento a Roma risalente al 1980. Negli ultimi tempi, poi, la malattia aveva reso praticamente impossibile per lui qualsiasi spostamento troppo lontano. Debole nel fisico ma non ancora nella mente, il cardinale ha dedicato le sue ultime fatiche alla redazione di un libro uscito in Germania con il titolo Il coraggio di essere cristiani. Una conversazione su fede e Chiesa (Fe-Medien, 2023) e che a breve uscirà in Italia per Edizioni Studium. Il cardinale era molto felice che quest'opera imperniata sulla necessità di mettere Cristo al centro del messaggio della Chiesa potesse essere disponibile anche per i lettori italiani.Col suo certosino dinamismo aveva già programmato di parlarne sulla Nuova Bussola.

Mentre si trovava già nel letto d'ospedale, poco prima di morire, Cordes si è preoccupato di ricordare all'amico fidato e suo intervistatore nel libro, don Andrzej Kuciński di inviare a chi scrive la trascrizione di un'intervista su "Il coraggio di essere cristiani" realizzata da Claudia Kaminski per K-TV. Non è stato certamente l'intento promozionale a muovere quell'ultimo proposito, ma lo straordinario zelo missionario che ha animato quasi fino all'ultimo istante l'uomo a cui i movimenti spirituali devono probabilmente il loro posto nella Chiesa. Nell'intervista a K-TV, don Kuciński ha spiegato com'è nata l'idea del libro, chiarendo di non esserne il coautore ma solo l'intervistatore: «Quando parli spesso o anche molto spesso di Dio e del mondo con una persona importante che ha una grande esperienza – ha detto il sacerdote, dipendente della Curia romana – allora ti rendi conto che a un certo punto potresti essere in grado di portarlo a un pubblico più ampio. Ne vale la pena. Così è nata tra noi l’idea di presentare forse una piccola sintesi del suo pensiero, ma naturalmente con impulsi per l’oggi, sia teologici che pastorali».

Kuciński ha rimarcato l'appropriatezza del titolo in tempi in cui il cristianesimo è sulla difensiva, dicendo che «il cardinale ha colpito ancora una volta nel segno, perché non c’è bisogno di pensarci troppo: una persona che attraversa la vita con un po’ di consapevolezza si rende subito conto che al giorno d’oggi se si prende sul serio la propria vita e il proprio essere cristiani, allora si sta già correndo un rischio». L'ultimo libro di Cordes, ha argomentato il suo intervistatore, si rivolge a «tutte le persone che sono interessate al cristianesimo, ma soprattutto vogliono prendere sul serio il proprio cristianesimo». Nello stile del compianto porporato, preciso e dettagliato, questa lettura si presenta impegnativa, come ha detto l'intervistatore a K-TV: «Non è qualcosa di banale, che si legge velocemente e poi si rimette giù, ma qualcosa che può trasmettere una vera profondità. E in questo senso dà anche il coraggio di vivere di nuovo la vita cristiana in modo corretto». Kuciński ha ragione perché Cordes era abituato a scrivere solo dopo aver ponderato attentamente, scegliendo meticolosamente parola per parola.

Il cardinale ha continuato a rimanere informato sulla situazione della Chiesa e della società in generale e spesso erano proprio le avversità ascoltate in televisione o lette su un giornale a stimolargli la penna. Ha raccontato Kuciński che il suo amico gli disse «“Scrivevo sempre o molto spesso quando mi sentivo chiamato in sfida, cioè quando veniva fuori qualcosa che non mi piaceva, che pensavo dovesse essere corretto o presentato in modo diverso”. A questo proposito, si può dire che tutti i momenti di crisi o i fenomeni di crisi nella Chiesa erano per lui molto produttivi, perché rappresentavano una sfida a questo coinvolgimento attivo, anche alla sua età».

Questa caratteristica era ben nota a Benedetto XVI che, come abbiamo detto, ne aveva parlato in una lettera inviata nel 2021 per la prefazione di un altro libro, Chi non dà Dio dà troppo poco. Questa peculiarità lo ha reso particolarmente produttivo di fronte al Cammino Sinodale tedesco e ad altre novità di questi anni. Kuciński ha evidenziato a K-TV come Cordes «aveva seguito non solo gli sviluppi in Germania, che hanno portato anche al Cammino sinodale, ma anche gli sviluppi nella Chiesa universale come vescovo e cardinale. E quindi, credo, avesse una prospettiva più profonda dalla quale interpretare certi eventi e certi fenomeni».

Nel libro in uscita, il cardinale non aveva taciuto le sue critiche all'approccio generale nel periodo della pandemia durante il quale era rimasto impressionato dall'esasperazione del suo grande cruccio: la dimenticanza di Dio. Ha spiegato Kuciński: «Credo che si sentisse anche piuttosto sfiduciato. Questa fu una delle crisi che lo mossero, perché gli mancava un elemento essenziale. (...) C’è il pericolo, e credo sia giusto dire che c’è stata anche una tentazione in ampie parti della Chiesa cattolica, di ridurre il tutto a ciò di cui comunque tutti parlavano: Dobbiamo proteggere le persone, dobbiamo fare questo e quello, il che è ovviamente giusto. Ma allo stesso tempo, abbiamo questo “di più” che dovremmo far valere. Non basta dare alle persone il terreno senza offrire il celeste e, soprattutto, senza vedere Dio in questi colpi del destino».

Alla domanda di Claudia Kaminski sulle priorità del cardinale durante gli anni del Covid, il sacerdote ha ricordato come Cordes «ha parlato di Dio e ci ha esortato a porci queste domande: come affronto la pandemia nella preghiera e, soprattutto, come la vivo in relazione a Dio e alle sue azioni per gli uomini? Oppure: cosa significa essa per noi? E nel suo libro ne ha parlato, ad esempio, mettendo a confronto due opere letterarie: “La peste” di Camus e “I Promessi sposi”». I nostri lettori forse ricorderanno che il porporato tedesco affrontò questo tema in un articolo pubblicato sulla Bussola

Per Kuciński, Cordes «ha chiarito (che) una peste del genere si può vivere in modo diverso se si sa che Dio c’è, che c’è la provvidenza. Non posso sempre evitare questi colpi del destino, quindi essere cristiano non significa non viverli, anzi: anche i cristiani muoiono. Ma grazie al fatto di avere questa fede e questa fiducia in Dio, tutto ciò non mi distrugge. Quindi posso viverla in modo diverso, con speranza, perché so che ho una fine davanti a me che è una buona fine. Indipendentemente da ciò che accade». Ma l'ultima fatica letteraria del cardinale è anche una difesa del sacerdozio contro gli attacchi che arrivano da fuori e dentro la Chiesa. «Ciò  che lo ferisce davvero – ha detto l'intervistatore di "Il coraggio di essere cristiani" – è che l’intero sacerdozio viene in qualche modo messo in discussione» specialmente nel ricordo «di molti sacerdoti e vescovi che hanno dato senza riserve la loro vita e continuano a farlo per gli altri».

Nel ritratto che ne fa l'amico con la tv tedesca, Cordes «era un vero vir ecclesiasticus, un uomo di Chiesa, ma non nel senso di un cardinale, di un “principe della Chiesa” o qualcosa del genere, bensì nel senso che aveva la consapevolezza di cosa fosse la Chiesa e che si identificava con essa». Il cardinale «ha lottato per l’unità della Chiesa, l’ho visto molto chiaramente in lui. Ed era anche pronto a soffrire per essa, ad aspettare, ad essere paziente. Questo è ciò che rende la sua fede così ecclesiale, il che è molto importante per me, soprattutto oggi, quando la gente dice ancora una volta: “Cristo - sì, ma la Chiesa – no”», ha osservato Kuciński. Se nella società e persino nella Chiesa c'è chi ha paura se non vergogna della croce, non c'è da dubitare che l'esempio di Cordes sarà ancora valido in futuro per infondere "il coraggio di essere cristiani". 
 

Foto della Messa da Requiem: Thomas Throenle / Erzbistum Paderborn