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FLOP DELLE DAT

La strategia che i pro-vita devono imparare dai radicali

I dati presentati dall’Associazione Luca Coscioni certificano il fallimento delle Dat. Ma i radicali, anziché arrendersi, rilanciano: non si accontentano della legge sull’eutanasia che c’è già, ma ne chiedono una ancora più estrema, puntando a scardinare l’art. 580 Cp. Una strategia, da anni, vincente. E da cui i pro-life del “non tocchiamo la 194” dovrebbero imparare.

Editoriali 06_02_2023
Mina Welby e Marco Cappato

Flop delle Dat. Questa la sintesi, dal suono fumettistico-onomatopeico, dei dati presentati dall’Associazione Luca Coscioni in merito a quanti italiani hanno sottoscritto le Disposizioni anticipate di trattamento, documento disciplinato dalla Legge 219/17. Flop perché solo 185.500 italiani, dall’inizio del 2018 ad oggi, hanno redatto le proprie Dat, ossia solo 4 italiani su 1.000. Banale a dirsi, i radicali sono su tutte le furie perché, per loro, l’autonomia decisionale del singolo è da incensare solo quando coincide con i loro desiderata, che nel caso specifico significa eutanasia. Quando invece i cittadini liberamente scelgono di non sottoscrivere nessun contratto di morte, ecco che s’inalberano e sono pronti a bacchettare quelle mani che si sono rifiutate di firmare la propria condanna a morte.

Naturalmente strepitano perché questo strumento non è conosciuto abbastanza, perché, se lo fosse, riempiremmo felicemente molte fosse di altrettanti nostri connazionali. Poi, come spesso avviene, i radicali, laddove c’è una sconfitta, non si chiudono a riccio difendendo con i denti il terreno conquistato, ma fanno l’opposto, ossia colgono l’occasione per rilanciare: che il Parlamento approvi una legge sull’eutanasia perché, secondo le loro stime, se ci fosse tale legge ben il 4% degli italiani si toglierebbe la vita anzitempo. Ciò detto, i radicali sanno bene che una legge sull’eutanasia c’è già, è appunto la legge 219/17. Solo che loro vogliono ampliare le modalità eutanasiche non contemplate da quella norma, come ad esempio il suicidio assistito.

A margine: i politicanti sedicenti cattolici o sedicenti pro-life imparino da costoro. Cappato & Co. non argomentano così: c’è l’art. 580 del Codice penale che punisce il suicidio assistito; tale reato rimarrà per sempre ed è irrealistico pensare il contrario; ergo, per volere l’abrogazione di questo illecito, difendiamo il reato ed esclamiamo ad ogni piè sospinto “Il 580 non si tocca!”, anche perché se lo modificassimo ne potrebbe uscire una norma ancor più restrittiva. Bensì hanno costruito diversi casi giudiziari e, infine, grazie alla vicenda di Dj Fabo sono arrivati alla Consulta che ha dato loro ragione e che ha chiesto al Parlamento di legiferare in materia. Conclusione: prima o poi avremo una norma che legittimerà l’aiuto al suicidio. Imparino dunque dal nemico coloro i quali dicono “Non tocchiamo la 194!” e nello stesso tempo “Siamo contro l’aborto!”.

Torniamo al flop delle Dat. L’insuccesso, perlomeno attuale, di questo strumento di morte ha sicuramente varie cause. Forse le due principali sono le seguenti: una certa mentalità eutanasica non è ancora penetrata nel profondo della coscienza collettiva e, in specie, tra il personale sanitario; sicuramente, come indicato dai radicali, se il fronte pro-choice avesse fatto maggiore propaganda, oggi le Dat sarebbero state più conosciute.

La prima motivazione, però, ci pare abbia un peso specifico maggiore, come ha sottolineato Paolo Gulisano da queste stesse colonne. Seppur la cultura di morte sia ormai pervasiva, quando l’italiano medio si trova faccia a faccia con una patologia molto seria, in genere lotta con tutte le proprie fibre contro la morte. Le Dat poi sono state pensate più per i sani che per i moribondi. Ma i primi poco ragionano sul loro ultimo tratto di vita. Se da una parte, come accennato, la società è innervata da molti fenomeni necrofori - aborto, morti per fecondazione artificiale, droghe, decessi familiari chiamati divorzi - su altro fronte la morte è fenomeno ostracizzato, esorcizzato, escluso dalla prospettiva di molti. Si è coscienti che si morirà, ma di certo non domani. Dunque si comprende bene perché pochi prendano in mano carta e penna per pensare alla propria morte, per redigere una Dat. Il flop attuale è in perfetta sintonia con il flop registrato una dozzina di anni fa quando spuntarono i primi registri comunali dei testamenti biologici. Tanto i politici di estrazione levantina si sforzarono allora per creare questi registri, quanto i cittadini non ne vollero sapere.

Se questa analisi fosse corretta, andrebbe a comprovare che leggi come la n. 219/17, che ha legittimato l’eutanasia in modo ancor più estensivo, sono calate dall’alto e non rispondono a nessuna esigenza della base. Sono imposte, non volute. Altro caso è la Legge Cirinnà sulle unioni civili, snobbate proprio dai gay a cui era rivolta. Queste sono leggi che rappresentano uno strumento per diffondere una certa cultura rivoluzionaria, leggi volute da oligopoli tecnocratici per orientare la coscienza collettiva, la quale, se rimane impermeabile ai suoi contenuti, deve essere stimolata opportunamente, come suggerito da Marco Cappato, affinché ogni pecorella smarrita finisca nel recinto del politicamente corretto o, come in questo, caso nella fossa del cimitero.