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FEDE E MUSICA

Le cantate per san Gennaro, un patrimonio enorme

Il 21 aprile di 1750 anni fa nasceva san Gennaro, vescovo e martire. Tanti musicisti, da Nicola Porpora a Domenico Cimarosa, hanno saputo mettere in musica il grande amore dei napoletani per il santo.

Cultura 21_04_2022

1750 anni fa, il 21 aprile 272, nasceva colui che è venerato di fatto come il principale patrono di Napoli, famoso nel mondo: san Gennaro, vescovo e martire. A Pozzuoli, appena ad ovest di Napoli, il 19 settembre 305, insieme ai diaconi Sosio, Festo e Procolo, al lettore Desiderio e ai laici Eutiche e Acuzio, «il Vescovo di Benevento, san Gennaro, fu decapitato sulla pietra che, irrorata dal suo sangue, tuttora è conservata quale vivo segno del suo martirio» (Giovanni Paolo II, Omelia, 12 novembre 1990).

Che cosa lega Napoli al suo glorioso patrono, sempre così vicino alla grande metropoli partenopea? «Innanzitutto le sue reliquie e soprattutto questo particolarissimo sangue, la cui liquefazione è un fenomeno che ancora sfugge all’attenzione e alla possibilità di spiegazione da parte della scienza, per i suoi comportamenti assolutamente anomali», ci risponde mons. Vincenzo De Gregorio, abate prelato della Cappella del Tesoro di San Gennaro e quindi custode del Sangue del Martire. «Questo legame si rinnova tre volte l’anno, in cui le antiche ampolle contenenti il sangue sono esposte ai fedeli: il sabato che precede la prima Domenica di maggio, quest’anno il 30 aprile, in ricordo della prima traslazione delle reliquie di S. Gennaro da Pozzuoli a Napoli; il 19 settembre, ricorrenza della decapitazione, e il 16 dicembre, “festa del patrocinio di s. Gennaro”. Quest’ultima - continua il sacerdote - è correlata alla disastrosa attività del vicino Vesuvio; è il ricordo di quel 16 dicembre 1631: la lava sta arrivando, la gente è disperata e la città, auspice la Deputazione della Cappella del Tesoro di San Gennaro [l’istituzione che dal 1527 promuove il culto del Martire e ne custodisce le reliquie e il Tesoro, n.d.r.] che interpreta il bisogno e il desiderio della popolazione, va in processione con la teca contenente il sangue e il busto con le ossa del cranio di S. Gennaro verso il Vesuvio e la lava si ferma».

In occasione della ricorrenza di maggio, uno dei quartieri dell’antica città, i cosiddetti Sedili, dove si portavano le sacre reliquie, chiamava un compositore tra i più stimati e «alla moda» a scrivere una cantata da eseguirsi durante quella grande e straordinaria festa «di popolo». Per meglio dire: «dal medioevo fino all’anno 1800, i Seggi o Sedili rappresentarono l’organamento [sic] della cittadinanza napoletana, la distinzione della nobiltà e del popolo, l’amministrazione municipale. Essi erano sei e rappresentavano la città tutta: cinque dei nobili (Nido, Capuana, Montagna, Portanova e Porto) e uno del popolo. Ognuno aveva un suo particolare edifizio, che chiamavasi appunto Sedile. Erano portici quadrilateri con cancelli di ferro e, ad uno dei lati, una sala chiusa per le riunioni, discussioni e deliberazioni. Nelle feste e processioni, particolarmente quelle di S. Gennaro e del Corpus Domini, [...] figuravano i rappresentanti dei Sedili; e gli edifici delle loro adunanze si adornavano di drappi e splendevano di luminarie. Nel ‘700 si soleva anche darvi piccole rappresentazioni musicali o Cantate. Cavaliere di Seggio, era la denominazione usuale del patriziato napoletano, che risonava accompagnata da ammirazione e reverenza. Dopo i casi del ‘99, nella restaurazione borbonica, i Sedili, e tutto l’ordinamento municipale, furono aboliti» (E. Faustini-Fasini, Opere teatrali, oratori e cantate di Giovanni Paisiello, Bari 1940, nota a p. 118).

Tra i musicisti che, dal Seicento all’Ottocento, hanno saputo trasfondere in musica il grande amore dei napoletani per S. Gennaro e che hanno lasciato un patrimonio musicale sterminato, troviamo i seguenti.

Il napoletano Nicola Porpora (1686-1768), uno dei maggiori docenti di canto del suo tempo, compone Colla stagion novella, Cantata in lode di S. Gennaro per cantarsi nel Sedile di Porta Nova per il primo Sabato di Maggio 1765.

Pasquale Cafaro (1715-1787), di nascita salentina e formazione napoletana, compone quattro cantate in onore di San Gennaro: nel 1769, 1770, 1775, 1781.

Il compositore napoletano Gennaro Manna (1715-1779), ritenuto da molti il miglior insegnante di quel tempo dopo Alessandro Scarlatti (1660-1725), autore della Cantata a più voci con violini e stromenti da fiato per celebrare la traslazione del sangue di S. Gennaro nel nobile sedile di S. Giuseppe a dì 25 magio 1776.

Il pugliese Giacomo Insanguine, detto Monopoli (1728-1793), prima organista poi maestro della cappella del Tesoro di S. Gennaro, compone la Cantata per la traslazione del sangue di s. Gennaro.

L’abruzzese Fedele Fenaroli (1730-1818), insegnante di composizione al conservatorio napoletano di S. Maria di Loreto, è autore della Cantata. Nel celebrarsi dall’eccellentissimo Sedile di Portanova la festa della traslazione del corpo di San Gennaro principal padrone della città e regno di Napoli nel primo sabato di maggio dell’anno 1777.

Giuseppe Valente, maestro di cappella napoletano, per il Sedile di Pendino nel 1778 compone, su libretto dell’abate D. Giovanni Fenizia, il dramma Il Vivo Testimonio della cristiana Religione.

Il 5 maggio 1787 si rappresenta la Cantata per la transalazione [sic] del sangue di San Gennaro «del Sig. Giovanni Paisiello, maestro di cappella, di camera e compositore delle loro maestà», per la circoscrizione cittadina del Nido (o Nilo).

Del 1788 è la cantata per soli, coro e orchestra del napoletano Gaetano Manna (1751-1804), nipote del più celebre zio Gennaro Manna, in occasione della Traslazione del Sangue del Glorioso San Gennaro.

Domenico Cimarosa compone, su libretto di Clemente Filomarino (1755-1799), Il Trionfo della Fede per la Solenne Traslazione del Sangue del glorioso Martire S. Gennaro da festeggiarsi nel Sedile di Porto Il primo Sabato di Maggio 1794 Componimento Drammatico.

È proprio vero quello che scriveva Alexandre Dumas padre nel 1841: «Tutti i re e tutti i governi passeranno, e in sostanza non rimarranno se non il popolo e san Gennaro» (A. Dumas, Il Corricolo, Colonnese Editore, Napoli 1999, p. 219). E dell’inclito martire e patrono di Napoli ci rimangono anche queste cantate.