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TRATTATO DEL QUIRINALE

Italia-Francia, che ne sarà della sovranità nazionale?

Firmato da Draghi e Macron, alla presenza di Mattarella, il “Trattato per una cooperazione bilaterale rafforzata”. Frutto della volontà del Pd e delle pressioni d’oltralpe, consta di 12 punti. Andrà giudicato sulla sua attuazione, ma è chiaro che su tutti i temi dell’accordo Parigi vanta una maggiore influenza di Roma.

Attualità 27_11_2021
Draghi e Macron_Trattato del Quirinale

Con la firma ufficiale di Mario Draghi ed Emmanuel Macron tenutasi ieri al Quirinale, alla presenza del presidente Sergio Mattarella, ha preso vita il “Trattato per una cooperazione bilaterale rafforzata” tra Italia e Francia, meglio noto come “Trattato del Quirinale”. Voluto nel 2017 dal governo guidato da Paolo Gentiloni e poi congelato dal governo gialloverde nel 2018-19, il trattato che stringe i legami tra Roma e Parigi è stato messo a punto negli ultimi due anni senza troppi clamori al punto che i suoi contenuti non sono nemmeno dibattuti dal Parlamento e dalle forze politiche che saranno chiamate di fatto a una semplice ratifica parlamentare.

Il Trattato, in 12 punti (qui la versione integrale), è senza dubbio il frutto della volontà del Pd (di certo il partito italiano più filo-francese) e delle pressioni di Parigi per stipulare una stringente intesa bilaterale che si aggiunge a quelle già concluse in passato dalla Francia con Regno Unito e Germania. La firma era stata sollecitata da più parti dopo l’affermarsi del governo Draghi, la cui ampia maggioranza in un contesto di ridotto confronto tra le forze politiche offriva le migliori condizioni per una sua approvazione senza troppi ostacoli politici.

I punti sono piuttosto generici e il trattato è stato firmato dalle due Repubbliche con la “volontà d’intensificare i legami esistenti tra i due paesi e le intense cooperazioni bilaterali che si sono sviluppate nel corso della storia, in particolare - si legge nel documento - in ambito politico, economico, sociale, educativo, scientifico e culturale e nei settori strategici per il futuro dell’Unione Europea; nella convinzione che la stabilità e la prosperità a lungo termine del Mediterraneo restino una priorità fondamentale per entrambi i Paesi, e determinate ad agire insieme per la sicurezza, per la promozione dei beni comuni tra le due rive di questo mare e per ripristinare il suo buono stato ecologico”.

Il primo articolo riguarda la politica estera e istituisce “meccanismi stabili di consultazioni rafforzate, a livello sia politico che di alti funzionari, in particolare in caso di crisi e alla vigilia di importanti scadenze. In questo quadro, esse organizzano consultazioni regolari, in particolare a livello dei Segretari Generali, dei Direttori Politici e dei Direttori responsabili per l’Unione Europea e per gli affari globali o per aree geografiche dei rispettivi Ministeri degli Affari Esteri sui temi di comune interesse. Le Parti promuovono forme di cooperazione strutturata anche tra le rispettive missioni diplomatiche in Paesi terzi e presso le principali organizzazioni internazionali”.

Le parti si impegnano a “promuovere le cooperazioni e gli scambi sia tra le proprie forze armate, sia sui materiali di difesa e sulle attrezzature, e a sviluppare sinergie ambiziose sul piano delle capacità e su quello operativo ogni qual volta i loro interessi strategici coincidano” e, in ambito comunitario, “a rafforzare le istituzioni e a difendere i valori fondanti del progetto europeo e lo Stato di diritto”, promuovendo “una transizione dell’Unione Europea verso un modello di sviluppo resiliente, inclusivo e sostenibile, nel quadro di un’economia aperta e dinamica, sfruttando appieno il potenziale di un Mercato unico generatore di resilienza”.

Previsto il rafforzamento della cooperazione, bilaterale ed europea, “nella prevenzione e nella lotta contro le minacce criminali transnazionali gravi ed emergenti, in particolare la lotta contro la criminalità organizzata e il terrorismo, valutando una partecipazione congiunta agli strumenti europei. Esse intensificano la cooperazione transfrontaliera tra le loro forze dell’ordine”.

Sul piano economico viene previsto un incoraggiamento “degli scambi tra i rispettivi attori economici, garantendo la promozione di una crescita equa, sostenibile e inclusiva”, impegnandosi “a facilitare gli investimenti reciproci e avviando, in un contesto di bilanciamento dei rispettivi interessi, progetti congiunti per lo sviluppo di startup, piccole e medie imprese (PMI) o grandi imprese dei due Paesi, favorendo le relazioni reciproche e la definizione di strategie comuni sui mercati internazionali, nel quadro di un’Europa sociale”.

Con il trattato Italia e Francia hanno siglato anche un accordo sullo Spazio che prevede cooperazione “nella costruzione dell’Europa dello spazio, che costituisce una dimensione chiave dell’autonomia strategica europea e dello sviluppo economico dell’Europa. Esse favoriscono il coordinamento e l’armonizzazione delle loro strategie ed attività nel campo dell’esplorazione e dell’utilizzo dello spazio extra-atmosferico a fini pacifici e dell’accesso autonomo allo spazio da parte dell’Europa”.

Per Mario Draghi “la nostra sovranità, intesa come la nostra capacità di indirizzare il futuro, può rafforzarsi solo attraverso una gestione condivisa delle sfide comuni. Oltre a consolidare le nostre relazioni bilaterali, l’accordo vuole infatti favorire e accelerare il processo di integrazione europea. Penso al rilancio degli investimenti, soprattutto in ambiti strategici e innovativi come i semiconduttori; alla transizione digitale ed energetica; alla costruzione di una vera difesa europea. Dobbiamo dotare l’Unione Europea di strumenti che siano compatibili con le nostre ambizioni e con le aspettative dei nostri cittadini”.

Al netto del linguaggio istituzionale e delle dichiarazioni d’intenti, il trattato italo-francese dovrà essere giudicato in base a come verrà attuato, tenuto conto che su tutti i temi oggetto dell’accordo Parigi può vantare una leadership indiscussa o in ogni caso un maggior peso politico, economico, finanziario, industriale e militare rispetto a Roma. La cooperazione nel settore Difesa è già in atto da tempo in termini industriali e di partecipazione a missioni comuni (specie in Africa e a comando francese), però non si può dimenticare che la Francia è sempre stata ben lieta di acquisire aziende italiane ma non è mai stata disposta a cedere a società italiane il controllo delle proprie come ha dimostrato la lunga quanto scabrosa vicenda dei cantieri navali STX, con il fallito acquisto da parte di Fincantieri.

Il trattato prevede che “le Parti s’impegnano a facilitare il transito e lo stazionamento delle forze armate dell’altra Parte sul proprio territorio”, ma a questo proposito è facile comprendere come l’Italia abbia ben poche ragioni per schierare proprie truppe o utilizzare basi in Francia mentre Parigi avrà molte ottime ragioni, considerato il suo ruolo nel Mediterraneo, a schierare reparti presso basi italiane. Occorre inoltre chiedersi se gli obiettivi perseguiti da tali schieramenti militari risponderanno anche agli interessi di Roma, tenuto conto che sono stati spesso in antitesi con quelli di Parigi, a partire dalla Libia. Meglio non dimenticare infatti che Francia e Italia sono tradizionalmente rivali nel Mediterraneo e in Africa.

Un chiaro indizio di quali indirizzi prenderà il trattato bilaterale in ambito Difesa lo avremo presto quando verrà definito il destino di WASS e Oto Melara, rami d’attività che Leonardo intende dismettere e che l’azienda franco-tedesca KNDS vorrebbe acquisire ponendosi in concorrenza con Fincantieri. Queste valutazioni valgono inoltre per tutte le grandi aziende pubbliche italiane su cui da tempo i francesi hanno messo gli occhi: del resto Parigi è già il primo investitore straniero in Italia mentre Roma è l’ottavo investitore in Francia.

Sul piano politico la differenza tra una Francia sovrana guidata da governi che hanno sempre ben difeso gli interessi nazionali e un’Italia instabile, in cui le forze politiche sono sempre più deboli o allineate ai poteri forti (specie quelli finanziari), non promette nulla di buono e rafforza l’ipotesi che l’Italia esca da questo accordo sempre più come Paese vassallo e sempre meno protagonista in Europa. Infine, il richiamo alla fantomatica “integrazione europea” lascia il tempo che trova in una Ue sempre più incapace di esprimere una vera politica estera e persino di difendere i propri confini. Un contesto ideale per rafforzare le egemonie delle maggiori potenze continentali, Francia e Germania, per le quali il nostro Paese resta un partner debole da attrarre nella propria area d’influenza.

Per tutte queste ragioni il reale valore del trattato lo misureremo dalla sovranità che sapranno esprimere le iniziative di Roma.