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IL CASO

Le strane "nozze" dell'ambasciatore di Obama

La stampa americana si sta occupando in questi giorni di un curioso giallo, che avrebbe un andamento da commedia buffa se non rivelasse meccanismi profondi all'opera nell'amministrazione Obama, di rilievo anche per l'Italia. Si tratta delle nozze gay dell'ambasciatore Dan Baer. Ecco la storia

Esteri 08_08_2014
Le nozze dell'ambasciatore Dan Baer

La stampa americana si sta occupando in questi giorni di un curioso giallo, che avrebbe un andamento da commedia buffa se non rivelasse meccanismi profondi all'opera nell'amministrazione Obama, di rilievo anche per l'Italia. L'Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Co-operazione in Europa), che conosco bene per esserne stato nel 2011 il rappresentante per la lotta al razzismo, alla xenofobia e alla discriminazione contro i cristiani e i seguaci di altre religioni, è un “ente sovrano” che si occupa di sicurezza e diritti umani. “Ente sovrano” significa che non è una branca delle Nazioni Unite e che i 57 Stati partecipanti hanno ambasciatori all'Osce, che risiedono a Vienna, ma sono persone diverse dai rispettivi ambasciatori in Austria, esattamente come gli ambasciatori all'Onu risiedono a New York ma non coincidono con gli ambasciatori negli Stati Uniti dei Paesi membri dell'Onu.

Gli Stati Uniti, come il Canada, sono un Paese partecipante all'Osce. Nel settembre 2013 il presidente Obama ha nominato un nuovo ambasciatore americano all'Osce, Dan Baer. L'ambasciatore è stato assistente a Harvard e professore a Georgetown, ma è principalmente noto come attivista Lgbt. Nessuno dubita delle sue credenziali accademiche, ma la nomina ha riproposto un vecchio problema di cui mi ero occupato anch'io quando ero all'Osce. L'Osce ha tra i suoi compiti istituzionali la tutela contro le discriminazioni delle minoranze etniche, linguistiche e religiose. Gli omosessuali sono una minoranza "etnica"? Io penso di no, e credo che la discriminazione delle persone omosessuali non possa essere equiparata al razzismo neppure per analogia. Il Magistero della Chiesa cattolica dice la stessa cosa. Nelle carte di fondazione dell'Osce degli anni 1970 - un processo dove ebbe un ruolo decisivo la Santa Sede - non c'è nessun riferimento agli omosessuali. Pertanto, pur ricevendo con pazienza e rispetto diverse delegazioni Lgbt che mi avevano chiesto udienza, nel corso del mio mandato all'Osce ho sempre tenuta ferma l'idea che la lotta contro la discriminazione delle persone omosessuali non rientri fra gli scopi istituzionali dell'Osce. Del resto, se ne occupano già tante altre organizzazioni. 

Questa posizione mi pose in urto con alcuni Paesi partecipanti, in particolare con gli Stati Uniti, e personalmente con l'allora segretario di Stato Hillary Clinton. Non a caso il nuovo ambasciatore americano Baer ha ringraziato per la nomina l'ex-segretario Clinton insieme al nuovo segretario di Stato Kerry, cattolico progressista, e al presidente Obama. È vero che Baer è il settimo omosessuale militante nominato ambasciatore da Obama. Ma è il primo accreditato presso un'organizzazione internazionale ed è, con la sua sola presenza, un segnale che gli Stati Uniti continuano a fare pressioni perché l'Osce si occupi di diritti Lgbt, magari dedicando meno risorse alla libertà religiosa e ai cristiani perseguitati, che all'amministrazione Obama non sono mai stati particolarmente a cuore.

Lo scorso 2 agosto l'ambasciatore Baer ha fatto qualche cosa di clamoroso, che va nella stessa direzione. Si è «sposato» nella residenza dell'ambasciatore americano all'Osce a Vienna, dove abita, con il suo partner omosessuale Brian Walsh. Non lo ha fatto in segreto. Ha invitato noti leader Lgbt, e ha diffuso un comunicato stampa e una fotografia della cerimonia, officiata da una donna in borghese che sembra essere un funzionario dell'ambasciata. Il presidente Obama ha subito trasmesso le sue congratulazioni.

Ma di che «matrimonio» si tratta? Non può trattarsi di un matrimonio austriaco, perché nella legge austriaca il «matrimonio» omosessuale non c'è. La residenza di un ambasciatore americano in base al diritto diplomatico è territorio americano, così come l'ambasciata. Ma questo non risolve i problemi, per due motivi. In primo luogo la legislazione americana sul matrimonio prescrive che dal 2013 «di norma» i funzionari di ambasciata e di consolato all'estero non possano celebrare matrimoni, che vanno celebrati da ufficiali di stato civile locali. Il «di norma» lascia intendere che possono essere concesse eccezioni, anche se non è bello che un ambasciatore ottenga un'eccezione a suo favore per qualche cosa che non è accessibile a un normale cittadino americano. 

Se anche fosse così, resta la scenda obiezione. Un'ambasciata o la residenza di un ambasciatore sono territorio federale americano, non territorio di un singolo Stato degli Stati Uniti. In base alle sentenze della Corte Suprema del 2013, l'ordinamento federale americano «riconosce» i «matrimoni» omosessuali, ma non li «celebra». La celebrazione avviene in quei singoli Stati (non tutti) dove i parlamenti statali o i giudici hanno introdotto il «matrimonio» omosessuale, in locali che rispondono ultimamente all'autorità statale e non a quella federale. I giornali americani - anche quelli favorevoli al «matrimonio» omosessuale, come l'«Huffington Post» - si interrogano: che cosa mai è successo a Vienna? Sembrerebbe che un ambasciatore americano abbia violato la legge federale americana - se la cerimonia fosse avvenuta fuori del perimetro diplomatico, in territorio austriaco, avrebbe invece violato la legge austriaca - con il plauso del presidente Obama. 

Ma l'aspetto più interessante della vicenda è politico. Sia l'Austria, che per ora resiste alle pressioni perché introduca il «matrimonio» omosessuale, sia l'Osce sono terreni di battaglia in una guerra mondiale dove lobby potentissime cercano di imporre l'agenda Lgbt a chi non la vuole. Le strane «nozze» dell'ambasciatore Baer sono un segnale di come l'amministrazione Obama e la sua diplomazia siano ormai la più grande lobby Lgbt all'opera in tutto il mondo, pronta a calpestare anche le leggi del suo Paese pur d'imporre l'agenda gay. E certamente le pressioni americane si sentono, eccome, anche in Italia.