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PROFILI

La storia di padre Martina

Fu il biografo di Papa Pio X. Un grande storico, ma sottovalutò la malizia
e la profondità delle ideologie.

Cultura 11_02_2012
Giacomo Martina, s.j. (1924-2012)
È morto nei giorni scorsi uno dei maggiori storici della Chiesa, il padre gesuita Giacomo Martina. Era nato a Tripoli nel 1924, era entrato nella Compagnia a quindici anni e durante il lungo iter di studi per arrivare all’ordinazione sacerdotale e alla professione religiosa aveva potuto sperimentare la fecondità della ratio studiorum che presiede agli studi dei futuri gesuiti, un metodo che gli permise di scrivere opere importanti, come quelle che gli sopravviveranno per la loro oggettiva importanza scientifica, come anzitutto la biografia del beato Pio IX, scritta in tre volumi per oltre duemila pagine e pubblicata fra il 1974 e il 1990 dalla Gregoriana, la casa editrice dell’Università pontificia dove ha insegnato Storia della Chiesa dal 1964 (Pio IX, 1846-1878, 3 voll. pubblicati nella collana Miscellanea historiae pontificiae).

Una biografia fondamentale per studiare il beato e il ruolo del suo pontificato nella storia italiana e della Chiesa in generale, scritta con grande rigore scientifico ma anche piacevole alla lettura, due cose che padre Martina sapeva tenere insieme, prerogativa non comune fra gli studiosi. Nonostante lo studio approfondito, forse una delle fonti più importanti per approfondire la figura di Pio IX, padre Martina non era favorevole alla beatificazione del Papa, probabilmente perché vedeva in lui il Pontefice che si oppose al processo storico risorgimentale contrapponendo di fatto la Chiesa alle istituzioni statali che sarebbero sorte nella seconda metà dell’Ottocento, in Italia ma non soltanto. Padre Martina aveva infatti un’impostazione culturale che un po’ genericamente si potrebbe definire progressista, sempre preoccupata che la Chiesa rimanesse estranea ai mutamenti in atto nella società e quindi incontrasse difficoltà nel rivolgersi agli uomini del suo tempo. In questo senso, è noto il suo disappunto per un’altra beatificazione, quella del beato Carlo d’Austria (1887-1922), l’ultimo imperatore Asburgo, avvenuta nel 2004 per iniziativa di Papa Giovanni Paolo II.

Probabilmente era un’impostazione che sottovalutava la malizia e la profondità delle ideologie che sfidarono la Chiesa, e continuano a sfidarla anche se con frequenti mutamenti di strategia, e quindi della necessità che la Chiesa assuma, in alcune circostanze storiche come per esempio di fronte al Risorgimento, una posizione netta e precisa, anche sul piano politico, per cercare di fermare un processo non soltanto estraneo ma anche avverso alla prospettiva cristiana.

I suoi libri hanno comunque il merito di costringere il lettore a porsi queste importanti domande e così comprendere la drammaticità della storia, proprio come insegna sant’Ignazio in particolare attraverso la meditazione dei due stendardi degli Esercizi spirituali. Libri che meritano comunque di essere letti anche se non se ne condivide l’impostazione, come il manuale di storia della Chiesa in 4 volumi più volte ristampato (La Chiesa nell’età dell’assolutismo, del liberalismo, del totalitarismo. Da Lutero ai nostri giorni, Morcelliana, 2005) o come La Chiesa in Italia negli ultimi trent’anni (Studium, 1977). L’ultima delle sue opere (397 sono i lavori scientifici censiti da Simona Negruzzo, una docente dell’Università Cattolica) riguarda la storia della Compagnia di Gesù in Italia dalla restaurazione dell’ordine, nel 1814, al 1983 (Morcelliana, 2003).