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IL CASO GINNASTICA

Le farfalle abusate, l'agonismo non è per tutti

Abusi denunciati all'accademia di Desio, una delle più importanti a livello internazionale: la sofferenza delle "farfalle", giovanissime ginnaste e aspiranti campionesse, ha acceso un riflettore sul lato oscuro della ginnastica ritmica. Ma impone una riflessione più ampia sull'agonismo e sull'impatto che ha sulla formazione dei giovani. 

Sport 25_01_2023
Le Farfalle azzurre

Farfalle, troppo leggere per volare? È inutile girarci troppo attorno: lo sport agonistico non è per tutti. Lo ribadisce una persona che appartiene all’ambiente, la pedagogista e psicologa Marcella Bounous. La professionista, dal 17 novembre, ha assunto il ruolo di Duty Officer dell’Accademia Internazionale di ginnastica ritmica di Desio, finita sotto i riflettori dopo lo scandalo delle presunte pressioni alle atlete per perdere  peso.

In un’intervista rilasciata di recente a un quotidiano, la Bounus spiega come il mondo della ritmica sia molto particolare, duro, rigido. Il talento sportivo a volte non si incontra con quello mentale e si barcolla. A lei è ora affidato il delicato compito di tutela e vigilanza su stati emotivi, comportamenti e rapporti di e tra atlete e staff. Il caso è nato dalle esternazioni sulla stampa di due ex ginnaste che frequentavano la palestra di Desio, nella operosissima Brianza. Dopo che le notizie di stampa hanno rivelato presunte umiliazioni e violenze psicologiche durante gli allenamenti alle atlete, sottoposte a pesanti pressioni per mantenere il pesoforma tali da indurre le ragazze, alcune allora ancora minorenni, a pensare al suicidio la Procura di Monza ha aperto un'inchiesta per maltrattamenti.

Le due ragazze avevano riferito il contesto in cui gli abusi si sarebbero verificati, la loro durata e i responsabili dei comportamenti, con particolare riferimento al sistema di rigide regole legate all'attività sportiva agonistica. A cascata sono arrivate altre interviste rilasciate da ex atlete di ginnastica artistica appartenenti ad altre squadre e vissute in contesti e situazioni differenti, in cui si denunciavano altri presunti abusi o, comunque, comportamenti ritenuti scorretti e sopra le righe: offese per il peso, allenamenti anche da infortunate. Alcune ragazze raccontavano di disturbi dell'alimentazione e tentativi di suicidio. Insomma, un quadro d’insieme non certo edificante, che cozzerebbe contro un ideale sportivo fatto di bellezza, spettacolo e sano agonismo.

Si tratta quindi di una vicenda complessa che non solo ha travolto l’Accademia di Desio, un’eccellenza nel campo a livello internazionale, ma ha suscitato anche un ampio e articolato dibattito sullo sport agonistico. Nel frattempo, lo scorso 12 gennaio, dopo il commissariamento dell’Accademia di Desio, si è arrivati alla decisione di ridimensionare il ruolo di Emanuela Maccarani, la storica allenatrice della Nazionale di Ginnastica Artistica messa sotto accusa dalle esternazioni delle ex atlete. Il ruolo di direttore tecnico è passato, ad interim, a Gherardo Tecchi, presidente del Consiglio Direttivo Federale. Maccarani, particolare non da poco, è l'allenatrice più titolata della storia della ritmica italiana con 8 ori mondiali, un argento olimpico ad Atene 2004, e due bronzi olimpici a Londra 2012 e Tokyo 2020. 

Gli allenamenti, intanto, proseguono, anche se il clima non è dei migliori. Le ragazze sono state invitate a non esporsi sui social e a non rilasciare dichiarazioni alla stampa. The Show must go on, potremmo dire, con alcune necessarie correzioni. Tuttavia la sostanza non cambia. Agonismo duro e lunghi orari di allenamento per dei fisici giovanissimi. Poi, lo stress, inevitabile, alla vigilia degli appuntamenti top del calendario. L’agonismo, insomma, non è per tutti. La dura legge dello sport. 

A tutto ciò - per le discipline che coinvolgono le giovanissime come ginnastica artistica e nuoto - si sommano le esigenze e le problematiche tipiche dell’età: la necessità di conciliare gli allenamenti con lo studio, a volte l’inquietudine affettiva, il bisogno di relazionarsi con gli altri. Dalle parole della dott.ssa Bounous emerge inoltre chiaramente quanto la realtà delle ragazze della ritmica sia un mondo abbastanza chiuso; tra di loro si instaurano relazioni forti, simili a quelle familiari. C’è un forte senso di condivisione e di appartenenza che può essere utile, ma che allo stesso tempo potrebbe limitarle nello loro sviluppo sul lungo periodo.

E la famiglia? Padri e madri con il compito di sostenere, aiutare i figli, specie in giovane e tenerissima età, pare siano estromessi dalla loro mission educativa; le atlete sono catapultate, giovanissime, in un mondo che chiede prestazioni, alti livelli di agonismo, obiettivi ambiziosissimi. Le farfalle sono chiamate a spiccare precocemente il volo, parrebbe, e il rischio che le loro ali si spezzino è molto alto.

Lo sport ad alto livello non è una questione che riguarda solo l’aspetto tecnico-sportivo, ma interessa anche una serie variegata di situazioni: si forma un ambiente, si generano delle aspettative e si creano delle dinamiche anche dopo aver smesso l’attività agonistica. Il fattore anagrafico ha poi un ruolo molto importante, talvolta decisivo. Mentre in altri sport – come il ciclismo – si inizia l’attività in modo graduale, partendo dal gioco; in altre discipline – invece - l’agonismo incalza già in giovanissima età. Ai giovani corridori si consiglia gradualità per non bruciare il proprio fisico in pochi anni, alle Farfalle si chiede già di volare.

Leggendo alcune testimonianze di ex atlete si scopre che, paradossalmente, le bambine siano più avvantaggiate: iniziano e continuano per gioco. L’impegno agonistico è ancora limitato. L'età dell'adolescenza è quella più difficile, aumentano gli allenamenti, gli amici bussano alla tua porta e li devi allontanare o limitare. Chi ha praticato anche solo un po' di sport agonistico lo sa. Dopo una certa età senti di più il sacrificio, la fatica raddoppia e ti chiedi se vale la pena continuare. In genere, rimangono i più forti, i più bravi e competitivi; è una selezione naturale che screma i migliori. E questo avviene anche in altre discipline come l'atletica e il nuoto.

C’è un’ultima, ma non secondaria riflessione: tanto impegno, tanta fatica e tanto sforzo per che cosa? Ne vale davvero la pena? C’è qualcosa di ragionevole in tutto questo? Basta la passione e il piacere di raggiungere la perfezione di un gesto per giustificare un impegno così pressante?