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Santità sponsale

Le lettere di Gianna e Pietro Molla, luci per famiglie sante

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La comune aspirazione a un matrimonio e una famiglia secondo il disegno di Dio. Gioie e dolori condivisi nel Sacramento, come una carne sola. Ripubblicato l’epistolario, con qualche inedito, tra santa Gianna e Pietro Molla.

Famiglia 14_07_2023

Il vescovo statunitense e venerabile Fulton Sheen (1895 - 1979) diceva che «il più grande errore di una coppia sposata è credere che per il matrimonio siano necessarie solo due persone: lui e lei. No! Ne servono tre: lui, lei e Dio».

Una verità che nella stessa epoca, dall’altra parte del mondo, hanno mostrato di conoscere a pieno due laici – pediatra lei, ingegnere lui – come Gianna Beretta (4 ottobre 1922 – 28 aprile 1962) e Pietro Molla (1 luglio 1912 – 3 aprile 2010), come a conferma dell’universalità dei princìpi di cui è permeata la fede cattolica, trasmessa e vissuta.

La presenza costante del Signore, nonché della Madre celeste, nella vita di Gianna e Pietro la si vede chiaramente dall’epistolario che i due – prima da semplici innamorati, poi da fidanzati e quindi da marito e moglie – intrattennero dall’inizio del 1955 alla fine del 1961, cioè fino a quattro mesi prima che la santa mamma di famiglia rendesse l’anima a Dio, a seguito dell’atto eroico, pienamente ponderato nel totale abbandono alla Provvidenza, di anteporre la vita della bambina che portava in grembo (la sua quartogenita, Gianna Emanuela), alla propria.

Quell’epistolario – pubblicato per intero già nel 2012, a due anni dalla morte di Pietro – è oggetto di una nuova edizione, intitolata Lettere. Una storia di amore e speranza (Cantagalli, 2023, a cura di Elio Guerriero, pp. 336), da oggi nelle librerie. Un’edizione arricchita tra l’altro da alcuni testi inediti, ritrovati nel frattempo da Gianna Emanuela Molla, e dalla prefazione di monsignor Livio Melina, già preside del fu Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia.

Si tratta di lettere, cartoline e biglietti che trasmettono una purezza di sentimenti di cui oggi il mondo avrebbe enorme bisogno. Più riservato lui, almeno all’inizio, più espansiva lei, che non attese molto (due mesi, da quando iniziarono a frequentarsi) per rivelare a Pietro la vocazione a cui si sentiva chiamata e che pure nasceva da un cammino lungo anni – fatto di preghiera, di consiglio con i sacerdoti e di una speciale grazia chiesta in pellegrinaggio alla Madonna. «Vorrei proprio farti felice ed essere quella che tu desideri: buona, comprensiva e pronta ai sacrifici che la vita ci chiederà», scriveva Gianna il 21 febbraio 1955, nella prima lettera da lei inviata a Pietro, dopo che i due si erano aperti in un incontro il giorno prima. «Intendo donarmi per formare una famiglia veramente cristiana», aggiungeva qualche riga dopo. A quella missiva, più volte letta e baciata, l’ingegner Molla rispose ricambiando il desiderio di Gianna, anche lui volendo farla felice e comprenderla.

Ma in quel reciproco anelito di essere l’una la felicità dell’altro, appunto, i due avevano ben presente di dover mettere l’amore per Dio, il nostro vero fine, al di sopra di tutto. Così, per esempio, appena tre settimane prima del loro matrimonio – celebrato il 24 settembre 1955 – Gianna, anziché lasciarsi sopraffare dai preparativi mondani, proponeva per iscritto a Pietro di fare un triduo per prepararsi spiritualmente al Sacramento. «Nei giorni 21-22-23 S. Messa e S. Comunione, tu a Ponte Nuovo [dalla Madonna del Buon Consiglio, ndr], io nel Santuario dell’Assunta [a Magenta, ndr]».

Da parte sua, Pietro non solo accoglieva «con tutto l’entusiasmo» (4 settembre 1955) la proposta della sua futura sposa, ma le manifestava di voler essere un marito «degno delle tue virtù» e aggiungeva: «In questi giorni, come non mai, e soprattutto nel triduo, pregherò Gesù, la Madre Celeste e la sorella mia che sento in Cielo [Teresina Molla, morta a 23 anni, ndr], perché benedicano i miei propositi e siano larghissimi di grazie per la nostra nuova famiglia. (…) In questi mesi è stato tutto un crescendo di comprensione e di affetto. Ora, la nostra comprensione è perfetta, perché ci è di luce il Cielo e di guida la Legge Divina» (10 settembre 1955).

In questa completa condivisione di ideali, era dunque naturale che ancora da fidanzati l’una si facesse “portavoce” dei desideri dell’altro, e viceversa. Basti quanto scriveva Gianna il 13 settembre del ‘55, dopo aver elogiato il suo Pietro perché le era da esempio: «Con l’aiuto e la benedizione di Dio faremo di tutto perché la nostra nuova famiglia abbia ad essere un piccolo cenacolo ove Gesù regni sopra tutti i nostri affetti, desideri ed azioni. (…) Diventiamo collaboratori di Dio nella creazione, possiamo così dare a Lui dei figli che lo amino e lo servano». Figli che poi i due coniugi avrebbero prontamente consacrato alla Madonna.

Questi scritti sgorgavano dal cuore di un uomo e una donna devoti, con abitudini e interessi del tutto normali, anch’essi oggetto dei loro scambi epistolari. Vedi la passione di entrambi per il teatro e la musica classica, l’amore per la montagna e in generale l’ammirazione per le bellezze del creato, che si tramutava subito in lode a Dio, espressa con semplice vivacità da Gianna e con vena poetica da Pietro, il quale usava anche immagini della natura per esprimere quel che provava per l’amata.

Non erano degli adolescenti da fidanzati – si fidanzarono quando lui aveva 42 anni e lei 32 – ma dall’epistolario emerge tutta la freschezza del loro amore. Una freschezza che Gianna e Pietro conserveranno per tutto il tempo del matrimonio, condividendo in presenza e per lettera tutto quello che potevano, dalle cose straordinarie a quelle più ordinarie: la gioia per i figli, l’educazione da dare loro, le preoccupazioni per la salute dei bambini e del coniuge, la preghiera e la stima reciproca, la mancanza dell’altro (specialmente per i frequenti viaggi di lavoro di Pietro), le idee per le vacanze, la lista della spesa…

Il tutto vissuto in una splendida complementarità di carismi, come ha sottolineato mons. Melina nella prefazione: «Le lettere di questo carteggio (...) sono (...) lo scambio, nello stesso tempo quotidiano e spirituale, di una santità coniugale vissuta insieme da due sposi. Certo Santa Gianna, con le sue intuizioni e i suoi slanci, ha preceduto il marito (...). Ma Pietro, da parte sua, ha saputo seguire con fedeltà e docilità, con passo forte e sicuro, i suggerimenti dello Spirito, assicurando una compagnia virile e una presenza paterna nella famiglia, con tratti di umiltà e generosità davvero grandiosi. Egli ha percorso in un ammirevole silenzio la via lunga, custodendo la memoria amante e devota per la moglie e portando a termine la missione della famiglia anche per lei, anzi misteriosamente insieme a lei, che dal Cielo vegliava. Oserei quasi dire che la santità di Gianna non si spiegherebbe pienamente senza la santità sponsale e familiare dei due e senza il contributo originale della santità di Pietro. Forse è giunto il momento, con rispetto per il giudizio prudente della Chiesa e per le necessarie verifiche, di esplorare anche la santità di Pietro», suggerisce mons. Melina, così da avere altri due santi sposi (accanto ai coniugi Martin e ai Quattrocchi) da proporre all’imitazione dei fedeli.



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«Vi racconto il santo matrimonio di mamma e papà»

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«Gianna Beretta Molla, una santa con un degno sposo»

28_04_2022 Ermes Dovico

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